UCTAT Newsletter n.61 – novembre 2023
di Paolo Elli
Il paesaggio urbano può essere oggetto, tra gli altri, di due livelli di lettura: macro e micro.
Se il livello del “macro paesaggio” viene soprattutto connotato e percepito dalla combinazione della trama di strade/piazze/spazi pubblici e verde unitamente ai caratteri morfologici e volumetrici dell’edificato, per il livello“micro”, inteso qui soprattutto come insieme degli elementi tecnici che conferiscono fisicità agli spazi pubblici, ecco che allora ai caratteri morfologici, che ne connotano gli aspetti visuali, si affianca inevitabilmente la qualità esecutiva e di manutenzione degli stessi.
Laddove si riscontrino carenze in questi due ultimi ambiti inevitabilmente vengono compromessi gli aspetti sia di tipo percettivo sia di tipo fruitivo.
Il “flaneur” urbano che con occhio attento e critico si diletti a bighellonare a piedi o in bicicletta per la gran città di M. non può non notare con rammarico la decadenza crescente della qualità gestionale e manutentiva, ma anche spesso pianificatoria, che affligge da tempo questi ambiti del micro paesaggio urbano.
Queste problematiche, tra l’altro, non affliggono solo zone marginali del contesto urbano, ma sono diffuse a macchia di leopardo indifferentemente nella maggior parte del territorio comunale
A titolo esemplificativo possiamo prendere in considerazione alcune categorie di opere/manufatti (pavimentazioni e reti drenanti – verde – segnaletica stradale – colonnine ricarica veicoli elettrici) interessate da questi fenomeni e ci rendiamo così subito conto delle criticità indotte da questo stato di cose, tra le quali indubbiamente si ascrive la perdita “caratura” dell’immagine che in certi ambienti si vorrebbe fosse connotante della nostra città quale “metropoli” (parolone….) efficiente e modello indiscusso di sviluppo (le “magnifiche sorti e progressive”….?).
Emblematica di questo stato di cose può, a mio avviso, essere considerata la pista ciclabile di via Monte Rosa, esempio agli antipodi di quell’approccio “cost effective design” cui dovrebbe informarsi qualsiasi opera pubblica, un festival di cordoli – rampette – raccordi e scivoli, opera realizzata in più di 5 anni di lavori a singhiozzo, oggi sostanzialmente completata ed agibile,
Nell’ultima tratta realizzata, tra p.za Amendola e via Tempesta, soprattutto nel tratto da via Pagliano a via Tempesta, da me percorsa successivamente ad un piovasco si riscontra la situazione illustrata dalle immagini qui inserite: ampia distesa di pozze d’acqua (anche molti attraversamenti pedonali allagati) per evidenti errori di esecuzione – progettazione – controllo con caditoie smaltimento acque regolarmente posizionate nei punti alti della pavimentazione.
Non servono commenti, peccato che i costi siano pagati con imposte e tasse dai cittadini…
Per restare in tema non si può non citare il capolavoro diffuso delle bocche di lupo per scarico acque meteoriche. Un tempo realizzate con lavorazione dei masselli di granito dei cordoli marciapiedi, ricavando aperture idonee per dimensione e forma ad imboccare i pozzetti fognari, negli ultimi anni, a seguito di lavori manutentivi, quando non sono anche state parzialmente occluse dalle riasfaltature, sono state modificate raccordandole all’interno con tubi plastici di sezione ridotta, alterando così la portata e la funzionalità dell’imbocco originario che consentiva anche uno smaltimento almeno parziale di fogliame e piccoli rifiuti senza occludere lo scarico. Il risultato lo sperimentiamo assai spesso.
Nell’ambito delle pavimentazioni stradali meritano sicuramente attenzione situazioni di degrado quale quella illustrata dell’attraversamento pedonale di via Domodossola a servizio della stazione Ferrovie Nord e Metropolitana.
Il dissesto evidente, che permane da anni e assai mal rattoppato, ne rende oltre tutto pericolosa la percorrenza ai veicoli a due ruote.
Una sola immagine può dar conto della trascuratezza che affligge spesso anche il verde urbano: una aioletta in piazza De Angeli si trova da anni in queste condizioni…e sicuramente concorre, insieme ad altre analoghe, anche a garantire gli standard del verde urbano fissati dalle normative urbanistiche.
Altre situazioni di abbandono e mala-gestio sono evidenti nell’accumulo di rifiuti abbandonati e non mai rimossi da chi di dovere…
La categoria “segnaletica stradale” riserva poi un panorama desolante con ricadute perniciose per la sicurezza degli utenti. La gran città di M. potrebbe essere a buon titolo eletta “città delle paline cadenti”; peccato che i desideri collegati, personalmente da me espressi anche anni addietro con formali comunicazioni all’Amministrazione Comunale, non abbiano sortito alcun effetto come dimostra il continuo persistere della “malattia”. Un buco nel prato, una secchiata di malta e via. Ma chi stabilisce lo standard per le fondazioni di questi elementi? Chi controlla gli esecutori? Chi risponderà per i danni potenzialmente assai gravi che possono derivare agli utenti da questo stato di cose?
Infine, ma solo perché cronologicamente di più recente attualità, l’invasione incontrollata di “colonnine ricarica” veicoli elettrici senza uno straccio di pianificazione e programmazione.
Le immagini evidenziano, senza necessità di particolari commenti, la fortissima difformità di impatto visuale e di ingombro/ostacolo fisico che connotano questi componenti, con il massimo dell’orrido nell’”armadio” doppio in carreggiata (ci si augura che la mal destrezza di qualche automobilista provveda presto alla sua distruzione…)
Non è assolutamente accettabile la totale anarchia di collocazione dispersa a caso per strade e marciapiedi: troppo complicato evidentemente raggruppare in aree dedicate a livello di quartiere/isolato queste “utilities” conferendo loro un minimo di dignità e senza infestare il “paesaggio urbano” sempre più compromesso.
E forse imporre anche dei canoni estetico-formali che conferiscano uniformità a questi componenti…
Un quadro ancor più desolante lo possiamo riscontrare in quasi tutti i casi di sistemazioni del parterre urbano per realizzazione di opere a scomputo oneri, quali quelle per piazze – verde attrezzato e consimili al di sopra degli autosili interrati costruiti da privati in concessione d’uso del sottosuolo: una passeggiata in uno qualunque di questi siti riserva un panorama di squallido degrado di opere mal eseguite, senza alcun controllo pubblico e con collaudi a dir poco superficiali.
Se “Dio è nei dettagli” allora questa povera conurbazione ha ormai smarrito qualsiasi rispetto per il divino.
Il campo poi sarebbe da allargare a ben altri ambiti inerenti agli indirizzi di gestione e sviluppo del territorio urbano, da troppo tempo ormai ridotto a oggetto di squallido mercimonio che genera proliferazione di bubboni edilizi gratuiti e casuali, talvolta gabellandoli anche come emblemi di sostenibilità ambientale.
Non possiamo neanche più parlare di “urbanistica” e di “architettura”: sarebbe come offendere assai nobili discipline.
A questo punto forse non resta che chiederci cosa sia possibile fare per evitare questa inarrestabile deriva improntata come minimo a vacuità culturale, a voler essere buoni….
Alla prossima puntata!


