UCTAT Newsletter n.24 – giugno 2020
di Stefano Bazzini – Vice Presidente Associazione Metropolis
Il mondo dell’edilizia deve cambiare i suoi paradigmi e deve modificare la qualità della sua offerta anche e soprattutto nelle città e nei centri conurbati.
I paradigmi si riferiscono al fatto che l’edilizia, insieme a chi la progetta a tutti i livelli, deve essere elemento educatore e costituisca guida nell’impostare un nuovo modo di vivere la vita quotidiana.
I progettisti ed in particolar modo l’architetto, svolgono anche un ruolo sociale e quindi è già dalla fase progettuale che si devono indirizzare le idee e le proposte verso una qualità per il ben-essere della gente.
Si devono utilizzare le nuove tecnologie, in tutti gli aspetti, per avvicinare le abitudini delle persone verso una condivisione di intenti, di spazi che rispettino l’ambiente e lo facciano diventare parte integrante della quotidianità aumentando le relazioni e migliorando la risposta naturale nei termini di impatto energetico, alimentare, economico, sociale ed educativo.
Credo che la storia insegni molte cose e mi riferisco in particolare agli studi ed insegnamenti che arrivano dall’800 attraverso le esperienze di architetti come Patrick Geddes, Ebenezer Howard con i loro esempi di città giardino poiché avevano studiato e realizzato esempi di nuclei urbanizzati che tenevano conto anche dell’impatto economico che tali abitati avrebbero generato; l’utilizzo di criteri di agricoltura, di verde urbano, di biodiversità, di educazione ambientale, di benessere psico-fisico degli abitanti hanno iniziato a prendere corpo nella valutazione strategica ed economica di come impostare le città autosufficienti.
Il dibattito degli ultimi trenta/quarant’anni intorno alle infrastrutture verdi (green infrastructures) ha introdotto concetti fondamentali quali i paesaggi multi-funzionali ed i servizi ecosistemici in grado di produrre entrambi elevate prestazioni ecologiche e di benessere umano.
In aggiunta si hanno strumenti per analizzare lo stato di fatto e per potere poi progettare “funzioni ecosistemiche intese come la capacità dei processi e delle componenti naturali di fornire beni e servizi per il soddisfacimento diretto o indiretto dei bisogni umani” (Rudolf De Groot – ricercatore olandese).
Oggi più che mai diviene attuale e fondamentale parlare di Capitale Naturale (inteso nella sua definizione: ”tutte le componenti biotiche e abiotiche, escluse le persone ed i loro prodotti, che contribuiscono alla creazione di beni e servizi di valore per il genere umano”) in cui peraltro il termine capitale assume altre declinazioni tra cui Capitale Costruito (edifici ed impianti), Capitale Umano (conoscenza, capacità, esperienza, salute), Capitale Sociale (relazioni ed istituzioni) e Capitale Finanziario o Monetario); pertanto oggi è ormai chiaro come il contributo del Capitale Naturale sia in grado di influenzare tutti gli altri potendo anche fungere da catalizzatore per aspetti legati al finanziamento green e di rigenerazione divenendo motore e generatore di tutela e salvaguardia degli altri Capitali con lo scopo ultimo di produrre BEN-ESSERE.
Credo che oggi ci si debba riferire a quegli esempi (città giardino) perché sono di estrema attualità; poi ci sarà da adeguare tutto l’apparato normativo che dovrà seguire questo passo che a mio avviso sarà il futuro delle costruzioni e della vita della gente soprattutto dopo la recente pandemia.
In ultimo vorrei sollevare una questione in modo si possa generare un dibattito ovvero che il problema della normativa che non segue l’evoluzione del pensiero va ricercata, forse, nella qualità delle persone preposte a tale lavoro che non sono all’altezza? O al fatto che la scelta politica passi sempre attraverso il reperimento di fondi? O ad entrambe le cose visto che sono intrinseche? Perché alla fine si può, quasi sempre, monetizzare tutto.