Le criticità di Santa Giulia

UCTAT Newsletter n.54 – marzo 2023

di Andrea Tartaglia

Gli interventi previsti per le Olimpiadi invernali 2026 prevedono la realizzazione di una nuova e importante struttura all’interno del comparto da sviluppare denominato Santa Giulia Nord. Per valutare gli impatti di tale intervento bisogna però considerare un quadrante urbano più ampio che a partire da viale Forlanini interessa il quartiere Tagliedo e prosegue fino alla Stazione di Rogoredo delimitato a ovest dalla cintura ferroviaria e a est dalla tangenziale. Un ambito che si relaziona con il tessuto urbano più consolidato di Milano attraverso il nodo dei Tre Ponti, un sottopasso che collega piazzale Ovidio all’area dell’ex Macello e del mercato Ortofrutticolo e un sottopasso pedonale che, in adiacenza al nuovo sviluppo terziario denominato Spark, dà accesso alla Stazione di Rogoredo e al piazzale ad essa antistante.

All’interno dell’ampio ambito ancora irrisolto e non sviluppato dell’ex Montedison, la proposta per i Giochi Olimpici prevedeva, in coerenza con l’originale masterplan del progetto di Santa Giulia, la realizzazione di un palazzetto che avrebbe ospitato le partite di hockey. La nuova arena olimpica è stata denominata Palazzo Italia e il progetto, ormai in fase avanzata, è stato affidato al recente vincitore del Premio Pritzker David Chipperfield. Una struttura per 16.000 persone che dopo la conclusione dei giochi olimpici e paraolimpici diventerà un’arena multifunzionale in grado di ospitare diverse tipologie di eventi sia sportivi che di pubblico spettacolo.

Per capire l’eredità che verrà lasciata da un intervento di questo tipo è però necessario prima riflettere sulle ragioni che oggi spingono una città ad organizzare un’olimpiade ovvero un grande evento come lo è stato pochi anni fa l’EXPO 2015.

In origine i grandi eventi venivano organizzati come momento di incontro e conoscenza, per aprirsi al mondo e per conoscere le eccellenze nei diversi settori, ma anche come occasione per rilanciare e far crescere i territori attraverso la realizzazione di infrastrutture necessarie che spesso rappresentavano la vera eredità. Si pensi all’Expo del 1906 di Milano che ha lasciato alla città Parco Sempione e l’acquario. Anche i giochi invernali la cui prima edizione risale a Chamonix 1924 nascono come grande festa degli sport invernali, come momento di incontro e confronto e solo successivamente verranno denominati Giochi Olimpici.

Questo modello ha funzionato fino al 1960 o poco oltre. Infatti per i Giochi Olimpici di Roma sono state realizzate non solo strutture per lo sport ma soprattutto importanti opere infrastrutturali per la mobilità su gomma che ancora oggi rappresentano degli assi fondamentali per la città e anche per accedere al sistema aeroportuale di Fiumicino.

Da allora però i Giochi iniziarono a produrre effetti critici sulle economie cittadine in quanto producevano strutture costose che non si ripagano e che spesso sono state oggetto di abbandono e decadenza (si pensi ad alcuni impianti se non addirittura allo stesso villaggio olimpico di Torino 2006). Per tale ragione inizia a svilupparsi un modello diverso per i grandi eventi in cui l’intervento strutturale diventa meno significativo rispetto invece alla capacità di organizzazione che un Paese o una località è in grado di esprimere per attirare anche l’attenzione degli investitori internazionali nei periodi successivi all’evento stesso. Questo è avvenuto ad esempio con l’EXPO 2015 che certamente è stato un grande successo dal punto di vista comunicativo, riportando la città alla ribalta internazionale e attraendo così investitori e operatori da tutto il mondo. Tutto ciò anche se alcune delle infrastrutture previste tra le opere definite come indispensabili in fase di programmazione non erano poi state realizzate (come ad esempio il collegamento con la metropolitana 5 tra l’aeroporto di Linate e il passante ferroviario di Dateo).

L’eredità che si ricerca non è più principalmente strutturale e fisica ma potremmo dire invece immateriale e di accelerazione di processi economici e trasformativi già in atto. Infatti certamente la realizzazione dell’arena di Chipperfield sta anche accelerando la definizione delle progettualità esecutive di tutto il comparto di Senta Giulia Nord.

Ma tutto ciò è sufficiente per questo ambito urbano?

Si tratta di un’area da molti decenni oggetto di progetti di trasformazione in alcuni casi mai attuati e in altri solo parzialmente, soprattutto con riferimento all’infrastrutturazione pubblica. Il primo piano progetto per le aree allora denominate ex Montedison e ex Redaelli (poi divenute Santa Giulia Nord e Sud) è stato affidato nel 1983 e il conseguente piano particolareggiato fu approvato nel 1990. Ma già allora i documenti sottolineavano l’importanza della risoluzione di tre elementi di interesse pubblico necessari anche per definire l’ossatura su cui impostare le realizzazioni private:

  • l’innesto della strada Paullese;
  • il rapporto con la Stazione di Rogoredo;
  • un collegamento di trasporto pubblico locale su ferro tra nord (Forlanini) e sud (Stazione di Rogoredo).

Da allora si sono succedute molteplici proprietà e progetti. Nella Biennale del 2006 il progetto di Norman Foster per Santa Giulia era stato presentato come uno degli interventi di ridisegno urbano più significativo a livello Europeo. Ma sappiamo come la sua conclusione sia ancora lontana. Si è completato lo sviluppo dell’ambito Sud ma senza ancora rispondere e/o risolvere i tre elementi di infrastrutturazione pubblica individuati nel 1990.

Forse l’evento del 2026 potrebbe diventare l’occasione per definire e attuare il sistema pubblico di connessioni e mobilità a cui dovrebbe corrispondere la città privata. Invertendo di fatto il modello adottato in modo sempre più dirompente negli ultimi decenni in cui è stata le città privata a definire e disegnare la città pubblica e a dettarne le regole.

Nel novembre 2019, UCTat ha organizzato con il Municipio 4 il Convegno “Rogoredo/Santa Giulia/Taliedo. Le tre sfide”, nel corso del quale ha approfondito le problematiche della riqualificazione di un vasto sistema di aree in stato di degrado e parziale abbandono che include l’ambito di via Medici del Vascello e l’ampio comparto compreso tra le vie Zama, Bonfadini e Salomone. Un’area di complessivi 3 milioni e 700.000 mq. la cui rigenerazione funzionale e ambientale potrebbe determinare significativi alla scala dell’intero quadrante sud-est di Milano.

Nonostante i numerosi sviluppi immobiliari promossi da importanti operatori (Investire SGR, Lendlease, Generali) sia già realizzati che e in corso (Santa Giulia Sud, Merezzate, il business center con gli interventi di Spark One e Spark Two, il Connecto Center, il rifacimento dell’Ortomercato, il Bosco della Musica del Conservatorio a Rogoredo, Santa Giulia Nord con l’Arena Olimpica, per citare i più importanti), permangono irrisolte alcune rilevanti criticità:

  • manca un programma chiaro finalizzato al completamento del sistema infrastrutturale (prolungamento/interramento Paullese, metrotranvia Rogoredo-Forlanini, riqualificazione stazione ferroviaria di Rogoredo); resta ancora incompiuta la realizzazione del grande parco tra la parte di Santa Giulia nord e sud e non esiste una strategia d’insieme per la riqualificazione degli spazi pubblici, oggi disordinati e disconnessi, quando non fortemente degradati;
  • l’intero ambito che gravita attorno al grande complesso immobiliare di via Medici del Vascello è in stato di abbandono e presenta situazione di grave degrado, anche con notevoli problemi di sicurezza;
  • il grande comparto delimitato dalle vie Zama, Bonfadini e Salomone, di oltre 300.000 mq. è largamente sottoutilizzato e in parte anche degradato, pur presentando un alto livello di accessibilità (nuova stazione Zama della Circle Line).

Tra le diverse proposte che abbiamo presentato in occasione del Convegno, vale qui richiamare l’ipotesi di localizzazare proprio in quest’ultimo comparto una Grande Funzione Urbana (GFU), ovvero un Hub della Creatività dedicato allo sviluppo dell’industria culturale. Concentrando qui attività, attrezzature e servizi – oggi disperse nella città – delle filiere produttive della Musica, delle Arti visive e della Multimedialità; con attività accessorie per il tempo libero, il benessere, lo sport e la ristorazione. Una ipotesi in linea con le dinamiche insediative già in atto, che hanno visto localizzarsi qui asset importanti (SKY, Produzione RAI, Fabrique, Gucci Hub, Spazio East Ends Studios, M 77 Gallery, East Est Market, ecc.), e che in prospettiva poteva prevedere anche la localizzazione della sede milanese della RAI.

Sempre nel 2019, con la Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura SITdA, abbiamo promosso il “Workshop progettuale RE-Live” per la riqualificazione del comparto di Via Medici del Vascello, che ha esitato sedici progetti per la fattibilità tecnica ed economica di tale intervento, presentati pubblicamente al MADE 2020 e ampiamente documentati in una pubblicazione (AAVV, Progettare in vivo la rigenerazione urbana, Maggioli Editore Politecnica 2020).

Se certamente i Giochi potranno avere ricadute positive per la città e il suo sistema economico, non si comprende perché non possano rappresentare una occasione per delineare un percorso di rigenerazione anche per questo brano di città. Dopo decenni di progettualità parziali e interventi interrotti, forse per questo quadrante le Olimpiadi rappresentano l’ultima chance per risolvere a nodi e criticità troppo a lungo irrisolti e rimandati, per dare compiutezza a un processo decisionale pubblico che, dal 1990 a oggi, ha invece mostrato troppi tentennamenti e indecisioni.

Arena olimpica Palaitalia.
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