Il progetto urbanistico di Milano

UCTAT Newsletter n.58 – luglio 2023

di Elio Bosio

Tanti degli scritti apparsi nella Newsletter di Uctat e in parte pubblicati nel volume Idee per Milano, toccano il tema cruciale del piano urbanistico comunale. Argomento inevitabile, poiché a esso rimandano tutte le riflessioni che affrontano il progetto nella città, sia riferite alla questione edilizia, sia concernenti il disegno della metropoli. Nel nostro argomentare, articolato come si conviene in un costruttivo confronto d’idee, siamo giunti unanimemente a convenire sul fatto che l’attuale Piano di Governo del Territorio di Milano tutto sia salvo un documento ricco di indicazioni e regole su cui organizzare il cantiere di una città di tutti e per tutti e non soltanto di e per pochi soggetti privilegiati.

Quello che del PGT, a mio avviso, necessita improrogabilmente di essere affrontato avanzando proposte puntuali per una sua sostanziale revisione è l’aspetto squisitamente disciplinare. Credo valga la pena, soprattutto per coloro tra noi che ricoprono un ruolo d’insegnamento, analizzare ed evidenziare le inaccettabili carenze dell’attuale strumento, inviluppato nelle enunciazioni e privo di concreti riferimenti alla struttura dei problemi.

Come l’Imperatore della fiaba di Andersen il PGT di Milano è nudo. Gli abiti che vuole fare credere d’indossare, ma di cui è privo, sono i fondamenti della disciplina urbanistica.

La conoscenza dei luoghi e dei problemi (analisi della struttura) è un passaggio sostanziale. L’analisi approfondita del territorio costituisce fondamento per la redazione dei piani urbanistici. Il PGT di Milano non offre nessuna documentazione di accettabile livello scientifico che consenta di sviluppare, sulla base di dati reali ed esaurienti, una analisi del territorio e dei suoi problemi. Unico riferimento le scarne schede dei Nuclei d’Identità Locale, che dovrebbero costituire, se adeguatamente (ma anche convintamente) arricchite, materiale base per la comprensione delle scelte del pianificatore.

La scarsa conoscenza dei luoghi si riflette sulla povertà delle scelte progettuali. La povertà d’informazione si riflette sulla struttura del PGT che, sostanzialmente, costringe il territorio comunale in due categorie: gli ambiti (pochi) d’interesse strategico (anche qui andrebbe chiarita la strategia) e la restante parte del territorio, sottoposta a un regime normativo che salvo rari aspetti (aumento indice di edificabilità all’interno degli ambiti di elevata accessibilità) non presenta articolazioni normative e scale di progetto riferite alla specificità dei siti. Con buona pace di decenni di elaborazione teorica e di pratica sul campo riguardo i livelli intermedi della pianificazione comunale.
La ricaduta sul quadro normativo è pesante: tutto viene omologato e ciò è causa d’imperdonabili errori. La mancata conoscenza del territorio fa sì che vengano collocati all’interno di ambiti a maggiore edificabilità parti di città dove l’edificazione dovrebbe, invece, essere ridotta e il cui destino andrebbe governato da un puntuale e dettagliato progetto pubblico. Il contrario di quanto avviene oggi, dove è l’iniziativa privata a dettare tempi, modi e regole. Come sta accadendo (a titolo d’esempio) all’interno del quartiere Gallaratese, in prossimità della stazione MM San Leonardo, dove un progetto di forte e negativo impatto ha generato un deciso pronunciamento contrario da parte degli abitanti, che si sono costituiti in Comitato e hanno promosso una petizione on line.

Se conveniamo che la partecipazione costituisca un fondamento nel governo del territorio, come d’altro canto sostenuto dalla legge della Regione Lombardia 12/2005, non v’è dubbio che a esso venga inflitto un grave vulnus quando la mancanza di materiale utile per approfondire la conoscenza della strutture e della forma del paesaggio urbano nega la possibilità di avanzare proposte in grado d’incidere sostanzialmente sul destino della comunità degli abitanti.

Trattare di partecipazione rende inevitabile affrontare il tema della natura dei Municipi, dei quali occorre ribadire con forza il ruolo di progettazione e gestione a loro assegnato dallo Statuto del Comune, mutando radicalmente l’attuale situazione di Milano e contestualmente affrontando la questione Città Metropolitana, fino a questo momento ignorata dal Sindaco Sala (e, purtroppo, anche da molti altri Sindaci dei comuni metropolitani). Come alcuni hanno suggerito, il concreto avvio del governo metropolitano potrebbe preludere a un ridisegno dei confini dei Municipi di Milano. Per il momento sarebbe sufficiente consentire ai Consigli dei Municipi di governare, almeno per quanto concerne l’edilizia e l’urbanistica, quella grande parte di città cui il PGT non riconosce il valore strategico dei grandi ambiti di trasformazione.

Per conseguire questo obiettivo occorrerà restituire agli uffici tecnici dei Municipi il ruolo, la responsabilità e l’autorità che loro competono, sottraendoli a una condizione talvolta mortificante. Analoga riflessione per quanto concerne la valutazione dei progetti esclusi dagli ambiti strategici di trasformazione il cui esame dovrebbe utilmente ed esclusivamente essere affidato a Commissioni Edilizie dei Municipi, riconsiderando temi e ambiti d’intervento della Commissione Comunale per il Paesaggio.
Le informazioni offerteci dalla stampa non inducono all’ottimismo: la sbandierata campagna comunale per 87 nuove Piazze tattiche è soltanto un espediente per eludere la vera natura della questione di chi decide l’urbanistica nei quartieri, mentre è indubbio che un’iniziativa come Arch Week assumerebbe un valore di gran lunga maggiore se attuate all’interno della Città dei Municipi.

Un’ultima considerazione. Una efficace politica di piano necessita della capacità della Pubblica Amministrazione di indirizzare e coordinare i processi di crescita e trasformazione del territorio. Cosa che adesso non avviene e per responsabilità non imputabili esclusivamente all’Amministrazione comunale di Milano.

Resta il fatto che un buon piano urbanistico si caratterizza per l’idoneità a proporre chiari ed efficaci indirizzi, regole e progetti di livello intermedio partendo dalla complessità dei temi urbani e del loro riflesso sul disegno del territorio, evidenziando problemi e peculiarità propri delle diverse parti della città. Una città che sempre più negli ultimi anni ha visto privilegiare il ricambio della popolazione e dei city user trascurando i residenti “storici”, con tutto ciò che questo comporta. Anche se datate, le analisi di Jane Jacobs meritano una rilettura.

Quartiere Omero a Milano, 15 agosto 2017, fotografia di Stefano Topuntoli
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