Il dibattito pubblico

UCTAT Newsletter n.18 – dicembre 2019

di Andrea Pillon

Gli strumenti metodologici per favorire il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni economiche e sociali nelle scelte pubbliche sono molto numerosi, così come sono numerose le esperienze di successo e le buone pratiche realizzate nel nostro Paese.

I processi partecipativi, molti dei quali realizzati sino ad ora volontariamente dalle amministrazioni e dalle associazioni locali, sono sempre più spesso oggetto di procedure amministrative, regolamenti o da norme specifiche. Il decreto sull’obbligatorietà del dibattito pubblico sulle grandi opere (DPCM 76/2018) rappresenta, a livello nazionale, solo la più recente di queste normative e testimonia l’attenzione verso la partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche.

La partecipazione dei cittadini è entrata da tempo a far parte dei processi di programmazione e implementazione delle politiche pubbliche, non solo da un punto di vista procedurale, ma per gli effetti che essa può determinare sulle scelte pubbliche. Appare quindi necessario aprire una riflessione sull’apporto che questi processi possono fornire ai decisori e quali possono essere le ragioni stesse della partecipazione. 

I processi partecipativi, contrariamente ad alcune scuole di pensiero, non rappresentano, a mio giudizio, un trasferimento di un potere decisionale verso i cittadini e tanto meno di delega, quanto piuttosto un supporto alla decisione e ai decisori.

Il dibattito pubblico in Francia e in Italia è basato proprio su questo principio. La partecipazione del pubblico è infatti intesa come elemento essenziale di conoscenza, di ascolto, di raccolta ed analisi dei problemi, dei bisogni e delle criticità che le comunità locali manifestano nei confronti della realizzazione di un’opera, o più recentemente in Francia, di un programma o un piano di interventi.

La partecipazione dei cittadini può infatti rappresentare una risorsa essenziale per i decisori e i progettisti, perché consente di comprendere se il progetto risponde alle reali esigenze di un territorio e soprattutto se le soluzioni tecniche adottate sono sostenibili ed hanno tenuto conto delle criticità e dei problemi che le comunità locali hanno sollevato. 

La partecipazione è intesa in questo caso come un grande momento di mutuo apprendimento: per i decisori e i progettisti, che al termine del percorso di ascolto possono confermare o meno la realizzazione dell’opera e migliorare il progetto tenendo conto delle criticità sollevate dalle comunità locali. Ma anche le comunità locali possono apprendere molto da questi processi, ad esempio sulle ragioni dell’opera, sugli interessi positivi in gioco, sui benefici e gli eventuali impatti. 

La partecipazione non va però intesa esclusivamente come un momento di ascolto e di raccolta di informazioni utili ai progettisti per elaborare interventi migliori. La capacità dei progettisti e delle stesse comunità locali possono essere espresse anche in momenti di progettazione condivisa, dove cittadini e progettisti affrontano assieme problemi complessi. E’ questo il caso di molto processi partecipativi realizzati nel nostro Paese, dove a partire della esigenze espresse dai cittadini, i decisori e i progettisti lavorano assieme, ciascuno secondo le proprie competenze e responsabilità, nell’individuare soluzioni sostenibili e tecnicamente realizzabili.

In sintesi, i processi partecipativi più efficaci, sono a mio parere, quelli che riescono a far emergere tutti gli interessi in gioco e a valorizzare le competenze e le responsabilità degli attori che prendono parte al processo, senza invasioni di campo ma nel rispetto dei ruoli e delle capacità di ciascuno.