UCTAT Newsletter n.70 – settembre 2024
di Fabrizio Schiaffonati
La pianificazione e la gestione urbanistica milanese è in continua turbolenza. Dopo qualche anno dal PGT che avrebbe dovuto avere valenza decennale, è stata annunciata la sua revisione da configurarsi nel 2025. Gli orientamenti ufficiali, è stato osservato da più parti, appaiono un generico elenco di obiettivi senza indicazioni su come conseguirli con le modalità del confronto politico e culturale per la condivisione e la trasparenza delle scelte che richiederebbe un atto di tale rilevanza. L’elaborazione del PGT è infatti un processo in cui l’Amministrazione, contemplando molteplici interessi, dovrebbe enunciare come migliorare le condizioni di vita nella città, contrastare squilibri, potenziare i servizi e affrontare le criticità ambientali. Per l’elaborazione e la gestione del PGT l’Ufficio di Piano (o struttura similare) è fondamentale per coordinare le diverse competenze, anche con l’eventuale supporto di professionisti esterni. Nel recente passato il riferimento a urbanisti di chiara fama ha consentito una dialettica tra orientamenti disciplinari e indirizzi politici. Un Piano (che non sia una mera operazione dirigistica e burocratica) nasce da complesse interlocuzioni, da visioni strategiche, da condivise volontà.
Questo spirito a Milano sembra lontano, in un intrico di inadempienze politiche e contenziosi, proteste di cittadini e questione giudiziarie; da dover invocare uno specifico provvedimento legislativo per sanare situazioni illegittime e tutt’altro che chiare. Intervento che mina la certezza del diritto e rimanda alle responsabilità dell’Amministrazione.
A monte sta un diffuso fastidio – di politici, immobiliaristi e stakeholder – per i vincoli, in nome di un laissez-faire con spericolate interpretazioni di leggi e norme urbanistiche e edilizie. Milano si è posta alla testa di un tale orientamento, in un’enfasi celebrativa di eventi e manifestazioni per attirare investimenti e sviluppi immobiliari, senza nel contempo fissare equilibrate soglie, in termine di oneri di urbanizzazione, carico volumetrico, servizi pubblici e non genericamente “d’interesse pubblico”. Da cui un crescente squilibrio tra domanda e offerta abitativa, soddisfacimento di bisogni e benessere sociale.
In una recente intervista l’Assessore Tancredi ha dichiarato la volontà di tornare a norme certe per “eliminare qualsiasi margine di discrezionalità” da parte della Commissione del Paesaggio, coi soli compiti di “valutazione dell’impatto paesaggistico… senza superare od oltrepassare le regole morfologiche”.
Un ritorno in pratica alla funzione della precedente Commissione Edilizia. Una scelta di buon senso, dopo le numerose contestazioni dei cittadini e poi giudiziarie. Una indispensabile, seppur tardiva, chiusura delle porte della stalla, per collocare la Commissione del Paesaggio il più lontano possibile da compiti non propri e da conflitti d’interessi. C’è da dire anche della sua composizione, col coinvolgimento auspicabile di persone di cultura e comprovata esperienza per un servizio disinteressato e meritorio. In tal senso è preannunciata una modifica del Regolamento ampliando la Commissione a 15 membri, col 40% per la parità di genere, e almeno il 50% dei suoi membri (perché non tutti?) che per il periodo di nomina non debbano svolgere attività professionale nel territorio comunale.
La seconda proposta annunciata dall’Assessore è la predisposizione di un “Atlante dei quartieri” con “valore normativo… rispetto agli Studi d’Area che oggi sono solo a livello di indirizzo”. Il che potrebbe avere una certa importanza come strumento attuativo, a condizione di non declinarlo riduttivamente nei termini: “Quello che aggiunge l’Atlante è che se nell’area che io vado a rigenerare o nell’intorno c’è la necessità di realizzare delle opere pubbliche, ad esempio una connessione pedonale, una piccola piazza, un’area verde, chi interviene dovrà cedere l’area e realizzare quanto richiede l’Atlante”. Opere tutto sommato di ordinaria amministrazione, che nei più dei casi dovrebbero essere di diretta competenza degli Uffici Tecnici.
Nulla si accenna invece del coinvolgimento dei Municipi, istituzioni elettive neglette che dovrebbero avere un ruolo primario nella programmazione e gestione urbanistica, per diretta conoscenza e vicinanza ai cittadini. Il Decentramento amministrativo che ha avuto la sua origine negli anni Sessanta a Milano con la prima Giunta di Centro-sinistra oggi invece è escluso dalle decisioni sul proprio territorio.
In tal senso, ancora con riferimento al funzionamento della Commissione del Paesaggio, la memoria rimanda al recente passato quando il Decentramento comunale era articolato in 20 Zone poi accorpate in 9 Municipi. Allora la procedura prevedeva che ogni Zona si esprimesse su progetti, autorizzazioni e concessioni edilizie ricadenti nella propria circoscrizione. Un voto che veniva trasmesso alla Commissione Edilizia alle cui sedute partecipavano anche i rappresentanti di Zona portando il parere votato dalla Zona.
In caso di difformità di giudizio con la Commissione Edilizia, la pratica veniva trasferita alla Commissione Urbanistica del Consiglio Comunale per una valutazione dirimente.
Un coinvolgimento proficuo, senza appesantimenti burocratici, con spirito collaborativo e partecipativo. Un modo non verticistico e una diretta informazione dei cittadini. Un trait d’union oggi mancante, che varrebbe la pena di ripristinare.
Questioni non marginali per ritrovare una sintonia con la cittadinanza, allargando la partecipazione e la condivisione delle scelte, per una democrazia deliberativa.
Non ultima, in questo momento in cui tanti nodi vengono al pettine e per un auspicabile diverso futuro, l’urgenza di elaborare conoscenze e analisi alla base di ogni realistica previsione e attuazione di un PGT che non si riduca a una vacua enunciazione, di cui troppe volte la politica si ammanta. E qui non rimane che constatare il silenzio di centri di ricerca, ambiti culturali, ordini professionali, Atenei, a stimolare una rinascenza dell’urbanistica tanto più necessaria per uscire da una indiscutibile crisi che attanaglia città e il territorio.

