La Cina è vicina

UCTAT Newsletter n.69 – luglio 2024

di Giovanni Castaldo

Un campus universitario per oltre 25.000 studenti, di nuova realizzazione, programmato nel 2013, progettato nel 2015 e completato nel 2019, in soli 4 anni. È stato costruito in una zona originariamente rurale a ovest della città di Xi’an, nella Provincia della Shaanxi, nella Cina Centrale. È parte del programma delle amministrazioni locali di sviluppo insediativo di Xi’an verso nord-ovest, con l’insediamento di aziende, centri di ricerca e per l’appunto di un nuovo polo universitario. Si tratta di un grande recinto, di oltre 160 ettari di estensione, con gli edifici per la didattica e la ricerca organizzati lungo una maglia stradale regolare, con al centro l’edificio principale della Xi’an Jiaotong University. Il campus, denominato Innovation Harbour, è dotato di tantissimi servizi: 1 centro sportivo, 1 piscina, 7 mense, 1 biblioteca, 1 museo della scienza, residenze per studenti, docenti e personale amministrativo. Si aggiungono poi 2 stazioni della metropolitana che permettono il collegamento con il centro città (in circa 45 minuti). Xi’an è una città relativamente poco nota al di fuori dalla Cina, se non per essere la località dell’”esercito di terracotta”. In realtà è una importante città cinese, una delle capitali storiche dell’impero, oggi metropoli di oltre 8,5 milioni di abitanti, in crescita demografica e forte sviluppo socioeconomico.

È qui dove mi sono ritrovato nel mio primo viaggio in Cina, a inizio marzo di quest’anno, e dove ho passato sei settimane. Con altri colleghi del Politecnico di Milano siamo stati coinvolti per tenere in inglese alcuni corsi presso l’università di Xi’an a seguito dell’accordo di collaborazione e scambio tra i due Atenei (Joint School of Design and Innovation Centre). Il mio impegno didattico ha riguardato il corso di Fondamenti di Tecnologia dell’Architettura. Un corso teorico, con anche alcune attività esercitative, rivolto a studenti del primo anno del corso di laurea in architettura – per la precisione 120 studenti –, a cui trasferire conoscenze di base relativamente a materiali, componenti e sistemi costruttivi.

Un’esperienza particolarmente sfidante, non solo per il fatto di dover comprimere in sei settimane un programma che al Politecnico di sviluppa nell’arco di un semestre, ma anche e soprattutto per dover entrare in sintonia con un modello didattico e culturale diverso rispetto a quello a cui sono abituato a Milano.

In aula gli studenti appaiono molto rispettosi, quasi intimiditi, tanto che è difficile coinvolgerli in un dialogo in pubblico e sviluppare un approccio interattivo. Però, appena c’è una pausa oppure al termine delle lezioni, nel rapporto ristretto o individuale, si aprono e dimostrano grande curiosità e voglia di confrontarsi.

Ai docenti è chiesto il continuo trasferimento agli studenti del materiale didattico (presentazioni, riferimenti bibliografici), così da permettergli di studiarle in anticipo; oltre a comunicazioni settimanali con indicazioni e istruzioni aggiornate sulle attività in itinere. Un lavoro tanto impegnativo per i professori – che anche nei giorni liberi da lezioni in aula devono finalizzare le presentazioni e interagire con gli assistenti –, quanto per gli studenti – sui quali pesa un monte ore di lezione e studio particolarmente elevato, tutti i giorni, compresi i weekend, dalla mattina presto fino alla sera tardi.

In sede di esame, nonostante le barriere linguistiche e i limiti legati alle tempistiche compresse del corso, ho potuto constatare un complessivo buon livello di acquisizione delle conoscenze.

Anche le attività esercitative – attività di gruppo riguardanti l’analisi degli elementi costruttivi di alcuni casi studio – hanno visto una buona partecipazione. Proprio nell’attività di gruppo ho potuto cogliere un’altra sfaccettatura della loro cultura. Gli studenti, nel lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo comune, erano desiderosi di far emergere il loro contributo individuale, spingendoli ad approfondire i dettagli costruttivi, a imparare a usare nuovi software di modellazione 2d e 3d, a fare analisi aggiuntive. Si è innescata così una sana competizione, sia tra i membri dei singoli gruppi di lavoro, che tra i diversi team, permettendo di raggiungere esiti talvolta sorprendenti per grado di approfondimento e analisi critica.

L’esperienza in Cina, seppur breve, è stata significativa e offre alcuni spunti di riflessione. Prima di tutto, è fondamentale che i docenti dedichino tempo e responsabilità adeguati alla didattica. Al Politecnico di Milano, molti professori sono coinvolti in attività di ricerca e compiti amministrativi, che possono distogliere dalla loro principale missione di insegnamento e interazione con gli studenti. Questo problema è complesso e legato anche ai meccanismi di finanziamento delle università italiane, che spesso premiano la ricerca.

È infine necessario migliorare il livello di preparazione degli studenti, creando un ambiente didattico che premi il merito e l’impegno. Al Politecnico – faccio riferimento ai corsi di laurea in architettura – le valutazioni medie tendono ad essere elevate, causando un appiattimento dei voti degli esami e non dando il giusto merito alle eccellenze.

Come in tutte le realtà, ci sono luci e ombre (in primis alcuni appesantimenti burocratici non indifferenti), ma questo periodo in Cina mi ha arricchito molto e fatto iniziare a scoprire una nuova cultura con la quale è in corso un positivo scambio e confronto sulla didattica e sulla ricerca.

Innovation Harbour, Xi’an, 2024.
Analisi di un caso studio sviluppata da un gruppo di studenti.
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