Architettura e urbanistica nel pensiero di Marco Romano

UCTAT Newsletter n.74 – gennaio 2025

di Fabrizio Schiaffonati

Viviamo una fase di incertezze e grandi cambiamenti. Come sempre. Ma certamente oggi le innovazioni tecnologiche determinano trasformazioni senza precedenti. L’habitat muta tra nuove forme di dominio e catastrofi naturali. I processi di urbanizzazione assumono dimensioni planetarie e la città è quindi al centro della convivenza, alla ricerca di nuovi equilibri crisi e asseti funzionali. Tra richiami alla tradizione e cambiamenti radicali si gioca l’identità dei luoghi della comunità.

Marco Romano ci lascia una importante eredità. Ha esplorato, come pochi, il significato della città occidentale e dell’urbanistica eurocentrica, non solo nella sua concezione estetica ma come modello relazionale, delle sue parti, delle funzioni, della configurazione e dimensione dei luoghi, per sottolinearne le sostanziali differenze rispetto alla città d’altre culture. Un approccio fenomenologico a innumerevoli casi, “Le belle città. Cinquanta ritratti come opere d’arte”, per rintracciare i caratteri ricorrenti che ritroviamo indipendentemente dalla dimensione, dall’assetto politico, amministrativo e ambientale.

Un punto di vista critico verso ogni pianificazione senza lo spirito della civitas a base della democrazia, come pure ai processi di destrutturazione di un disegno urbano per insipienza dei canoni disciplinare della costruzione dello spazio sociale dell’urbs. Un urbanista con la profonda conoscenza dei meccanismi istituzionali – per la militanza e il suo ruolo nell’Istituto Nazionale di Urbanistica – che presiedono al governo della città, con un approccio teorico, analitico e documentale, ha costituito un riferimento per contrastare la deriva di una inadeguata qualità estetica e funzionale della città.

Marco Romano ha rimarcato che la città occidentale si costituisce nello spazio pubblico, della piazza, del viale, del sagrato, del parco, col duomo, la basilica, il broletto, il municipio, i monumenti e le grandi funzioni urbane, come sistema arterioso di una minuta articolazione su cui affaccino gli edifici nella loro variabile dimensione, forma, immagine e consistenza materica. Una complessità nel contempo estetica e funzionale, espressione della libertà e della democrazia che trovano nella città la più alta espressione.

Il pensiero sull’architettura di Marco Romano deriva da tale approccio complessivo e scalare, in grado di connettere il Piano urbanistico alle molteplici configurazioni delle costruzioni, coi diversi soggettivi linguaggi dei manufatti con cui si trasforma e sviluppa la città. “Liberi di costruire” in opposizione a coercizioni dell’ambito privato e domestico che non leda diritti d’altri, secondo i canoni estetici e i modi di vita che evolvono. Un doppio registro dove la libertà individuale si coniuga con la dimensione pubblica e collettiva.

Una concezione quanto mai attuale, per il diminuito ruolo di indirizzo e governo dell’urbanistica nel promuovere uno equilibrato sviluppo. Una razionalità spesso assente per la subalternità della politica a interessi economici e non generali, quando il Piano in assenza di norme attuative non definisce assetti spaziali condivisi. Diversamente un enfatico sistema di norme e disposizioni burocratiche per regolare i più minuti e dettagliati aspetti del progetto architettonico. Da un lato quindi una disinvolta deregolazione delle norme urbanistiche con effetti negativi sullo spazio pubblico e dall’altro una puntigliosa interferenza sullo spazio privato. In questa chiave critica e propositiva sta la lezione di Marco Romano.

Corso Lodi, Milano.
Torna all’Indice della Newsletter