Abitare dopo il Covid

UCTAT Newsletter n.65 – marzo 2024

di Fabrizio Schiaffonati

Con il Covid sembrava che i nostri comportamenti dovessero radicalmente cambiare. Sull’orlo dell’abisso sono spuntate proposte e idee in risposta a molte criticità, in particolare delle aree urbane dove, la densità edilizia, la carenza di spazi verdi, la qualità dell’aria, apparivano tra le maggiori criticità della crisi pandemica. Problemi della città da tempo noti, senza adeguate riforme e significativi miglioramenti. Un tema sociopolitico in cui il disastro ambientale finiva per apparire più una narrazione che una convinzione.

Sono stati quindi avanzati progetti per una diversa concezione della città: nuclei urbani dei quindici minuti, comunità immerse nel verde, abitazioni arieggiate e illuminate naturalmente, impiego di tecnologie e nuovi materiali per la salubrità e igienicità dell’abitazione e dei servizi. Da diverse discipline sono emerse indicazioni e conoscenze disattese, smentendo le convinzioni che la salute fosse sotto controllo per l’evoluzione del sistema sanitario.

Gli architetti in questo fiorire di virtuose soluzioni sono stati in prima linea. Perché senza alcun dubbio la qualità degli spazi confinati si imponeva tra i fattori primari della salute, come anche l’ambiente esterno appariva fondamentale per ritrovare un equilibrio ecologico da tempo compromesso.

Ma, scongiurato il pericolo immediato, dopo un’angosciosa apprensione, tutto sembra essere ritornato nei ranghi. Prima tutti rinchiusi, di nuovo tutti in libera uscita con gli stessi comportamenti che si credeva ci saremmo lasciati alle spalle.

Il tema della qualità degli spazi e rimasto a ricordarci che se non ci si muove in questa direzione le criticità già vissute sono destinate a riproporsi. Soluzioni a problemi certamente non semplici, che mettono in gioco questioni di equilibri politici e sociali.

Ad architetti e urbanisti compete quindi un compito primario, perché chiamati a progettare la città. Non i soli ma con altri attori e discipline, e con il compito di proporre una sintesi. Almeno così dovrebbe essere, in questa prospettiva che storicamente motiva l’esistenza di queste due discipline gemelle.

La preoccupazione è che invece questa consapevolezza non sia così diffusa nel mondo professionale, nell’università, negli organismi pubblici preposti al governo del territorio e dell’edilizia.

Tra le tante questioni sottese a questo ragionamento, quella dell’abitazione è tra le più importanti perché si confronta con un bisogno primario oggi in difficoltà ad essere soddisfatto. Il diradarsi fino all’annullarsi dell’offerta pubblica, il degrado dell’edilizia popolare a fronte di una nuova domanda, l’aumento dei costi della casa, la crescita della povertà con stati sociali di diversa provenienza, richiederebbero nuove soluzioni, pragmatiche e sperimentali. Per altro nel recente passato sono stati raggiunti importanti risultati.

Un ampio elenco di temi che andrebbero approfonditi: formazione del costo casa, funzionalità delle abitazioni, forme aggregative degli alloggi, spazi di vicinato e di prossimità, attrezzamento degli ambienti, idoneità dei materiali e degli elementi costruttivi, sicurezza igiene salubrità dello spazio domestico, tipologie per nuove forme di convivenza. Sono aspetti che richiederebbero una riflessione e ricerche con progetti orientati anche da un tempestivo rinnovamento delle normative edilizie e urbanistiche. Una regolamentazione sempre più urgente da rivedere: gli strumenti urbanistici alla scala del Piano del Governo del Territorio e della Pianificazione attuativa come il Regolamento Edilizio e di Igiene. Anche con appositi Decreti Ministeriali per nuovi standard dimensionali, sia urbanistici che edilizi. Come per altro nella seconda metà del secolo scorso è stato fatto.

L’emergenza di oggi, sempre che non si faccia finta di nulla, è altrettanto se non più grave.

Corso Italia, Milano. Architetto Luigi Moretti.
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