UCTAT Newsletter n.20 – febbraio 2020
di Elena Mussinelli
L’aumento delle componenti naturali all’interno della città è tema di grande attualità che quotidianamente trova risalto su tutti i media. E’ inoltre un tema oggetto di numerose ricerche in ambito scientifico, ormai al centro di policies e raccomandazioni istituzionali nazionali ed europee che promuovono l’obiettivo di una città più “verde”, soprattutto attraverso l’utilizzo delle cosiddette Nature Based Solutions-NBS, ovvero soluzioni basate sull’impiego di elementi naturali, quali alberi, prati, aree umide e suoli permeabili, ecc.
In generale infatti è ormai pienamente riconosciuto che la realizzazione di aree con consistente copertura arborea, la formazione di bio-bacini e zone umide, l’incremento delle superfici verdi e permeabili, e la messa in opera di coperture e pareti verdi possono supportare le strategie di adattamento e mitigazione rispetto alle grandi criticità dell’ambiente urbano (isola di calore urbana, eventi meteorologici estremi, inquinamento atmosferico, perdita di biodiversità e alterazione degli ecosistemi). Le masse verdi, ad esempio, possono contribuire allo stoccaggio diretto e indiretto del carbonio, all’assorbimento degli inquinanti aerei e alla regolazione del microclima urbano attraverso l’ombreggiamento e l’evapotraspirazione.
In questa prospettiva sembra quindi muoversi l’azione dell’amministrazione milanese, che sta mettendo in atto un progetto di forestazione urbana molto consistente che prevede l’impianto di 2 milioni di alberi entro le Olimpiadi invernali del 2026, per arrivare a 3 milioni di nuovi alberi entro il 2030, con l’obiettivo di “incrementare il livello di naturalità della città e la sua qualità urbana, di migliorare la qualità dell’aria, degli spazi verdi e delle connessioni naturali, e di aumentare la resilienza urbana agli stress ambientali e agli effetti del riscaldamento climatico”.
A scala urbana, i benefici stimati dall’attuazione del progetto Clever Cities sono stati quantificati in una riduzione di 4/5 della CO2 prodotta e nell’abbassamento di 2-3 gradi della temperatura estiva in città; un recente documento dell’amministrazione1 esplicita inoltre i risultati attesi dall’attuazione del Progetto ForestaMI: assimilazione di 5 milioni ton di CO2 /anno, pari ai 4/5 della CO2 totale prodotta dal Comune di Milano in un anno; abbattimento per assimilazione delle polveri sottili pari a 3.000 ton di PM10 in 10 anni; riduzione dell’effetto isola di calore pari a -2 gradi °C nelle aree urbane; aumento della tree canopy cover della Città Metropolitana pari a + 8%; aumento della permeabilità dei suoli e diminuzione del rischio idrogeologico e incremento della biodiversità e delle infrastrutture verdi e blu (non quantificati). In entrambi i casi non sono reperibili informazioni circa i metodi e gli indicatori impiegati per valutare i benefici previsti. Anche la presentazione del Piano Piantumazioni del Comune di Milano2 esplicita solo indicazioni relative alle quantità in gioco, con una descrizione delle specie arboree più utilizzate, ma non dà informazioni circa le dimensioni degli impianti, i criteri impiegati per le scelte tipologiche e realizzative nei singoli contesti e i benefici ecosistemici previsti/attesi.
A scala metropolitana, i miglioramenti ambientali derivanti dalla forestazione sono stati riferiti a otto grandi ambiti di criticità, sia ambientali che sociali: riduzione dell’effetto “isola di calore”; rimozione degli inquinanti atmosferici e riduzione dell’inquinamento acustico; assorbimento di CO2 e mitigazione del cambiamento climatico; riduzione dei consumi energetici attraverso l’ombreggiamento e la creazione di un microclima (evapotraspirazione); riduzione del ruscellamento e dei i rischi di allagamento; incremento della biodiversità e delle superfici permeabili della città; creazione di nuovi posti di lavoro; miglioramento della salute mentale e fisica dei cittadini. La quantificazione di tali benefici si fonda sull’assunzione che un albero adulto sia in grado di assorbire 0,4 ton CO2/anno, di produrre ossigeno tale da coprire il fabbisogno annuo di 10 persone, di traspirare fino a 450 litri di acqua al giorno e di generare un beneficio economico di 4,7 € per ogni euro investito in piantumazione e manutenzione; e inoltre, che boschi e foreste contribuiscano a diminuire la temperatura da 2°C a 5° C3-4 . Anche in questo caso non è stato possibile evincere i metodi e gli indicatori alla base delle stime effettuate.
Premesso che piantare 3 milioni di nuovi alberi entro il 2030 significa una media di 300mila nuovi impianti all’anno (un valore più di dieci volte superiore a quelli registrati nel periodo 2018/19 – circa 16.000 nuovi alberi – e programmati per il periodo 2019/20 – circa 20.500 nuovi alberi)…, preme qui osservare che la mancata esplicitazione dei metodi e degli indicatori che supportano la stima dei benefici ipotizzati dall’amministrazione non è cosa irrilevante, perché l’introduzione della natura in città rappresenta un’opzione interessante, ma non priva di complessità. Occorre infatti considerare che il comportamento reale delle componenti naturali nell’ambiente urbano è strettamente correlato a molteplici fattori site specific, che non solo condizionano fortemente l’entità dei benefici conseguibili, ma che possono anche determinare effetti negativi indesiderati. Non solo quindi non è possibile piantare alberi ovunque – vuoi per ragioni tecniche (interferenza coi sottoservizi), vuoi per motivazioni paesaggistiche (i caratteri delle piazze italiane non sempre possono contemplare la presenza di alberature) -, ma ogni intervento di piantumazione deve essere attentamente studiato e valutato: la stessa massa verde delle chiome degli alberi che contribuisce a incrementare il comfort termico percepito lungo un viale, può al tempo stesso trattenere gli inquinanti negli strati aerei più bassi, determinandone una maggior concentrazione proprio dove la fruizione è più intensa.
In una recente ricerca su questi temi, ora in corso di pubblicazione5, abbiamo sviluppato un’approfondita analisi della letteratura scientifica e di oltre 150 casi studio realizzati a livello nazionale e internazionale, con l’obiettivo di verificare i benefici ambientali reali generati dall’uso delle NBS in termini sia di incremento della resilienza e della qualità ecosistemica dello spazio urbano, sia di miglioramento delle condizioni di salute e benessere individuale e collettivo. Da tali studi è emerso come le enunciazioni programmatiche siano state spesso tanto ambiziose, quanto lontane dalla realtà; le stime, basate in genere su parametri standard, non sempre hanno considerato i molti fattori che condizionano significativamente i risultati ottenibili: i benefici generati delle alberature variano ad esempio a seconda delle specie, delle dimensioni e dell’età degli impianti, delle modalità di impiego e delle particolari caratteristiche morfologiche, ambientali e climatiche dell’ambito urbano di intervento. Le simulazioni da noi elaborate valutando in modo analitico e site specific gli effetti determinati da alcune proposte progettuali di alberatura di una tratta di viale Brenta lunga circa un chilometro hanno dato esiti notevolmente inferiori a quelli stimati dall’amministrazione, con effetti di assorbimento della CO2 inferiori a 0,2 ton CO2/anno e con una riduzione della temperatura pari a circa 1° C.
Va infine rilevato come in tutti i casi studio esaminati gli interventi non siano mai stati limitati alla sola azione di piantumazione, ma siano stati invece accompagnati dall’impiego sistematico di diverse NBS, integrando quindi le nuove alberature con azioni di de-impermeabilizzazione di vaste superfici, di riconfigurazione delle sezioni stradali e degli spazi pedonali (con soluzioni che favoriscono la raccolta, il drenaggio, la filtrazione e il recupero delle acque piovane, e con la formazione di bio-bacini e/o aree umide), anche con la riconquista di spazi “rinaturalizzati” opportunamente attrezzati per la fruizione pubblica.
Perseguire obiettivi ambiziosi quali quelli enunciati dall’amministrazione milanese comporta l’elaborazione di un vero e proprio piano ambientale, supportato da studi approfonditi che orientino l’azione programmatoria alle diverse scale locale, urbana e metropolitana, precisando i contesti di intervento e, per ciascuno, le criticità da risolvere e le opportunità da valorizzare, unitamente alle soluzioni tecniche da adottare per massimizzare i benefici ambientali, la fruibilità dei luoghi e le ricadute in termini di servizi ecosistemici prodotti. Questo rendendo conto delle possibili alternative considerate e delle scelte effettuate, sia rispetto ai caratteri e le compatibilità dei contesti locali (fattori climatici locali, valori urbani e ambientali di ogni intorno, ecc.), sia in considerazione di un equilibrato rapporto costi-benefici. Non da ultimo il piano dovrebbe esplicitare in modo chiaro le metodologie e gli indicatori6 utilizzati per quantificare i benefici attesi a scala locale e quelli impiegati per “scalarne” i valori alle dimensioni urbana e metropolitana, definendo anche un programma di valutazione e monitoraggio in itinere che verifichi puntualmente l’efficacia delle azioni intraprese.
1 Piero Pelizzaro e Francesca Putignano, “Resilienza, Forestazione Urbana e NBS a Mi-
lano. Strategie, azioni e progetti in corso”, Milano, 23.05.2019.
2 Documento del 15 novembre 2019, che illustra il consuntivo e le previsioni delle piantu-
mazioni per l’anno agronomico 2019-20.
3 Comune di Milano, “Verso un parco metropolitano. Una strategia verde per l’area metro-
politana milanese”, 28.05.2018.
4 Piero Pelizzaro e Francesca Putignano, op.cit.
5 Ricerca finanziata PRIN 2015, “Adaptive design e innovazioni tecnologiche per la rigene-
razione resiliente dei distretti urbani in regime di cambiamento climatico”.
6 Ci si riferisce in particolare ai vari sistemi di misurazione disponibili per valutazioni ex-ante, in itinere e/o ex-post, che impiegano modelli parametrici (con valori tabellari, quali UFORE-Urban Forest Effect, LAI-Leaf Area Index), analitici (con modellazioni spaziali in GIS e simulazioni con software I-Tree, ecc., puntualmente riferite al sito) e/o strumentali (attraverso misurazioni dirette in situ).
