UCTAT Newsletter n.27 – ottobre 2020
di Fabrizio Schiaffonati e Elena Mussinelli
È tempo di bilanci, in vista delle elezioni amministrative del prossimo anno. La campagna elettorale è già iniziata ed è facile che la propaganda, come al solito, faccia ombra su una seria analisi di quanto è stato fatto e ciò che si può fare. La memoria dei politici in genere è molto corta.
Fare un bilancio di un’attività pluriennale di un grande comune come Milano è tutt’altro che semplice. Tanti i problemi, aspetti sociali, economici e operativi. Ma non c’è dubbio che le scelte e la gestione dell’urbanistica sono sempre al centro, anche perché più visibili di altre. E poi la “cura della città” è il cuore dell’urbanistica.
Sono passati cinque anni all’Expo. Il Modello Milano è entrato nell’immaginario collettivo e nella vulgata vincente. Tanto da far dimenticare i bistrattati anni Ottanta della Milano da bere. Poi il Covid ha fatto vacillare molte certezze. Lo shock è stato forte e di primo acchito è partita anche qualche autocritica. I grattacieli sono la tipologia migliore? E la mobilità lenta? E i negozi di prossimità? Ecc. Dalla downtown ai borghi…
Ora, alla ripresa autunnale sembra quasi che tutto sia rientrato. Quanto- meno a livello dei media. Il mercato immobiliare sembra muoversi di nuovo e le icone verticali anche. L’autocritica sul modello di sviluppo pare già rientrata.
Ma crediamo che i problemi siano ancora tutti sul tappeto e tanti i nodi irrisolti. Ne tentiamo una sintesi.
1. POST EXPO
Sono passati cinque anni. E quanto ancora per vedere i primi reali insediamenti? Un ingentissimo impegno di risorse pubbliche. L’acquisto di un’area agricola a prezzi esorbitanti, alti costi di infrastrutturazione (la piastra e altro), le gare per la vendita a privati andate deserte. Poi, nuove risorse pubbliche e diritti di superficie novantanovennali, quali garanzie per gli investimenti privati. È il trasferimento dell’Università Statale, con affitti garantiti per trent’anni, ad arginare gli effetti di una mancata programmazione. Una logica statalista degna di miglior causa. Una intrapresa privata sarebbe già fallita.
Il trasferimento da Città Studi avviene poi senza un piano per questa parte di città deprivata di un suo storico insediamento. Un altro grande investimento immobiliare? Necessario? Scelte effettuate senza un vero dibattito. Con il Politecnico che nel frattempo densifica il proprio Campus, cannibalizzando ogni suo spazio libero (il cosiddetto regalo del progetto Piano). Non sarebbe stato più utile e necessario un grande programma di riordino complessivo per valorizzare un ambito urbano tra i più belli e identitari della città?
2. SCALI FERROVIARI
Dopo vent’anni, dopo Pisapia e Sala, la vicenda scali ha imboccato la dirittura d’arrivo. Ma con quale scenario urbanistico e architettonico? Tutto da vedere, come piacendo ai soliti noti, immobiliaristi e archistar. Un lungo percorso su un doppio binario. Da un lato una trattativa privatistica con RFI tutta sugli indici, dall’altro la registrazione estemporanea di desiderata dei cittadini formulati in metafore e suggestioni. Poi incarichi ad archistar, concorsi iperselettivi. Sottoscrizioni di architetti svanite nel nulla. Il tutto senza alcuna linea guida da parte della Amministrazione. Non sarebbe il suo compito?
3. NAVIGLI
Dopo mesi di propaganda per la riapertura dei Navigli, un impegno di 500 milioni, per alcuni anche di 1000, sul progetto è calato il silenzio. Iniziativa non condivisa dalla maggior parte della popolazione, come emerso nel corso di un debat publique che comunque non prevedeva l’opzione zero (!).
Con l’Amministrazione impegnata a ribadirne la fattibilità come impegno programmatico del sindaco.
Il Covid sembrava aver assestato il colpo di grazia. Altre urgenze, altre priorità.
E prima ancora, UCTAT aveva proposto una alternativa:”500 opere per la riqualificazione dei quartieri periferici“.
Ora, tra la disattenzione generale, la proposta riemerge, dalla Citta Metro- politana. Dal Comune alla città metropolitana… da Sala a Sala.
I soldi? 1000 milioni, un miliardo, dal vaso di Pandora del ricovery fund!
4. PIANO DEL GOVERNO DEL TERRITORIO
Col Covid è emersa l’opportunità di una messa a punto del PGT in relazione delle nuove emergenze. Un tema che coinvolge anche il PUM e altre politiche dei servizi, e le stesse tipologie edilizie e abitative. Per togliere dal limbo questioni importanti poste dalla recente revisione dello strumento urbanistico in termini generali e non puntuali: la localizzazione e definizione delle Grandi funzioni urbane, la riabilitazione dello spazio pubblico, la mobilità lenta e le ZTL30, il recupero degli immobili abbandonati. Per passare dalle enunciazioni alla pianificazione attuativa e alle conseguenti realizzazioni. Soprattutto nello spirito di una ripresa dalla chiara impronta ambientale. E con l’Amministrazione comunale in un ruolo attivo, come in ogni ricostruzione.
Le citazioni del dopoguerra e degli anni Cinquanta milanesi si sono sprecate. Ma a questi primi stimoli non è seguito alcun pronunciamento, né un documento culturale e politico dell’Amministrazione. Tutto sembra rientrato nell’ordinaria amministrazione, in attesa di tempi migliori.
Ma non è stato detto, anche con qualche timida autocritica, che è necessario un profondo ripensamento del modello di sviluppo e degli stili di vita? E l’urbanistica come disciplina della qualità dello spazio urbano, delle relazioni funzionali, della razionalità insediativa, esiste ancora?
5. SPAZIO PUBBLICO
Un problema del tutto evidente è il progressivo decadimento della qualità dello spazio pubblico. Piazze e vie, ma anche verde e parchi, presentano una diffusa incuria e vandalismi. Un degrado dei luoghi di tutti. Una preoccupante disaffezione per l’aspetto della città, che pure è patrimonio comune. Il PGT ha indicato una decina di importanti piazze che da troppo tempo attendono una decorosa sistemazione. Troppo poco per una grande città europea che dovrebbe avere una cura primaria di tutto il suo spazio pubblico. Ma, anche per quei pochi luoghi, a quando il progetto? Invece dei maquillage dell’“urbanistica tattica”. Un ossimoro.
6. PERIFERIE
Tema ricorrente degli ultimi cinque anni: recupero e rigenerazione delle periferie. Come compensazione dell’urbanistica opulenta del downtown? Progetti e programmi sempre annunciati. Dal Patto per Milano stipulato con Renzi ad altre quattro o cinque declinazioni (356 milioni per cinque macro- progetti, definiti “il più grande programma del dopoguerra con il Comune come regista”, il piano da 1,6 miliardi per interventi nei 40 quartieri della città e altri ancora). Opere? Grande propaganda, realizzazioni bel poche e marginali. Per non dire della ormai stantia vulgata: l’interminabile progetto di Renzo Piano per Ponte Lambro e i suoi “rammendi”, come al Giambellino. Qualcuno è in grado di citare una significativa opera pubblica nella periferia?
Sempre che non si voglia citare la cosiddetta urbanistica tattica. Un penoso maquillage di luoghi la cui emarginazione risulta ancor più marcata dallo squallore di pochi arbusti in contenitori di plastica e di pavimentazioni dai colori improbabili (piazze Dergano, Angilberto, Porta Genova, Ferrara, e altre a venire…). Uno schiaffo alla sobrietà e all’eleganza milanese, anche quando povera e modesta. Investimenti limitati per interventi di breve respiro e ancor più breve durata; soldi sprecati, meglio spesi se per qualche necessaria e urgente manutenzione: per sistemare i continui allagamenti degli attraversamenti pedonali e i marciapiedi dissestati e indecorosi, per rimuovere tag e graffiti, per depalificare, per razionalizzare e riqualificare i parcheggi….
Temi drammatici in epoca di Covid: basta girare per incontrare sempre più spesso questi luoghi dell’emarginazione sociale, nell’incuria generale.
Per non parlare, ancor più grave, delle occupazioni abusive e dello stato manutentivo dei quartieri anteguerra, anche di quelli che costituiscono un rilevante patrimonio culturale della città.
7. SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
È il mantra da decenni. La crisi del rapporto tempi-costi-qualità di ogni intervento e opera pubblica. Autocertificazioni, semplificazioni, conferenze di servizi, informatizzazione… non sono servite a nulla. Al contrario i tempi di una pratica edilizia si allungano a dismisura. La necessità di contrastare la crisi economica col Covid ha fatto pronunciare tante buone intenzioni, rimaste tali nonostante le proteste, anche degli Ordini e delle associazioni imprenditoriali. Gli indicatori internazionali indicano, dopo di noi, solo la Grecia e la Bulgaria, che comunque qualche miglioramento hanno fatto; mentre noi siamo scesi di qualche punto. Paradosso dei paradossi, anche perché Milano merita altro.
8. DEMOCRAZIA DELIBERATIVA E PARTECIPAZIONE
La democrazia comporta forme di governo che coinvolgano gli utenti, oltre la semplice delega. Un dibattito oggi di grande attualità, per la necessità di allargare la partecipazione politica rispetto all’accentramento dei poteri nelle società complesse. Una esigenza che segna uno spartiacque con ogni forma di autoritarismo. Una scelta anche per informare e condividere, superando contrapposizioni e conflitti. Problema complesso a cui, ad esem- pio, col decentramento istituzionale e amministrativo si è cercato di dare risposte. Tanto più nelle grandi città, dove è sempre più labile il rapporto tra eletti ed elettori. Con evidente disaffezione alla politica. I Municipi rappresentano un’occasione per colmare questo vuoto. Sono il punto di arrivo di un lungo processo, dalla seconda metà del secolo scorso, prima coi Consigli di Zona, e con Milano alla testa di una rivendicazione per la loro istituzionalizzazione.
Oggi invece i Municipi sono marginalmente coinvolti nel processo decisionale. La stanza dei bottoni è altrove. Surrogata da consultazioni estemporanee su decisioni già prese, soprattutto in materia urbanistica. L’UE ha richiamato agli stati membri la crisi di affezione e legittimità democratica, indicando per i prossimi due anni una fase sperimentale di nuove forme di partecipazione, nell’ottica di una “democrazia deliberativa“. Altra cosa rispetto a quanto è stato fatto, ad esempio, per gli scali e la revisione del PGT, per i Navigli, ecc.
Da tempo UCTAT ha posto questo problema: attivare un diverso ruolo dei Municipi, promuovere e valorizzare una loro agenda di temi e proposte, capacitare i cittadini nell’individuare e risolvere i problemi, perché siano attivi e partecipi del processo decisionale.
