UCTAT Newsletter n.66 – aprile 2024
di Laura Daglio
Le sfide della contemporaneità richiedono l’adozione di un pensiero strategico per affrontarne la complessità, per reinterpretare l’esistente con un approccio sistemico, instaurando una trama di relazioni inattese e trasformando in risorsa ciò che appare ormai privo di valore; consapevoli, tuttavia, della propria “debolezza”, di non essere in grado di prospettare proposte assolutamente risolutive ma di poter contribuire almeno parzialmente a rispondere ad alcuni bisogni.
In questo senso l’ipotesi di nuova messa a sistema è quella di far incontrare, da un lato, una crescente domanda di alloggi in locazione accessibili a famiglie con redditi troppo bassi per rivolgersi al mercato libero, ma troppo alti per rientrare nei parametri dell’edilizia popolare, in aumento anche in funzione di una maggiore mobilità lavorativa. Dall’altro, un’ampia proprietà edilizia privata diffusa oggi immobilizzata e sottoutilizzata, perché sono alloggi di grandi dimensioni o perché, in contesti caratterizzati da un forte dinamismo immobiliare, non è stata messa a reddito tramite affitti temporanei (come Airbnb) per scarse capacità imprenditoriali (ad es. anziani) o mancato accordo dei proprietari (ad es. più eredi). Oppure, nelle ampie aree del paese caratterizzate da stagnazione o recessione immobiliare e nei tanti contesti che hanno subito un declino nei valori di mercato negli ultimi decenni (periferie di capoluoghi o cittadine di provincia, seconde case destinate ad un turismo stagionale che non esiste più), perché, raggiunte condizioni di obsolescenza fisica e funzionale – stiamo parlando soprattutto dello stock realizzato nel secondo dopoguerra – l’investimento necessario all’adeguamento non promette rientri economici in tempi ragionevoli.
Esistono già nelle grandi città Agenzie per l’affitto che grazie a finanziamenti statali a fondo perduto si pongono quale facilitatore nell’incontro fra l’offerta in locazione privata e una domanda a canone concordato, facendosi garanti in condizioni di morosità a fronte di riduzione delle imposte locali. Un’azione quantitativamente e territorialmente limitata che non incide su un patrimonio spesso immobilizzato per inadeguatezza normativa e funzionale e soprattutto non in una prospettiva a lungo termine.
Di qui la proposta[1] di creare un nuovo soggetto evoluto cui i piccoli proprietari possano “affidare” l’alloggio, che dapprima progetterà e realizzerà le necessarie opere interne di ammodernamento tipologico e prestazionale, e in seguito svolgerà un ruolo di intermediazione organizzando le assegnazioni e l’affitto del bene per un periodo temporale definito. Pur facendo capo direttamente alle amministrazioni comunali, in grado di modulare la fiscalità patrimoniale, di fungere da garanti di morosità e tutela dell’immobile e in collaborazione con enti e associazioni locali (azienda casa, terzo settore, ecc.), il nuovo ente, che dovrà quindi esprimere competenze integrate fra tecniche e gestionali, sarà un privato sociale eventualmente frutto di ATI o cooperative. I necessari finanziamenti potrebbero provenire sia dal pubblico, tramite incentivi e sgravi fiscali ai proprietari, e a copertura delle suindicate garanzie, sia dal privato il quale, formalmente affittando al gestore evoluto, cederebbe i crediti d’imposta sui lavori da effettuare (ristrutturazione e riqualificazione energetica) e accetterebbe una riduzione del canone, variabile fino alla sola copertura delle tasse sull’immobile, per il tempo necessario all’ammortamento degli interventi. Trascorso questo periodo il saldo economico ritornerebbe positivo e pari al canone concordato o superiore nel caso decidesse di rientrare nel mercato libero con una proprietà a questo punto rivalutata, secondo un piano nel tempo da definire in funzione del caso specifico (bene e contesto di inserimento).
Si tratta naturalmente di una gestione complessa per la pluralità degli aspetti coinvolti (sebbene preliminarmente verificata nella sua fattibilità tecnico economica) e con alcuni effetti indiretti che superano la logica dell’investimento a fondo perduto. Gli obiettivi generali di sostenibilità ambientale si coniugano nella riduzione del consumo di suolo e nella applicazione di soluzioni tecnologiche evolute (reversibili, adattabili, riutilizzabili, ecc.), da implementarsi nel tempo, verso un avanzamento nella circolarità degli interventi raggiungendo, nello specifico, economie di scala e, in generale, uno stimolo alla trasformazione del settore delle costruzioni. La sostenibilità economica si attua nel processo di rivalutazione non solo del bene ma auspicabilmente anche negli effetti di riqualificazione delle aree urbane oltre che nel bilancio positivo pianificato oltre che nell’impulso all’economia locale generato. E naturalmente la dimensione sociale nel rispondere, anche se parzialmente, alle esigenze di una domanda crescente cui continuano però a mancare politiche adeguate.
[1] Cfr. Daglio, L., Marchigiani, E. e Zanfi, F. (2021), “Case in affido: il riuso del patrimonio privato in una prospettiva di locazione sociale”, in Coppola, A., Del Fabbro, M., Lanzani, A., Pessina, G. e Zanfi, F., Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica, Il Mulino, Bologna, pp. 163-173.
