Innovazione sociale e cultura digitale. L’esperienza di MEET

UCTAT Newsletter n.16 – ottobre 2019

di Elena Mussinelli

Gli effetti dell’innovazione tecnologica e dei processi di digitalizzazione dell’informazione sono sempre più pervasivi: i nuovi sistemi software e i sofisticati dispositivi hardware che sfruttano le potenzialità dell’intelligenza artificiale moltiplicano i canali d’accesso all’informazione e forniscono inedite soluzioni per affrontare i problemi della vita e soddisfare bisogni individuali e collettivi.

Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), con il World Wide Web (WWW), i social media e l’“internet delle cose” (IoT), trova vastissimi ambiti di applicazione: dalla salute, alla mobilità, all’ambiente, ai beni culturali; dalla pubblica amministrazione all’economia, alla finanza, al lavoro e all’industria/impresa 4.0; dalla sicurezza, al consumo di beni e servizi, sino ai luoghi dell’abitare privati e comunitari.

Nell’economia della conoscenza l’intelligenza collettiva, già nel 1994 definita da Pierre Lévy come “distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze”, diventa il perno attorno al quale ruota una società mediata dall’informazione digitale in tutte le varie forme: finanziaria, economica, commerciale, culturale, mediatica o formativa.

Uno scenario dinamico, che registra trasformazioni repentine e accelerazioni imprevedibili, a fronte del quale il dibattito non dovrebbe incentrarsi unicamente – come spesso avviene – sugli aspetti dell’agenda digitale per la modernizzazione delle pubbliche amministrazioni e sugli investimenti infrastrutturali (banda larga, data centre, ecc.), per porre anche l’attenzione all’impatto sociale della rivoluzione informatica e digitale.

Questo ancor più nel contesto italiano, dove a un accentuato digital divide corrispondono bassi livelli di consapevolezza e cultura digitale. L’“indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI)”, attraverso il quale la Commissione europea monitora la competitività digitale dei 28 Stati membri, restituisce infatti per l’Italia una situazione complessivamente molto critica (24º posto), e particolarmente arretrata per quanto concerne il livello delle competenze digitali del capitale umano (26º posto): più della metà degli italiani non possiede competenze digitali di base, e molto bassa è anche la percentuale di specialisti TIC (con solo l’1 % di laureati, ben al di sotto del 3,5% della media UE); molto lento pure il processo di transizione digitale nei comparti industriali e dei servizi, dove le imprese sono spesso di piccole dimensioni e ancorate a modelli produttivi e organizzativi tradizionali.

Non si tratta quindi solo di colmare carenze di natura tecnica e infrastrutturale, ma di promuovere una nuova cultura digitale trasversale ai diversi ambiti della società. Tema al centro di numerose politiche comunitarie che, anche con il sostegno del programma Horizon 2020, hanno promosso progetti di ricerca finalizzati a ridurre la distanza tra scienza e società, nella prospettiva di una innovazione consapevole delle proprie implicazioni sociali ed etiche.

In tutta Europa vanno così nascendo e moltiplicandosi i “centri di cultura digitale”: strutture museali e gallerie d’arte che aggiornano i propri statuti e ruoli, trasformandosi in laboratori multimediali, hub tecnologici sperimentali nei quali ci si interroga su come le scienze e l’innovazione tecnologica si interfacciano con il mondo dell’arte e della creatività.

E’ in questo fertile contesto che nasce MEET il Centro Internazionale per la Cultura Digitale di Milano, promosso e diretto da Maria Grazia Mattei in collaborazione con Fondazione Cariplo. Una impresa sociale che mira a colmare il divario digitale del Paese, mettendo in valore l’esperienza di Meet the Media Guru, la piattaforma di disseminazione della cultura digitale e dell’innovazione che, dal 2005 ha portato in Italia, in molti casi per la prima volta, più di 100 guru dell’innovazione e della creatività. Personalità rilevanti che sono state in grado di indagare, anticipare e progettare le trasformazioni sociali e i modi di vedere e fare impresa, cultura e informazione: da Lawrence Lessig, docente alla Stanford University e padre dei creative commons, a John Lasseter, fondatore della Pixar e due volte premio Oscar; dal sociologo Manuel Castells, autore della trilogia sull’“età dell’informazione” all’ingegner Donald Norman, studioso dei processi cognitivi umani; dall’antropologo Arjun Appadurai, con la sua teoria dei “flussi culturali globali”, a Georges Amar, docente all’Ecole de Mines ParisTech e ideatore dell’homo mobilis; da Derrick de Kerckhove, con la sua teoria dell’“intelligenza connettiva”, sino a Francis Ford Coppola ed altri ancora.

Anche con l’avvio di collaborazioni internazionali con istituzioni culturali di rilievo che operano sui temi del digitale, quali quelle con il George Brown College e l’Institute Without Boundaries diretto da Luigi Ferrara; con Ars Electronica, attiva a Linz dal 1979 nell’analisi critica della rivoluzione digitale; con Gluon, la piattaforma di arte, scienza e tecnologia di Bruxelles; con ZKM Digital, il centro per l’arte e i media digitali di Karlsruhe; con l’IRCAM di Parigi; con il Public Art Lab di Berlino; con il RIXC, il centro per la cultura dei nuovi media di Riga; con il MuDA, il museo svizzero delle arti digitali; e, dal 2015, con la partecipazione al Digifest di Toronto.

Un patrimonio di testimonianze ed esperienze che ha aggregato una community di oltre 60.000 persone, e che il centro MEET eredita e rilancia, per continuare a ragionare sull’impatto delle tecnologie nella vita quotidiana, per una pratica consapevole e informata della cultura digitale.

MEET si propone infatti quale condensatore sociale di idee, struttura di servizio per favorire l’accesso alla cultura digitale e per promuovere la cooperazione tra le persone, non solo favorendo la comprensione dei processi di innovazione delle ICT, dei device e delle tecnologie abilitanti, ma anche supportando la produzione di contenuti, prodotti e servizi legati al digitale.

Insediato presso l’ex spazio Oberdan, acquisito da Fondazione Cariplo e ora in corso di ristrutturazione su progetto della Carlo Ratti Associati, gli oltre 1200 metri quadri del Centro saranno utilizzati in collaborazione con la Fondazione Cineteca Italiana per lo svolgimento di molteplici attività, per dar vita a un luogo di cross-fertilization della conoscenza, dove l’incontro e lo scambio sono improntati a un approccio esperienziale e immersivo, con mostre e installazioni interattive, spazi per la ricerca internazionale e l’innovazione, laboratori creativi di sperimentazione e produzione, masterclass e percorsi formativi.

Una sfida complessa, che ha l’ambizione non solo di mettere in condizione le persone di conoscere e usare le nuove tecnologie digitali, anche di comprendere e governare consapevolmente le ricadute sociali e culturali dell’innovazione.

Motore instancabile del Centro è Maria Grazia Mattei, giornalista e critica d’arte che ha iniziato a occuparsi di innovazione in tempi non sospetti, quando – già negli anni 80 -, ha viaggiato alla scoperta delle forme nascenti della cultura digitale, dalla video arte alla computer grafica, alla cinematografia digitale e alla realtà virtuale, frequentando e coinvolgendo artisti, ingegneri, informatici, architetti, urbanisti, sociologi e antropologi nell’esplorazione del mutamento tecnologico, mettendo al centro la conoscenza delle dinamiche di innovazione come processo mentale in stretto rapporto con la trasformazione sociale.

Il nuovo “umanesimo digitale” promosso attraverso MEET rivendica il ruolo strategico delle scienze sociali e umane nel far fronte all’impatto sociale dell’innovazione tecnologica. Non a caso gli obiettivi del programma di attività del Centro per i prossimi 5 anni si esprimono soprattutto in termini di capacità relazionali e di coinvolgimento delle persone: 5.000 partnership per progetti internazionali, 50.000 persone coinvolte attivamente, una community di 200.000 iscritti.
Un progetto ambizioso, il cui auspicabile successo potrà certamente contribuire a far maturare una coscienza culturale critica più attenta alle opportunità e ai rischi della transizione digitale.

Incontro di Meet the Media Guru