UCTAT Newsletter n.83 – NOVEMBRE 2025
di Roberto Bolici
A seguito di una sollecitazione del Prof. Fabrizio Schiaffonati, che invitava amici e collaboratori a riflettere e scrivere sul problema dell’abitazione, nei giorni successivi mi sono imbattuto in un editoriale di un giornale specializzato nel real estate italiano. L’articolo sottolineava come, in passato, la collaborazione tra banche e operatori immobiliari fosse relativamente semplice e consolidata. Oggi, invece, con istituti bancari più selettivi, emerge la necessità di coinvolgere un terzo soggetto, gli Alternative lender. Organizzazioni e piattaforme che offrono finanziamenti alternativi rispetto alle banche tradizionali, spesso grazie all’uso di tecnologie digitali, e includono società di crowdfunding, portali di prestito peer-to-peer, società di factoring e credito commerciale, oltre a business angel e venture capital.
Tradotto, complessità su complessità…
Successivamente, osservando più in generale il contesto urbano europeo contemporaneo, la questione abitativa si rivelava ancora più complessa. Infatti, l’accesso a un’abitazione adeguata risulta sempre più difficile. Costi elevati, scarsità di alloggi a prezzi sostenibili, speculazione immobiliare e prevalenza di logiche finanziarie e immobiliari generatrici di dispersione sociale, precarietà, isolamento e tensioni urbane.
Di fronte a queste molteplici complessità, mi sono chiesto quale visione potessi proporre. La mia risposta, volutamente provocatoria e semplificata, si riassume nello slogan «Casa gratis per tutti!». Non si tratta di un’utopia irrealizzabile, ma di un invito a considerare la casa non come una semplice merce, bensì come un diritto fondamentale, un’infrastruttura sociale imprescindibile per la coesione, la partecipazione e il benessere delle comunità urbane.
Trattasi di una provocazione per ripensare il diritto all’abitare come «infrastruttura di felicità pubblica». Non vuole suggerire una banalizzazione del problema abitativo, né una soluzione economicamente irrealistica. Intende invece affermare che l’abitare non può essere trattato come una qualsiasi merce. È precondizione del vivere, fondamento della dignità, e di conseguenza leva essenziale per la coesione sociale.
Come già anticipato, nelle città europee contemporanee, e in modo particolare nei contesti più fragili, l’accesso a un’abitazione adeguata è sempre più complesso. I costi elevati, la scarsità di alloggi a prezzi sostenibili, la speculazione immobiliare e la prevalenza di logiche immobiliari e finanziarie generano dispersione sociale, precarietà, isolamento e conflitti urbani. Al contempo, migliaia di edifici restano inutilizzati, dimostrando l’inadeguatezza dei modelli di gestione dello spazio costruito. Questo crea un vero e proprio paradosso, mentre l’abitare diventa un privilegio, la città si svuota di vita reale laddove la funzione residenziale perde centralità.
Numerosi studi evidenziano come l’assenza di una casa stabile incida negativamente sulla salute fisica e mentale, sull’accesso al lavoro e all’istruzione, nonché sulla sicurezza personale. Al contrario, investire in politiche abitative inclusive produce benefici diffusi. In particolare, riduzione della marginalità, miglioramento della qualità urbana, attivazione di reti di solidarietà. A sostegno di questa visione intervengono i modelli di Housing First, un approccio innovativo alle politiche abitative e sociali nato negli Stati Uniti negli anni ’90 e oggi adottato in molti paesi europei. Il principio alla base di questo modello è semplice ma rivoluzionario, «Prima si garantisce una casa stabile e dignitosa, poi si attivano i percorsi di supporto. Non il contrario». Questi modelli dimostrano ad esempio, che garantire una casa stabile non è un traguardo assistenziale ma la condizione iniziale per la costruzione di autonomia. L’abitare viene riconosciuto come diritto generativo, capace di attivare processi inclusivi, ridurre le vulnerabilità e produrre welfare urbano efficace. Su questo tema suggerisco la lettura di «Housing First. Una storia che cambia le storie», in edizione originale «Housing First. Ending Homelessness, Transforming Systems, and Changing Lives», edito da Franco Angeli nel 2018, che ripercorre per la prima volta l’intero percorso dell’Housing First (HF).
Riconoscere la casa come diritto, e non come risultato di capacità economica, significa ripensare le politiche urbane in chiave strutturale. Non si tratta davvero di rendere «gratis» l’abitazione, ma di garantire che nessuno debba rinunciarvi o comprometterne altri bisogni fondamentali per poterla sostenere. Questo implica strategie pubbliche e miste, tra cui ad esempio la rigenerazione del patrimonio esistente, il riuso degli edifici dismessi, la promozione di housing sociale e cooperativo, oltre a modelli di coabitazione intergenerazionale e servizi di prossimità. Una casa accessibile genera cittadinanza attiva e riduce la percezione di insicurezza, spesso legata alla vulnerabilità abitativa.
La sfida è considerare l’abitare non come semplice consumo di spazio, ma come componente del welfare urbano. Laddove la residenza è concepita come bene comune, la città aumenta la sua capacità di essere inclusiva, sostenibile e giusta. Non si tratta di costruire esclusivamente nuovi volumi, ma di ripensare ad esempio quelli esistenti, riconoscendo che nessuna rigenerazione urbana può dirsi completa se non restituisce spazi abitabili e accessibili.
La provocazione iniziale acquista così un valore politico e culturale. Se «Casa gratis per tutti!» appare utopica nel linguaggio del mercato, è pienamente legittima nel linguaggio dei diritti. Non si chiede che la casa sia gratuita, ma che il suo costo resti compatibile con un’esistenza dignitosa. La mancanza di una casa non ostacola solo la vita quotidiana, ma anche la partecipazione civica e la capacità di costruire una prospettiva.
Per questo, l’abitare deve tornare al centro del progetto collettivo. Assicurare la casa significa garantire stabilità, promuovere felicità pubblica e dare forma a una comunità consapevole e solidale.
In quest’ottica, l’Unione Europea stessa riconosce, oggi, l’abitazione come priorità sociale, tant’è che negli ultimi mesi ha iniziato a collocare con chiarezza il tema dell’abitare al centro dell’agenda politica comune. Nel 2025, infatti, il Parlamento europeo, tramite la Commissione speciale sulla crisi degli alloggi nell’Unione europea, nota come HOUS – Housing Crisis Special Committee, ha avviato un processo di definizione di un piano comunitario per l’edilizia accessibile, il cosiddetto European Affordable Housing Plan (Piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili), che dovrebbe concludersi con la sua relazione definitiva prevista per il prossimo 16 dicembre.
Parallelamente, la Commissione Europea ha dato il via a un ampio dialogo pubblico, Affordable Housing Dialogue, che, tra maggio e ottobre 2025, ha raccolto contributi da cittadini, enti locali, associazioni, imprese e istituzioni, con l’obiettivo di orientare le politiche future sull’abitare. Un comitato di esperti indipendenti, l’Housing Advisory Board, è stato poi nominato per elaborare raccomandazioni operative.
Inoltre, l’UE riconosce che la crisi abitativa, fatta di prezzi elevati, scarsità di alloggi accessibili e vulnerabilità, non può essere affrontata come un’emergenza locale isolata, ma richiede una risposta coordinata e strutturale a livello europeo. Tra le misure allo studio vi sono un potenziamento degli investimenti per l’edilizia sociale, un uso strategico dei fondi comunitari, anche tramite la partecipazione della Banca Europea per gli Investimenti – BEI, e una revisione delle norme sugli aiuti di Stato per rendere più agevole l’intervento pubblico-privato nel settore abitativo.
Insomma, la casa viene, finalmente, riconosciuta non semplicemente come una merce o un bene privato, ma come un bisogno fondamentale e un diritto per tutti. L’approccio europeo tende a considerare l’abitare come parte della coesione sociale, della sostenibilità urbana, e del welfare collettivo.
In questo quadro il ruolo degli enti locali e regionali nel garantire l’accesso ad alloggi sostenibili e a prezzi accessibili, sarà cruciale, poiché sono loro stessi responsabili della pianificazione urbana, dell’uso del suolo, delle normative edilizie e dei servizi pubblici essenziali.
Insomma, la «Casa gratis per tutti!» potrebbe non essere un’utopia, ma una direzione politica reale, di cui le politiche nazionali dovrebbero farsi carico.

