La residenza universitaria

UCTAT Newsletter n.56 – maggio 2023

di Giovanni Castaldo

L’accampamento di 20 tende da ormai un mese in Piazza Leonardo da Vinci a Milano ha meritoriamente portato all’attenzione dell’opinione pubblica il problema del caro affitti e della carenza di residenze studentesche. 

La particolare conformazione e diffusione degli Atenei italiani, con poli universitari anche in città di medie dimensioni e con sedi decentrate, unita ad alcune caratteristiche socio-culturali del nostro Paese – in Italia il 73% gli studenti universitari vivono in famiglia a differenza di quanto succede nei Paesi Scandinavi, ad esempio, dove tale situazione interessa una quota di studenti compresa tra il 4% e il 12% -, ha fatto sì che la problematica di una adeguata residenzialità per studenti universitari sia stata affrontata dai decisori pubblici con grandi ritardi.

Con la legge 431 del 1998 venivano previste per la prima volta agevolazioni fiscali per gli affitti a studenti fuori sede. Solo nel 2000 si assiste ad una vera innovazione in materia, quando il legislatore nazionale, rendendosi conto del notevole divario di offerta di residenze dedicate rispetto agli altri Paesi europei – all’epoca l’Italia si collocava agli ultimi posti in Europa per consistenza di posti alloggio pro capite, con un misero 2% degli studenti sistemato in residenze universitarie –, ha dato avvio ad un approccio organico con la promulgazione della legge 338: un programma pluriennale di cofinanziamento pubblico per la realizzazione di nuove residenze universitarie.

È iniziato pertanto un riordino del settore, nell’ottica di continuità dei finanziamenti, con nuove norme procedurali. Un faticoso processo riformatore che ha posto anche al centro l’aspetto della gestione delle residenze. Problema non da poco, che rimanda alla dimensione organizzativa del processo edilizio esteso all’intero ciclo di vita delle opere e al controllo dei costi.

Questo rinnovamento ha visto tra i principali protagonisti i professori Romano Del Nord e Giuseppe Catalano, che a livello ministeriale hanno orientato le politiche tecniche degli ultimi vent’anni.

Si è proceduto quindi per Bandi successivi, per la costruzione di nuove residenze ma anche per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, con la definizione di precisi standard spaziali e di servizi allo studente per garantire adeguata qualità abitativa. Quindi non solo posti letto ma anche spazi per attività culturali (spazi per lo studio, per seminari, convegni, ecc.) e ricreative (spazi per il tempo libero, lo svago, il gioco e lo sport), nell’ottica di una moderna residenzialità universitaria. Requisiti spaziali e funzionali definiti in base a ricerche su casi studio ed esperienze internazionali, con approfondimenti sull’efficacia delle politiche di intervento e delle diverse soluzioni tecno-tipologiche. 

Un lavoro di studio e analisi portato avanti in particolare dalla Facoltà di Architettura di Firenze, con il Centro Interuniversitario di Ricerca TESIS, istituito già nel 1992 dal prof. Romano Del Nord da un’intesa tra i docenti delle Università degli Studi di Firenze, Milano e Roma “La Sapienza” e oggi ancora attivo attraverso una convenzione tra Università degli Studi di Firenze e di Roma “La Sapienza” e Politecnico di Torino. Un centro studi a supporto delle decisioni e del rinnovamento normativo, che nel tempo ha fortemente cooperato con i ministeri dell’università e della ricerca.

Una azione che ha dovuto fare i conti comunque con i limiti delle risorse pubbliche dedicate e con le ricorrenti carenze tecnico-amministrative delle stazioni appaltanti degli Atenei italiani.

Nell’arco di vent’anni sono stati emanati quattro Bandi di cofinanziamento, che hanno portato alla realizzazione di circa 50.000 posti letto. Un significativo balzo in avanti per il sistema italiano, anche grazie a politiche e indirizzi chiari che non hanno tuttavia evitato ritardi nelle fasi realizzative.

Nell’ambito del PNRR nel 2022 è stato emanato il quinto Bando di cofinanziamento, con una notevole accelerazione per l’ambiziosa prospettiva di realizzare entro il 2026 ben 65.000 nuovi posti letto (cioè sostanzialmente raddoppiare la dotazione di posti-alloggio in soli quattro anni!).  Per far fronte a tale obiettivo e agli stringenti limiti temporali, il quinto Bando prevede diversi elementi di innovazione. A partire da uno snellimento procedurale con la presentazione di un progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE) invece di veri e propri progetti definitivi ed esecutivi, ma corredato da un piano di gestione per evitare che a lavori conclusi si procrastini la messa in esercizio delle strutture. Il quinto Bando inoltre, per la prima volta nell’ambito della legge 338/2000, ammette iniziative da parte di operatori privati.

Tantissimo rimane ancora da fare, con possibilità di un qualche successo solo se si avrà la capacità di considerare e risolvere le tante criticità che sovrastano gli interventi pubblici nel nostro Paese: snellimenti burocratici, nuove procedure di controllo dei progetti, un rinnovato rapporto tra stazioni appaltanti e imprese, anche sviluppando nuove professionalità e competenze gestionali spesso carenti nel settore degli appalti pubblici.

L’attuale dibattito sul caro affitti e sulla mancanza di un adeguato numero di posti alloggi in residenze studentesche dovrebbe partire da una attenta conoscenza della materia. Da un lato delle normative nel settore delle opere pubbliche e in particolare di quelle relative alle residenze universitarie che rimandano ad una storia di politiche tecniche e di realizzazioni ormai ventennale e a una prospettiva di implementazione delle dotazioni legate all’attuazione del V Bando di cofinanziamento. Dall’altro delle politiche urbanistiche che influenzano il mercato immobiliare e quindi anche i prezzi di affitto. In questo senso a Milano, dove il problema è partito con la prima clamorosa dimostrazione, l’amministrazione comunale è tutt’altro che esente da responsabilità. A partire dal fatto che non ha messo in campo normative specifiche per regolare il mercato della locazione, con ad esempio contratti per affitto a studenti con agevolazioni fiscali per i locatari (come invece è stato fatto dal Comune di Torino), né ha regolamentato il settore degli “affitti brevi”, che impattano negativamente sui prezzi di locazione tradizionale. Ma soprattutto l’amministrazione comunale non è stata in grado di ottenere un adeguato ritorno pubblico dalle tante trasformazioni urbanistiche attuate negli ultimi anni, che avrebbero potuto finanziare la costruzione della “città pubblica”, cioè l’insieme di servizi che determinano la qualità sociale e il benessere delle comunità. In questo senso una diffusa realizzazione di alloggi a prezzi accessibili avrebbe permesso di ampliare l’offerta residenziale e di contenere l’innalzamento dei prezzi di vendita e di affitto a vantaggio di tutte le categorie sociali, non solo studenti ma anche lavoratori e famiglie.

Giancarlo De Carlo, Collegio universitario, Urbino.
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