Dante Bini e la straordinaria sperimentazione al Mushroom Field a San Cesario sul Panaro

UCTAT Newsletter n.61 – novembre 2023

di Matteo Gambaro

Il 16 novembre 2023 nella sala Consigliare del Comune di San Cesario sul Panaro, paese natale di Dante Bini, è stato presentato il libro dedicato alle sue prime sperimentazioni sulle cupole sottili in cemento armato, prodromi delle Binishells conosciute a livello internazionale. È l’avvio di una stagione travolgente che porterà Bini negli Stati Uniti per avviare una attività imprenditoriale sperimentale e utopica, sia per l’arditezza delle soluzioni costruttive proposte che per l’innovazione nel modo di abitare e di intendere la casa, nonché per il tentativo di industrializzare il processo costruttivo con sistemi razionali e ripetibili in serie. Gli esiti saranno positivi e porteranno alla costruzione di migliaia di cupole nel mondo, con progressivi approfondimenti e affinamenti realizzativi.

Bini è indubbiamente un architetto non comune. Nasce nel 1932 a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, e si forma all’Università di Firenze, sia laurea nel 1962, in un clima culturale irripetibile per la città: sono gli anni dell’architettura radicale con il collettivo Superstudio degli architetti Natalini, Toraldo di Francia, Magris, Frassinelli e Poli,  gli Archizoom Associati di Branzi, Corretti, Deganello e Morozzi, nonché altri raggruppamenti meno noti ma ugualmente impegnati che daranno vita ad un’intensa produzione teorica e utopica di notevole influenza anche in ambito internazionale. Un approccio critico nei confronti del modernismo, lontano dall’architettura costruita e delle problematiche del contesto e delle teorizzazioni astratte e maggiormente orientato alla revisione e rifondazione culturale della disciplina[1].

È in questo ambito che Bini avvia la sua attività di architetto, caratterizzata da una personale e creativa ricerca sui gusci leggeri in calcestruzzo e sull’innovazione e industrializzazione del processo costruttivo, refrattario ai cambiamenti radicali e ancora fermo, in particolare in Italia, a metodi e prassi costruttive tradizionali. Approccio culturale che traguarda la società americana e pragmaticamente si dissocia dalle ricerche e dai dibattiti in corso molto più ideologici e teorici superando la questione del linguaggio e della forma dell’architettura.

I riferimenti culturali di Bini sono il maestro Frei Otto e altri importanti sperimentatori come Isler, Candela, Fuller e naturalmente l’amico italiano Mario Salvadori che nel 1967 lo introdurrà alla Columbia University di New York e alla società americana.

Il sistema denominato Binishell è basato sulla preformazione automatica di strutture in calcestruzzo con l’impiego di casseforme pneumatiche dinamiche che attraverso la compressione dell’aria sollevano da terra una membrana in neoprene su cui sono posizionati il calcestruzzo allo stato fluido e l’armatura fino a raggiungere la forma prevista. Poche operazioni ripetibili facilmente con grande rapidità consentono di realizzare strutture monolitiche leggere, anche di grandi dimensioni, oltre i 30 m, utilizzando attrezzature semplici e ridotta mano d’opera[2].

Tutto però ha inizio in un terreno di proprietà della famiglia Bini nel piccolo Comune di San Cesario sul Panaro, che diventerà un vero e proprio laboratorio dove il giovane Dante ha potuto costruire e verificare empiricamente gli esiti delle sue idee. In tre anni, dal 1964 al 1967, costruì dodici cupole di diverse forme, dimensioni e sistemi costruttivi risultato di un progressivo miglioramento delle tecniche costruttive ed anche, aspetto rilevante, delle ricette di composizione del calcestruzzo.

Il libro scritto da Francesca Albani, Carlo Dusi e Alessandro Cavallo ha l’indubbio pregio di portare all’attenzione il periodo breve ma intenso e fondamentale per la sperimentazione e l’evoluzione delle idee di Bini: i tre anni durante i quali sono state costruite le dodici cupole del Mushroom Field a San Cesario sul Panaro. Il sito è un caso unico in Italia di archivio progettuale fisico, conservato, per buona parte, da oltre cinquanta anni nonostante i passaggi di proprietà dell’immobile e gli utilizzi impropri. Tale peculiarità ha già stimolato un dibattito, anche con il coinvolgimento della Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara Francesca Tomba e dell’Assessore alla Cultura e al Paesaggio della Regione Emilia Romagna Mauro Felicori, sul destino di questi singolari manufatti che caratterizzano il paesaggio della pianura modenese, ponendo l’interrogativo sulla possibilità di valorizzazione e di riuso.

Questo volume è la quarta pubblicazione della serie “Architettura” edita nella collana “Alia” della casa editrice Interlinea, dopo i testi di Vittorio Gregotti sul mestiere di architetto, quello dedicato alla tettonica dell’assemblaggio di Angelo Mangiarotti, e il testo collettivo che riflette sul paesaggio italiano tra contesto ambientale e globalizzazione. Piccoli libri che si pongono l’obiettivo di riportare all’attualità figure, studi, progetti e significative esperienze costruttive che hanno contribuito, e continuano a contribuire, all’avanzamento della conoscenza nell’architettura.

Cupola L – Binishells S.p.a. Brochures, Archivio Dante Bini.
Copertina del quarto volume. “Dante Bini. Costruire l’utopia”.

[1] Andrea Branzi, Una generazione esagerata. Dai radical italiani alla crisi della globalizzazione, Baldini e Castoldi, Milano 2014. Patrizia Mello, Neoavanguardie e controcultura a Firenze. Il movimento Radical e i protagonisti di un cambiamento storico internazionale, Angelo Pontecorboli Editore, Firenze 2017.

[2] Matteo Gambaro, “Dante Bini e la rivoluzionaria sperimentazione dei gusci leggeri” in Francesca Albani, Carlo Dusi, Alessandro Cavallo, Dante Bini. Costruire l’utopia, Interlinea, Novara 2023.

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