Ecosistema: quale futuro?

UCTAT Newsletter n.20 – febbraio 2020

di Carlo Lolla

L’uomo è sempre andato alla ricerca dell’inesplorato. Dapprima la necessità di sopravvivere, poi la curiosità ed infine l’esigenza di percorrere nuovi spazi per un’alternativa di vita.

Oggi l’uomo studia gli abissi dei mari per ricavare quelle risorse necessarie al genere umano, un oggi alquanto precario per il dissennato sfruttamento ed uso della terra. Studia lo spazio per una non improbabile, nel futuro, alternativa via di sicurezza per sé stesso. Del resto Verne, considerato ai suoi tempi fantascientifico nei suoi romanzi che hanno accompagnato la nostra infanzia, ha visto avverarsi, già nei nostri tempi, alcune intuizioni impensabili.

Nel frattempo l’uomo ha anche dissennatamente, per egoismo personale, trattato male la nostra terra. Il progresso se da un lato ha portato al benessere, per pochi però visto quanti siamo sul nostro pianeta, dall’altro deturpa l’ambiente e di conseguenza la vita. Basti pensare al lento sciogliersi dei ghiacciai nelle calotte polari; disboscamento irrazionale del territorio, per non parlare dell’Amazzonia “polmone della terra”; alla rarefazione dell’aria per il così detto “buco dell’ozono”; all’inquinamento ormai generalizzato che coinvolge mari, monti, laghi, campagne, città; al fuoco e intemperie che devastano intere zone boschive, vedi cosa sta succedendo in Australia e quanto è capitato sulle nostre valli del Trentino come esempi. Un clima irrazionale di questi ultimi tempi. Ci possiamo ricordare i vari Summit internazionali su questo tema: da Rio de Janeiro del 1992; il protocollo di Kyoto iniziato nel 2013 che si concluderà quest’anno e si spera positivamente; l’accordo di Parigi entrato in vigore nel 2016; la conferenza dell’ONU a Bonn nel 2017. Tutto ciò è proiettato entro il 2030.

Quale può essere il futuro? Quali accorgimenti si possono attuare? Quali possono essere le vie che si dovrebbero intraprendere?

Non è facile dare una risposta certa e sicura. Ma certamente si può fare di più e bene. Il coinvolgimento politico e sociale è un punto di partenza importante. 
E l’uomo non è poi tutto da buttare. Vi sono, nel mondo, forze sociali buone e volonterose. Ho tralasciato di proposito il politico, perché questo è nelle mani di pochi ed è nella loro saggezza che confidiamo. 

Per quanto si possa essere presuntuosi, alcuni anni fa, tanti anni fa, io ho collaborato con una associazione il COCIS (Comitato Città Sotterranea) ed il nostro intendimento e desiderio era quella di contribuire a migliorare la qualità della vita portando il nostro piccolo mattone.

Una delle vie attuali riguarda, per il clima, le fonti alternative. Tutti si danno da fare, soprattutto nel campo dell’automobile. L’energia elettrica, lo sfruttamento del gas metano, i pannelli solari ecc. ecc. sappiamo anche che queste vie alternative avranno poco spazio nel futuro poiché sono anche loro, seppur in termini ridotti, fonti di inquinamento. Un’alternativa che possa sostituire quelle fonti è: l’idrogeno!

Ma vi sono altre strade nelle quali si può credere come contributo a migliorare e aspirare, è la ricerca delle risorse disponibili e tra queste, l’ipogeo o sottosuolo è una delle riserve di cui possiamo trarne enormi vantaggi.

L’ecosistema così deteriorato da un uso indiscriminato del territorio ai fini produttivi, può essere riequilibrato solo se lo consideriamo come spazio fisico, organizzato al fine di sfruttamento della attività umane.

L’utilizzo del sottosuolo come nuova riserva di spazio da esplorare, e sfruttare, può restituire all’uomo un ambiente meno congestionato. E’ una cultura che va sostenuta e valorizzata. La possibilità di realizzare nuovi insediamenti nell’ipogeo, tenendo sempre conto della tutela dello stesso, possono rovesciare situazioni di crisi oggi inestricabili.  Gallerie; impianti elettrici, meccanici, elettronici, di disinquinamento; magazzini; strade, parcheggi; linee ferroviarie; impianti nucleari; centri sportivi, tempo libero; impianti tecnologici per acqua, luce, gas, telefono e telematici sono solo alcuni esempi che possono dare una, sia pur minima, idea se oggi pensiamo in un attimo quanto spazio disponibile, e più vivibile, avremmo.

I laboratori scientifici del Gran Sasso, le metropolitane nel mondo, il tunnel ferroviario nella Manica, le Carrosuel du Louvre con al centro della galleria la famosa piramide di Jaoh Ming Pei per il “Grand Louvre”, il Chesapeake Bay Bridge, tunnel in Virginia, un tronco autostradale  di 37 km che attraversa l’immensa baia di cui 3.500 metri sotterranei, i tunnel sottomarini norvegesi alcuni profondi fino a 223 metri sotto il livello del mare, il Water Ring Mein che con i suoi 80 km a quota meno 40 ha risolto il problema del rifornimento idrico di Londra; questi sono solo alcune ipotesi di strutture realizzate in sottosuolo. E non dobbiamo dimenticare quanto hanno fatto i nostri avi: Cappadocia, Algeria, Cina ecc..

Oggi le tecniche di scavo sono sofisticate e potenti, la sicurezza in sottosuolo con le attuali tecnologie sono sempre più efficienti. E la ricerca porterà sempre più ad un grado di tranquillità maggiore e, non ultimo, il risparmio economico.

L’ambiente.  Se ci guardiamo intorno possiamo ben dire, ed essere fieri, che viviamo in un paese meraviglioso, ma …. ma alcuni paesaggi sono alterati da costruzioni che colpiscono come un macigno la nostra vista.  E se a queste deturpazioni non si pone rimedio, anche con la demolizione, vivremo sempre più nel caos. 

E tutto questo è prevedibile. Dapprima per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione e del trasporto (alta Velocità compresa), poi il costante aumento delle popolazioni e della densità del tessuto urbano, imporranno nelle grandi città lo sviluppo in sottosuolo.

I cunicoli sotterranei del Castello Sforzesco di Milano