Abitazioni

UCTAT Newsletter n.83 – NOVEMBRE 2025

di Stefano Topuntoli

Di seguito troverete una piccola selezione di “abitazioni” di Milano e hinterland collezionate dall’88 in poi durante i miei voli. La vista aerea le accomuna tutte in un unico approccio visivo che ci permette facilmente di stabilire differenze, assonanze e peculiarità soprattutto riguardo agli azzonamenti e ai planivolumetrici adottati. Mi rivolgo ad una platea di esperti che riconoscerà a prima vista i soggetti rappresentati e che non avrà difficoltà a stabilire la classe di appartenenza di ogni insediamento, la classe di cui parlo è l’unica classe esistente cioè quella economica, più precisamente il censo a cui appartengono tutte quelle architetture che procedendo verso il basso non meritano più questo appellativo, degradate a semplice edilizia. Progettare politiche e piani regolatori destinati all’edilizia economica e  popolare significa accettare intimamente che ci siano differenze di classe che non dovranno, ho detto dovranno non potranno, mai essere superate, un problema fondamentale del “Capitale” è quello di tenere a bada il ceto subalterno con operazioni paternalistiche che celano accurati studi scientifici di existenzminimum, la stessa locuzione “edilizia economica e popolare” tradisce gli intenti perché non sostituirla con “architettura economica e popolare”. Dalla Velasca alle case minime di Vialba, dalla Villa Reale a Bollate IACP, da Moretti in corso Italia al quartiere Mangiagalli, dalla Meridiana a Ponte Lambro tutte queste abitazioni sono la dimora dei diversi strati sociali catalogati per reddito e disponibilità patrimoniale, ecco rappresentata plasticamente la lotta fra le classi. Progettare ancora nuovi quartieri di “social housing”, così le chiamano adesso le case popolari, non servirà a ridurre gli scompensi generati da esagerate differenze di reddito. Soluzioni? Sì,una, abolire la prima classe nei treni viaggiatori, da Milano a Roma un’unica classe e applicare questo principio all’intera comunità umana, lo so cosa state pensando, ma che cazzo sta dicendo il Topuntoli, l’utopia è bella proprio perché ci permette di immaginare cose inimmaginabili.

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