Gino Valle. La professione come sperimentazione continua

UCTAT Newsletter n.62 – DICEMBRE 2023

di Francesca Albani

“Gino Valle. La professione come sperimentazione continua”
Casa Cavazzini Museo d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Cavour 14, Udine
7 dicembre 2023/28 aprile 2024

L’esposizione “Gino Valle. La professione come sperimentazione continua” curata da Francesca Albani e Franz Graf in collaborazione con l’Archivio Studio Valle di Udine con il patrocinio di Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Udine e Confindustria e sponsor tecnico Fantoni è il primo esito di una ricerca internazionale finalizzata ad una rilettura tematica dell’attività di Gino Valle tra gli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Ottanta. L’intensa attività di Gino, architetto di Udine nato nel 1923 di cui quest’anno si festeggiano i cent’anni dalla nascita, è ampiamente nota, ma finora sono rimaste sotto traccia molte sfumature che riguardano l’aspetto collettivo del lavoro all’interno dello Studio e il suo profondo coinvolgimento nel dibattito sociale, architettonico e culturale del tempo, a cui diede sempre una personale ed originale risposta. La selezione delle opere proposta vuole essere rappresentativa di questo lavoro collettivo in un ampio arco temporale, dalla tesi di laurea di Gino nel 1948 fino agli anni Ottanta e dell’ampiezza dei temi affrontati sia nella sua terra, il Friuli, ma anche in diverse parti di Italia e del mondo come Milano, Venezia, New York e Parigi. La produzione architettonica di Gino Valle è il frutto di tante sollecitazioni, da quelle architettoniche e culturali del gruppo di lavoro all’interno dello studio, a quelle desunte dai diversi contesti sociali in cui operò. Molti furono gli stimoli provenienti dalla committenza o dall’attualità delle tematiche oggetto di dibattito, oltreché dalle condizioni specifiche dei diversi incarichi. I primi anni di lavoro insieme al padre Provino e alla sorella Nani furono caratterizzati da precisione, rigore e moderazione, aspetti determinanti alla base del loro atteggiamento progettuale saldamente ancorato alla loro terra. Al contempo la loro attività riservò una straordinaria apertura verso l’esterno, come dimostrano gli studi post-laurea di Gino alla Harvard University del 1951, i numerosi viaggi e la frequentazione dell’ambiente estremamente stimolante della facoltà di architettura di Venezia. La loro volontà di ricerca e sperimentazione determinò il fatto che non venissero mai reiterate soluzioni del passato, ma che attraverso il continuo lavoro di ricerca si cercasse la soluzione più adatta alla situazione e al contesto. Il suo lavoro fu fin dall’inizio caratterizzato dalla convinzione della centralità dell’esperienza nel mestiere, dall’esperienza del fare e del costruire, dall’avversione verso i formalismi e le concettualizzazioni forzate.  Forse furono proprio questi aspetti la vera eredità nell’ambito professionale che Provino lasciò ai due figli dopo la sua prematura scomparsa a 68 anni.

All’inizio degli anni Sessanta Gino proseguì la propria intensa attività, dividendosi tra l’insegnamento allo IUAV e lo Studio. Nel 1961 dopo il matrimonio, la moglie Piera Ricci Menichetti, architetto milanese laureatasi al Politecnico e conosciuta a Venezia in quanto assistente di Gardella come lui e la sorella, iniziò a lavorare nello studio Valle come progettista e ancora oggi la sua presenza attiva rimane un punto di riferimento. Molte furono le opere a cui lavorarono a quattro mani. Nei loro progetti diedero – in una processualità di riflessione a tratti fin troppo raffinata per essere individuata ad una lettura veloce – risposte complesse a numerosi temi di scottante attualità in quegli anni. Gino Valle si confrontò con i principali temi della società del Secondo Novecento a partire dall’eredità e dalla necessità di catarsi dal periodo bellico, al condominio per la classe media, alla casa per tutti e all’architettura industriale per la nuova classe emergente imprenditoriale. Le istanze provenienti dai diversi contesti sociali, culturali ed economici con cui ebbe modo di confrontarsi hanno alimentato l’esplicita volontà di sperimentazione e di ricerca architettonica, che a tratti è caratterizzata dalla volontà di non creare legami specifici e percorsi di ricerca tra le diverse opere, ma che ha sempre dato risposte originali e specifiche alle esigenze della società allora contemporanea.

La ricerca sul tema relativo al rapporto tra l’architettura nuova e le “preesistenze ambientali”, per usare un lessico coevo a Valle, iniziò a Udine sulla scia delle istanze rogersiane e degli studi veneziani sulla tipologia. Rifiutò in maniera sempre decisa un approccio mimetico col contesto storico e lavorò a soluzioni che cercarono di coniugare la presenza della città storica con la nuova architettura in un confronto dialettico caratterizzato da un’autonomia reciproca, sapientemente condotto attraverso specifiche scelte formali, compositive e materiche. Negli anni successivi questo tema fu declinato e articolato in altri contesti, indulgendo in alcuni momenti verso la volontà di esplorare le potenzialità della citazione del lessico dell’architettura storica, riuscendo comunque sempre a costruire un inedito sistema di relazioni tra la città e l’architettura.

Il modo di lavorare di Gino Valle fu caratterizzato da rigore e riflessione attraverso una strutturazione della composizione sulla base di una griglia geometrica a cui demandò sempre la capacità di uniformare e governare la processualità progettuale, che in alcuni casi diventò persino modularità e prefabbricazione. Questo tema, comune a molti protagonisti del dibattito tra la due guerre, non trovò mai in Gino la volontà del disegno dell’elemento architettonico, come nei casi di alcuni progettisti coevi che si confrontarono come lui con il disegno industriale, ma si espresse prevalentemente nella direzione di applicare il concetto di serialità alla progettazione, concentrandosi quindi sulle potenzialità di variazione e sperimentazione di nuove soluzioni formali, utilizzando sistemi costruttivi già in commercio.

Il grande patrimonio costruito che Gino Valle ci ha lasciato, estremamente articolato e ancorato ai luoghi e al tempo in cui fu prodotto, rappresenta un’importante testimonianza non solo dell’attività di uno dei progettisti più poliedrici e raffinati del Secondo Novecento, ma anche della società che lo ha prodotto di cui ne esprime le istanze culturali, economiche e politiche. Rileggere oggi il lavoro di uno degli studi di architettura, che ha prodotto in maniera continuativa in un lasso di tempo ampio alcune delle opere più rilevanti dell’epoca, interpretando di volta in volta le diverse istanze culturali e sociali, deve portare alla consapevolezza che la loro permanenza rappresenti un importante momento all’interno della cultura italiana e una presenza vitale per la città contemporanea pluristratificata.

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