UCTAT Newsletter n.66 – aprile 2024
di Marino Ferrari
Sono questi tempi di grandi opportunità per osservare le metamorfosi degli oggetti che stabiliscono la dimensione dei luoghi e la conseguente dimensione degli spazi umani. Colta con un poco di tolleranza letterale, per dirla in termini ricorrenti, ma per significare che, dentro al mercato nel quale anche noi siamo diventati merce, ciononostante, possiamo sempre essere attenti a tutto quello che questo bel mercato ci propone se non addirittura impone. La sede principale dell’accumulo degli oggetti, come si è detto, è l’abitazione perché “abitare”, non solo storicamente è una funzione legata al divenire dell’umanità, ma la nostra contemporaneità ha evidenziato le sue contraddizioni, quelle contraddizioni che gli intellettuali, non necessariamente di parte, definiscono “criticità”. Del resto, oramai, i temi (sociali)sostituiscono i problemi (reali) dei quali raccontiamo, appunto, le criticità che ci spingono di fatto a non meravigliarsi del “magnifico “disordine nel quale si trovano le Città, l’insieme delle abitazioni. Non ci si deve meravigliare ad esempio, anche se qui dovrei fare qualche distinguo, per come viene interpretata la “rigenerazione” urbana la quale, senza dubbi, rispecchierà i suoi significali letterali ma, come mi è capitato di scrivere, una rigenerazione non deve utilizzare i vecchi strumenti urbanistici o di pianificazione ma ne deve creare di nuovi, per l’appunto “rigenerativi”. Mi viene comunicato che Santa Giulia forse riprenderà la sua crescita la quale , ad osservare il suo masterplan, immediatamente induce una riflessione: il suolo è innanzitutto sostanzialmente devastato; il così detto verde viene distribuito in qualità e forma di arredo, riempitivo degli spazi non antropizzati forse per sostenere il rapporto con la natura (urbano poi sarebbe anche peggio) e lo spirito dell’architettura (l’archetipo famoso e da tempo morto, o semplicemente la poetica ispiratrice….) si riferisce ad una foglia, a più foglie, seguendo gli schemi oramai abusati del prestito formale; forma di seme, forma di uccello, di foglia, di nave, di montagna e così via. Ma la domanda che vien spontanea e coerente al “tema” (che qui sottende un problema) relativo alla forma dei bisogni è: come saranno formalizzati i bisogni dentro a quegli involucri?, saranno quelli imposti dalla annosa produzione capitalistica sostenuta e gestita dalle svariate forme pubblicitarie, dalle ricerche accademico professionali, saranno innovazioni sulla base delle locazioni che varieranno dal “complesso residenziale premium” il quale permette di vivere immerso nella natura (!) oppure, ma anche, nell’edificio che celebra la qualità della vita(quale, appunto)?. È questa una grande opportunità, qualora ve ne fosse bisogno, di studiare non solo le forme ma l’origine del bisogno; si sa che all’interno di questi magistrali interventi immobiliari la selezione vien fatta ab origine, vien fatta seguendo il naturale percorso di quell’ interessante principio che compone la rigenerazione urbana ovvero, selezionare opportunamente gli abitanti, attuare la tecnica della gentrificazione e dare vela alle conclusioni umane e sociali che porteranno tra non molto alla distruzione della società, di quella società che abbiamo conosciuto ed alla quale sovente facciamo riferimento per via delle così dette radici, delle idealità o ancora meglio, dei caratteri identitari.
Fermarsi anche solo brevemente per constatare che l’identità urbana non è la ricerca delle nuove stelle o forse di qualche lontanissimo pianeta ma semplicemente ciò che appartiene e si esprime nella natura umana e nei suoi luoghi di crescita, che appartengono proprio e non a caso alla Natura. Pertanto, considerando che il mobile italiano (la sua celebrazione metropolitana ha assunto da tempo il carattere di una celebrazione religiosa e civile)con tutto ciò che ne segue è diventato oramai l’espressione della reiterata modalità secondo la quale la seggiola è un oggetto anche di foggia diversa (oltre a quella forma non si va a meno di trasformarla in una poltrona la quale, di conseguenza, potrebbe trasformarsi in un divano ed ancora in un letto magari con annessa cuccia per il cane &gatto); quindi, una sacrosanta induzione economica che offusca nella realtà(economica) tutte le buone ed anche belle iterazioni mercantili (affrescate da complicanze sociali). Poi gli affitti,[1] superata la fase di mistificazione dei prodotti sostenuta dal marketing e dalle varie forme di prodotto interno lordo, forse ritorneranno alla normalità la quale tornerà a selezionare i potenziali affittuari secondo la ormai consolidata gerarchia di “valori”. Gli oggetti comunque hanno la loro forma e condizionano la forma degli spazi nei quali sono collocati. E gli spazi sembrano non essersi modificati nel tempo recente, in quel tempo necessario per traslare la città fabbrica nella città finanziaria nonostante e forse anche per questo, le merci vengano prodotte fuori porta; l’abitazione urbana che appartiene alla moltitudine delle simili abitazioni urbane, l’una accanto all’altra come i suoi abitanti, contiene sostanzialmente gli stessi oggetti ma la cui differenza risiede nel loro valore economico. Oggetti preziosi ma che svolgono, là dove devono svolgere, una medesima funzione: il letto, la seggiola, il tavolo etc. Una distinzione che si caratterizza sovente nella celebrazione dell’oggetto medesimo, della sua esposizione contemplativa. La contemplazione è una forma innovativa ed accattivante della promozione mercantile, una grande innovazione che aggiunge al valore materiale presunto anche quello virtuale. Ciò può avvenire per chi detiene le appropriate condizioni oggettive di scambio, siano esse materiali e culturali o siano semplicemente ideologiche. E sappiamo anche, il mercato ce lo dice, che nelle abitazioni dette popolari o economiche, molti oggetti appartengono all’imitazione di quelli veri, preziosi, inutili quanto arroganti nella manifestazione. La vastità del mercato, la complessità delle sue articolazioni non solo crea un amalgama difficilmente riconoscibile, ma omologa ed uniforma l’azione ed il pensiero. Nella Santa Giulia, infatti, vi è il supermercato e vi è anche il bosco della musica. Quale legame sublime con la natura, quale affezione per le radici che gli ominidi hanno, quale esagerazione spirituale si può dunque avere sapendo che non solo si è circondati dalla natura (non importa se di plastica o altro) ma è la natura stessa a partecipare la nostra vita rendendola felice? E va a anche detto che sovente anzi sempre, la progettualità si affeziona alla forma della città sia essa vecchia sia essa nuova, mettendo al centro il magnete del mercato e del bosco, l’anima, la linfa che diventa anche spirituale attingendo al mercatino rionale. E la differenza degli spazi ricettori di oggetti è viepiù significativa, ridondante: la celebrazione di un oggetto nel suo procrastinarsi nel bagno che va ben oltre il modesto e semplice servizio igienico sanitario, abbisogna di uno spazio appropriato; abbisogna di una corretta distanza contemplativa propria di una preziosa opera d’arte. La continua manutenzione in essere di tutto ciò che rappresenta l’esistenza della classe, di quella classe, rispetto a quelle subalterne, subalterne sotto tutti i profili, primo tra i quali, quello decisionale. La collocazione degli spazi, procedura che anima ed impegna le migliori maestranze intellettuali e tronfie di presupposti culturali, se all’inizio di qualsiasi approccio progettuale può porre criticità(come detto) e sviscerarle per risolvere, occorre intraprendere il percorso non razionale ed anche accademico, ma interpretativo ed immediatamente rappresentativo di una virtualità; la sola in grado di trasmettersi attraverso l’utilizzo della attuale intelligenza artificiale e diffondersi in modalità “virale”. (termine corretto sotto il profilo medico, devastante sotto quello della IA, che si badi, vorrei fosse Intelligenza Artigianale!)
Orbene tutte le abitazioni al di là delle annose ricerche accademiche, hanno in comune gli spazi essenziali alla vita la quale, ovviamente, in condizioni di una qualsiasi emergenza, ha la capacità di modificare il suo assetto. Ma è pure la condizione della vita ad attribuire alla abitazione la forma sostanziale e partendo proprio dalla sua materialità. È la condizione economica di partenza che assegna alla abitazione il codice a barre. Tutto ne consegue. Del resto, abbiamo lampade che non illuminano ma che ci conforta sapere che non sono state progettate per quello; ci conforta sapere che gli “apparecchi a servizio” della nostra igiene personale sono esageratamente ridondanti ma dimostrano pienamente la puntuale capacità di possesso. Abbiamo anche oggetti per le normali abluzioni che sprecano acqua ma che ci informano sulle capacità umane di controllarne la forma; e potremmo estendere l’osservazione per tutti gli oggetti che, al di là ed al di sopra delle reali necessità, riempiono le abitazioni. Come possiamo governare questa realtà nel tentativo di attribuire alla stessa un “aspetto” diverso? Un aspetto, consono alla convivenza con l’ambiente e la natura nella consapevolezza (si usa) che il primo è proprio rappresentato e forgiato sulla produzione indiscriminata degli oggetti e che la seconda viene usata come manifesto del disprezzo concreto per essa?
Le parole non cambiano la realtà nonostante la loro riconosciuta potenza; le parole danno seguito al nome che si attribuisce alla realtà. Se rimane improbabile il cambiamento della realtà, iniettando consapevolezza nel mercato (che è pur sempre una astrazione che si manifesta nel concreto), un tentativo potrebbe venire fatto: richiamarci alla osservazione ed alla annotazione come strumento di appropriazione delle capacità critiche e costruire il coraggio di “abbattere” culturalmente le mistificazioni trasmesseci, anche solo con un master plan. La collocazione urbana degli spazi individuali fornisce la sommatoria degli spazi collettivi e se gli spazi urbani prendono forma dai suoi oggetti, superare la oggettività della città appare arduo ma non impossibile.

[1] Gli affitti aumentano in determinate circostanze anche del 230% facendo ben sperare sia coloro che vorrebbero una abitazione sia gli studenti accampati nei pressi delle università.
