UCTAT Newsletter n.72 – novembre 2024
di Carlo Lolla
L’altro giorno seduto su una panchina del parco Sempione, guardavo le aiuole, i prati. Le piante il laghetto le persone e i bambini che scorrazzavano chi con il monopattino, chi in bicicletta ed altri che si rincorrevano tra il verde ed i filari di alberi. Il mio corpo si stava bene, era rilassato, tranquillo, diciamo felice di trovarsi in quel luogo così identitario e suggeritore di pace e bellezza.
Fu lì che mi domandai ma che vuol dire il termine “identità”? In generale si riferisce a ciò che rende unici e riconoscibile un individuo, un gruppo o un luogo. Ecco il “luogo”! Esso può indicare sia le sue caratteristiche materiali sia gli aspetti culturali.
Gli aspetti materiali, fisici e riconoscibili includono la Geografia, intesa come paesaggio naturale, come montagne, fiumi, coste e tutto ciò che identifica un luogo specifico; l’Urbanistica che dispone e organizza le strade, le piazze e i quartieri; l’Architettura con i suoi edifici, i monumenti e le strutture storiche di una città o di un paese; ultimo, ma non meno importante, il Clima e il suo ambiente che influenza sia l’aspetto che l’organizzazione del luogo. Tutti questi elementi sono riconoscibili a chiunque e possono creare un “impronta” visiva e concreta dell’identità di un luogo.
Qual è, invece, l’aspetto culturale dell’identità? Sono tratti immateriali che sono legati alla storia, alle tradizioni e ai valori del luogo e dei suoi abitanti. Sono elementi fascinosi che comprendono le Tradizioni uniche come festività, celebrazioni religiose e costumi come sagre e politiche locali, di conseguenza anche la lingua e i dialetti locali con le loro espressioni popolari, rappresentano componenti importanti per l’identità, senza dimenticare la cucina con i suoi prodotti alimentari è una parte essenziale come simbolo dell’identità. Importante è anche la Storia e le leggende locali, perché contribuiscono con i loro miti e le loro leggende a rendere la percezione degli abitanti e dei visitatori, quel che hanno di esso.
Questa somma di elementi comprende e contribuisce all’identità culturale del luogo e, alle comunità, formare questa mentalità nel modo di vivere e nell’approcciarsi alla vita dei suoi abitanti con i valori e atteggiamenti unici.
Come esempio possiamo prendere Firenze che è immediatamente riconoscibile per i suoi monumenti iconici come il Duomo, la Cupola del Brunelleschi, la Galleria degli Uffizi e il Ponte Vecchio, e se pensiamo alla sua architettura rinascimentale e il fiume Arno che attraversa la città si evidenzia gli aspetti materiali quali elementi che contribuiscono alla sua identità. Non parliamo, poi, dell’aspetto culturale per il quale Firenze è considerata la culla del Rinascimento. Un’eredità culturale che ancor oggi influenza il modo in cui la città viene percepita. Un patrimonio artistico, tra i quali i riferimenti letterali a figure come Dante Alighieri, le tradizioni locali, come il Calcio Storico Fiorentino, i valori di creatività e innovazione complessivamente fanno parte della sua identità culturale.
Ecco che l’identità di un luogo è dunque una combinazione di caratteristiche tangibili e intangibili. Gli elementi materiali danno una struttura fisica, mentre quelli culturali conferiscono profondità, storia e significato. Questi due aspetti si intrecciano, creando una realtà unica e complessa che rende ogni luogo speciale e riconoscibile, non solo per chi ci vive, ma anche per chi lo visita o lo studia.
Ebbene mi torna in mente che qualcuno pensa che l’Identità, oltre a tutto quello che abbiamo ampiamente narrato, possa essere considerata pure reazionaria e regressiva! E’ interessante questa considerazione, o corrente di pensiero, perché, a mio parere, mette in luce una dinamica complessa dell’identità, che può effettivamente avere una doppia natura: da una parte, come un legame che radica un gruppo o una persona alle proprie origini e, dall’altra, come un potenziale limite al cambiamento e all’evoluzione.
E questo perché? Per la ragione che l’identità può assumere un carattere reazionario o regressivo quando diventa una sorta di “ancora” che impedisce di accogliere il nuovo, l’ibridazione culturale e le evoluzioni sociali? E che l’identità, così pietrificata, sia intesa come qualcosa di immutabile e sacro, che può solo trasformarsi in un ostacolo?
Se le persone vedono nell’identità un valore intoccabile, e quindi rifiutano tutto ciò che potrebbe “contaminarla”, possiamo trovarci che questa affermazione escluda l’incontro con altre culture o idee diverse, con il risultato che questa difesa sia interpretata come reazionaria? Inoltre se l’identità viene associata a una visione idealizzata della tradizione e della storia, si rischia di alimentare un sentimento di “regresso” in cui si vede il passato come un’età dell’oro, in contrasto con il presente percepito come decadente o in crisi.
Spesso i movimenti politici tendono a sfruttare il concetto di identità per consolidare idee conservatrici, che vedono nel mantenimento della purezza delle proprie radici una sorta di scudo contro i cambiamenti sociali. Ecco che questa ideologia può creare divisioni e contrapposizioni. C’è anche chi pensa che l’identità sia una sicurezza che impedisce alle persone o ai gruppi di confrontarsi con nuove realtà. Questo porta a una sorta di paralisi culturale, in cui si cerca di conservare tutto ciò che è tradizionale, frenando, o addirittura ostacolando, lo sviluppo verso modelli più inclusivi e aperti. Quindi io penso: “regressione”!!!
D’altra parte, l’identità non è necessariamente statica; può essere dinamica e aperta. In una visione moderna e progressista, l’identità può evolversi accogliendo elementi nuovi senza perdere il proprio nucleo. Molti luoghi e culture hanno fatto dell’incontro con altre identità una parte integrante della loro evoluzione. Pensiamo all’Italia stessa, la cui identità culturale e culinaria è frutto di secoli di scambi, conquiste e influenze. Identità è dialogo con altre culture diventando uno spazio per crescere.
L’identità può effettivamente diventare reazionaria e regressiva quando viene usata come strumento di chiusura e rifiuto del nuovo, ma può anche essere un concetto evolutivo e aperto, in cui tradizione e innovazione coesistono. Sta alle persone e alle comunità decidere se vogliono usare l’identità per rafforzare barriere o per costruire ponti.

