UCTAT Newsletter n.14 – luglio 2019
di Luca Bisogni
Oggi Milano sta vivendo un momento di notevole fervore di iniziative in campo urbanistico e di sviluppo e rinnovamento urbano, pensiamo ad esempio al nuovo Piano per Milano 2030 nel quale, tra l’altro, l’infrastruttura verde costituisce un elemento fondamentale, al progetto Città Resiliente, al programma di massiccia piantagione di alberi, al progetto di sviluppo del corridoio ecologico del Lambro, al grande tema degli scali ferroviari, allo sviluppo e rinnovo di grandi aree, alle potenzialità operative offerte dal Nuovo regolamento del Verde.
La lettura di tutte le iniziative in corso e previste a Milano mette in luce un filo rosso che le connette: l’emergere di un approccio ecosistemico e l’incorporazione del concetto di Green Infrastructure e di Nature Based Solution nel governo della Città e dell’area periurbana.
Sembra dunque questa la stagione favorevole per costruire una forte, chiara e specifica strategia unificante per una “Milano green infrastructure” Una strategia per ricondurre le diverse iniziative, programmi, progetti e prassi di governo ad un disegno strategico unitario e sinergico adeguato a cogliere e valorizzare le grandi opportunità del momento e ad nell’affrontare le grandi sfide ambientali delle città; a proposito di momento favorevole non dimentichiamoci il recente successo della candidatura di Milano per le olimpiadi invernali del 2026 che porrà Milano al centro dell’attenzione mondiale e rappresenterà una formidabile proficua occasione per la città come già si è dimostrata essere Expo 2015.
I Servizi ecosistemici in relazione alle tematiche urbane sono ormai entrati da tempo sia nella pianificazione territoriale sia nei processi di progettazione anche in relazione ai piani di adattamento e di mitigazione delle città come strumento di risposta agli effetti dei cambiamenti climatici quali come ad es. gli Stati Uniti (U.S. EPA https://www.epa.gov/green-infrastructure) il Canada, l’Australia, New York City, San Francisco, Seattle. la Francia, Stoccolma, Londra e molte altre realtà.
L’utilità dell’infrastruttura verde come strategia di resilienza risiede nel suo fondamentale ruolo multifunzionale; è per tale motivo che le Infrastrutture Verdi che appartengono alla grande famiglia delle Natural Based Solution, sono riconosciute a livello internazionale come un buon strumento particolarmente efficace per raggiungere obiettivi di sostenibilità e di resilienza tramite la pianificazione.
Questo diventa quindi la chiave fondamentale per il raggiungimento dei risultati, ma richiede un cambiamento radicale nei processi e nelle pratiche di pianificazione e di progettazione per integrare pienamente la dimensione ecologica nei loro tradizionali processi.
Le NBS/GI rappresentano lo strumento adeguato in quanto il loro sviluppo presuppone un atto progettuale; quindi necessariamente il progettista e il decisore politico devono essere coscienti delle funzioni ecosistemiche da prevedere nel progetto in relazione alla fornitura di servizi ecosistemici posti in obiettivo.
La Infrastruttura Verde è per sua natura collaborativa; infatti per svolgere appieno il proprio ruolo deve essere basata su un sistema eco-sociale, che ne è parte costitutiva indispensabile per rafforzare i legami alle diverse scale comunali. Ciò significa che l’Infrastruttura Verde collaborativa deve fisicamente e simbolicamente svolgere ruoli e funzioni diverse per coinvolgere un pubblico differenziato; quindi deve mobilizzare competenze differenziate per la sua progettazione e gestione. E’ proprio in riferimento a tale ultimo aspetto che possono svilupparsi meccanismi di auto-resilienza da parte di soggetti economici e di co-resilienza tra soggetti economici e sociali prodotte dalla partecipazione condivisa ad Infrastrutture Verdi di interesse locale. In tal senso, una “rete collaborativa” permette di conservare, implementare e gestire il sistema urbano, periurbano ed anche extra-urbano delle Infrastrutture Verdi, attraverso un sistema collaborativo pubblico-privato.
La Milano Green Infrastructure potrà quindi porsi come obiettivo il progressivo miglioramento della qualità urbana e territoriale e la riduzione delle criticità incorporando una molteplicità di aspetti (polivalenza) che prevedano azioni combinate di conservazione e ricostruzione del capitale naturale e dei servizi ecosistemici presenti sul territorio.
Il campo d’azione della GI è dunque “tutto il verde della città attuale”: parchi e giardini pubblici e privati, il verde tecnologico, siepi filari e macchie della cintura agricola, il sistema idrico superficiale, i délaissés, ecc. e il “nuovo verde” nato con i progetti; gli interventi attuati possono altresì assumere un carattere temporaneo o permanente. Un verde quindi che si articola in un sistema connesso e reticolare che innerva i propri servizi e distribuisce i benefici derivanti su tutto il territorio; un sistema nel quale gli interventi hanno carattere interscalare (edificio, quartiere, zona, città, cintura rurale) e sinergico integrando differenti funzioni ecologiche in risposta alla “domanda” di servizi ecosistemici determinata dalla riduzione delle criticità o dagli obiettivi di qualità ambientale e di benessere dei cittadini o di riequilibrio ecologico.
L’integrazione delle funzioni diventa quindi un prerequisito strategico da perseguire e deve essere praticato attraverso la collaborazione tra diversi soggetti pubblici e privati.
L’integrazione può essere perseguita ad esempio attraverso specifici programmi d’azione che prevedano l’individuazione di tecniche NBS polivalenti attuabili alle differenti scale quindi da differenti soggetti (dal singolo cittadino alla pubblica amministrazione, alle Aziende, ecc.) sia su aree distinte sia attraverso l’integrazione di più funzioni (differenti sistemazioni) sulle stesse aree operando una sorta di zonizzazione funzionale.
Ad esempio molte importanti città hanno da tempo avviato programmi di impiego delle NBS per la gestione delle acque meteoriche o di riduzione delle temperature urbane che fanno ricorso a provvedimenti riguardanti le aree private (interventi alla scala di edificio come i rain garden piuttosto che tetti e pareti verdi o piantagioni di alberi) coordinati con quelli legati al drenaggio delle acque di dilavamento delle strade urbane o dei parcheggi; ancora si sono previsti prevedendo anche sistemi di smaltimento delle acque inseriti in nuovi spazi verdi con piantagioni di alberi ( o in aree verdi esistenti) nei quali sono riservate aree per funzioni differenti senza entrare in conflitto con altri usi quali ad esempio quello fruitivo.
Questi sommari cenni ad alcuni degli interventi che caratterizzano le Infrastrutture Verdi (in realtà la cassetta degli attrezzi di cui disponiamo è molto ben fornita) rendono del tutto evidente come gli stessi provvedimenti citati o loro integrazioni e variazioni possano offrire all’Amministrazione o al Progettista altre possibilità di ampliare le funzioni da sviluppare aumentando il carattere polivalente delle GI e implementando l’efficacia del loro ruolo ecologico. Per esempio, il sistema di infiltrazione delle acque meteoriche o un bacino di ritenzione possono essere associati alla piantagione di alberi, arbusti, fiori che aiutano la biodiversità urbana; altrettanto in un parco pubblico la fauna può essere favorita attraverso la scelta delle specie vegetali appropriate. Altrettanto può esser fatto attraverso una progettazione dei giardini e degli spazi verdi non solo tramite la scelta accurata delle specie da piantare, ma anche attraverso una accorta progettazione e manutenzione differenziata in modo da ottenere un ecomosaico ricco, diversificato e “stabile” per offrire vantaggi e opportunità alla biodiversità. Interessante per quanto riguarda la biodiversità è ad esempio l’approccio Animal-Aided Design (AAD) che prevede la presenza degli animali nella pianificazione in modo tale che siano parte integrante del processo di progettazione.
Solo un cenno infine ad alcune questioni forse meno considerate ma che, a mio avviso, devono essere parte rilevante dei contenuti strategici dell’Infrastruttura Verde in quanto le consentirebbero non solo di implementarne la funzione in ambito urbano, ma di connetterla in modo funzionalmente più forte con quello rurale periurbano.
La prima è l’integrazione dei principi agro-ecologici nella progettazione e gestione degli spazi verdi urbani e nello spazio rurale periurbano; ciò consente evidenti benefici alla biodiversità, al paesaggio e alla produzione di beni e servizi. L’altro aspetto è conferire all’Infrastruttura Verde la caratteristica di “struttura per il metabolismo urbano circolare” che consente di riutilizzare ad esempio i nutrienti generati dal corpo urbano (es. acque depurate, compost) e chiudere localmente (in parte ovviamente) i loro cicli ecologici e ricostituire la componente organica dei suoli. L’altra questione legata alla “circolarità” è legata al servizio che l’Infrastruttura Verde dello spazio rurale può offrire concorrendo alla riduzione di criticità territoriali (es. interventi di gestione locale dei livelli di falda). Una tale prospettiva può essere raggiunta solo a condizione che il sistema socio ecologico ne condivida gli obiettivi e si giovi dei benefici ottenibili dalla costruzione di catene di valore adeguate a supportare nuove economie locali. Ritengo quindi che sia necessario costruire dei soggetti adeguati attraverso nuove forme organizzative del sistema rurale come un “distretto rurale ecologicamente attrezzato” in grado di cogliere la sfida.