UCTAT Newsletter n.71 – ottobre 2024
di Matteo Gambaro
Il 15 ottobre su invito dell’Ordine degli Architetti di Novara ho dialogato con Giovanni Semi, professore di sociologia all’Università degli Studi di Torino, sul tema della gentrificazione, argomento a cui ha dedicato due pubblicazioni. L’una del 2015 intitolata “Gentrification. Tutte le città come Disneyland?”, un testo scientifico, ampio e articolato che fa chiarezza sulla nascita e sulla definizione della gentrificazione in ambito internazionale e italiano, e l’altra più recente, del 2023: “Breve manuale per una gentrificazione carina”, una sorta di verifica scherzosa, un saggio al contrario, a circa dieci anni di distanza delle tesi sostenute nel precedente testo.
Il luogo scelto dagli organizzatori è inconsueto: la chiesa di San Giovanni Battista Decollato, un piccolo edificio barocco costruito nel cuore del centro storico, tra piazza Puccini e via Rosselli, nelle immediate vicinanze del Battistero, del Duomo antonelliano e del teatro Coccia, costruito in circa un decennio dal 1635 al 1643 su progetto dell’architetto Giovanni Maria Saracco. L’edificio, defilato dal fronte strada con l’ingresso da un piccolo slargo che ospita anche la cappelletta dedicata ai caduti italiani delle due guerre, è sede della Confraternita di S. Giovanni Battista decollato ad fontes, dedita all’assistenza dei condannati a morte, quindi un luogo che rimanda ad una organizzazione laicale.
Seduti ai piedi dell’altare nella penombra tipica delle chiese, protetti dalla grande statua della Madonna di Caravaggio alle nostre spalle, alla presenza del priore della Confraternita e di una sessantina di colleghi architetti e non solo, abbiamo avviato le riflessioni sulla gentrificazione, un fenomeno teorizzato negli anni Sessanta in Inghilterra e relativamente poco noto in Italia anche se ne viviamo quotidianamente, e forse inconsapevolmente, le conseguenze.
La gentrificazione comporta la riqualificazione dei manufatti edilizi di un quartiere popolare, spesso ubicato in zone centrali o nella città storica, con la conseguente rivalutazione immobiliare e la successiva espulsione dei residenti, non più in grado di sostenere economicamente i nuovi standard qualitativi. Una sorta di imborghesimento e di omologazione di intere zone della città in cui le nuove funzioni, le destinazioni d’uso nonché le abitudini di vita si somigliano sempre di più: “vasti tessuti sociali vengono così lacerati per far posto ad un fiorire di negozi vintage, birrerie artigianali, pasticcerie siciliane a fianco di marchi transnazionali, in un panorama eclettico ma senza memoria”.
Attraverso la lettura critica di alcune realtà italiane come i quartieri Monti e Pigneto a Roma, l’Isola e la Stecca degli artigiani a Milano, il centro storico di Genova e il Quadrilatero romano e San Salvario a Torino Giovanni Semi dimostra gli effetti dannosi della gentrificazione sulle città.
I casi citati sono eterogeni per epoca di costruzione, configurazione morfologica e tipologica dei manufatti edilizi e per storia e composizione sociale, ma tutti accomunati dall’origine popolare e caratterizzati dalla presenza diffusa di piccole attività artigianali e commerciali che ne hanno costituito l’ossatura socioeconomica.
Non diverso il caso di Novara, non presente nelle pubblicazioni di Semi ma paradigmatico del fenomeno. La zona in questione si trova nel cuore dei quartieri spagnoli, un’ampia zona costruita all’inizio del 1600 per dare ospitalità alle truppe dell’esercito spagnolo, compresa tra le attuali via Santo Stefano, via Azario, via Perrone e corso Cavour. Una zona storicamente malfamata pervenuta ai giorni nostri con la sua originaria conformazione morfologica e con le tipiche attività artigianali e commerciali dei quartieri popolari. La gentrificazione è però avvenuta, a differenza di altre città, come sommatoria di interventi di ristrutturazione di singoli complessi edilizi o anche solo di edifici, senza un piano complessivo, a parte un ambito rimasto però sulla carta. L’esito è stato comunque lo stesso e il quartiere si è trasformato con l’arrivo della classe media, di giovani e soprattutto di attività commerciali (ristoranti, bar, negozi vintage) e ricettive che ne hanno modificato la vita sociale.
Oltre all’allontanamento fisico dei residenti a causa dell’incremento dei costi la gentrificazione determina anche un cambio di approccio culturale e di linguaggio, innovativo e spesso incomprensibile per chi ha sempre abitato questi luoghi. Quindi una esclusione anche sociale e culturale in cui anziani, immigrati e comunque la popolazione più tradizionale, può ritrovarsi ai margini, in situazione di disuguaglianza, incapace di comprendere i nuovi linguaggi del quartiere. Una esclusione se possibile più grave perché determina enclave inaccessibili e non comunicanti.
Tra gli effetti più recenti della gentrificazione nella vita quotidiana si sta consolidando la “cultura” urbana della privatizzazione dello spazio pubblico. Una pratica conseguente alla pedonalizzazione di spazi utilizzati come parcheggi o strade in cui transitavano le automobili, ingenuamente creduti recuperati alla collettività e alla vita pubblica ma in realtà solamente trasformati in lughi commerciali privati. È frequente vedere nelle città italiane piazze e vie invase da tavolini che occupano, a scopo di lucro, spazi sottratti alla collettività.
Dentro questo panorama emerge da un lato il potere sempre più pervasivo di banche, multinazionali e gruppi immobiliari che diventano i suggeritori dello sviluppo delle città e dall’altro la sonnolenza delle amministrazioni pubbliche locali incapaci di avere una visione che possa rimettere il bene pubblico al centro del dibattito. Un momento di crisi da cui non si vede la via di uscita se il pubblico non ritorna ad essere il pianificatore delle regole, assumendosi responsabilità ed esprimendo una chiara e perseguibile visione culturale. La gentrificazione è un processo che ha portato a cambiamenti di stili di vita che non saranno messi in discussione tanto facilmente e dureranno a lungo.
Come ci ricorda Semi “le transumanze notturne verso i luoghi della movida, le feste di strada, i mercati all’aperto itineranti, tutto quell’insieme di effervescenze che fanno sembrare una città vivace e dinamica sono ormai parte della cultura urbana”.




