Arrigo Arrighetti Architetto

UCTAT Newsletter n.64 – FEBBRAIO 2024

di Fabrizio Schiaffonati

Nella Scuola di Architettura del Politecnico di Milano è aperta fino al 25 marzo 2024 la Mostra sull’architetto Arrigo Architetto, a cura di Adriana Granato e Marco Biraghi.

Arrighetti è stata una figura rilevante dalla Ricostruzione agli anni Settanta. Un trentennio in cui ha operato prima come Direttore dell’Ufficio Tecnico e poi dell’Ufficio Urbanistico del Comune di Milano; progettando oltre 150 opere tra scuole, impianti sportivi, uffici pubblici, mercati e edilizia popolare, seguendo anche l’attuazione del Piano Regolatore del 1953 e la successiva revisione. Una produzione imponente la sua che ha lasciato una visibile testimonianza del significato delle opere pubbliche nella costruzione della città.

La figura di Arrighetti è nota a più generazioni di professionisti che hanno avuto modo di apprezzarlo nella gestione dell’edilizia e dell’urbanistica milanese. Importante riportarla all’attenzione di chi non ha vissuto quel periodo, non solo per il valore delle sue opere ma anche come testimonianza civica per la qualità dell’architettura e dello spazio pubblico. Nel suo lavoro questa duplice valenza è esplicita, nel rigore formale e nell’inserimento nel contesto, sia di un circoscritto intorno che di più ampio respiro. Esemplare il Quartiere Sant’Ambrogio.

La Mostra di Granato e Biraghi, da un così vasto repertorio concenta l’attenzione su 11 interventi, certamente tra i più importanti ed emblematici dell’eclettismo di Arrighetti, in grado di esprimersi a diverse scale e tipologie funzionali. Una impostazione quindi non antologica, ma un approfondimento che indaga la multiscalarità dei suoi progetti. Metodo tanto più significativo oggi, per la diffusa tendenza a evidenziare prevalentemente gli aspetti formali dell’architettura.

Rigoroso l’allestimento dello studio Ibsen, con fotografie di Sosthen Hennekan a corollario delle tavole esposte. Copie eliografiche, anche con notazioni a margine, come strumento di lavoro in progress, senza alcun compiacimento estetizzante, con schizzi e sintetiche prospettive. Documenti con l’usura del tempo che testimoniano anche la diversità di oggi nei tempi e nei modi della produzione del progetto. Nella scelta delle tavole esposte è esplicito l’approccio filologico dei curatori, a partire da documenti da analizzare e approfondire.  

Nel lavoro di Arrighetti si evidenzia inoltre una particolare attenzione alla tecnologia, con appropriate soluzioni e materiali innovativi, per una fattibilità a partire dalla conoscenza del processo produttivo; dove la tecnologica è coerente alla sintesi espressiva. Tra l’altro, Arrighetti è stato assistente di Mario Cavallè, docente di Tecnica delle Costruzioni e Tecnologia dei Materiali, tra i più importanti strutturisti di allora. Cavallè insegnava il calcolo delle strutture a partire da un approccio intuitivo e con la loro integrazione con la concezione dell’architettura. Questo insegnamento nell’Arrighetti è esplicito.

La Mostra rappresenta uno sviluppo delle ricerche da tempo intraprese da Granato e Biraghi, con un rigoroso approccio e anche l’attenzione a figure che non hanno avuto il proscenio ma hanno contribuito alla rilevanza dell’architettura di Milano nel contesto italiano e internazionale. Una realtà dove progettisti e imprenditori si riconoscevano in un patto sociale, non scritto, che trovava riscontro nel riformismo dell’Amministrazione comunale.

Di questo contesto Arrigo Arrighetti è stato certamente un protagonista.

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