UCTAT Newsletter n.26 – settembre 2020
di Giovanni Merlo
Evviva l’autocritica!
Circa un decennio fa ero un acceso sostenitore della completa riapertura della Cerchia dei Navigli: un’opera idraulica costruita a partire dal XII° Secolo come fossa di protezione delle mura medievali di Milano, che ha segnato profondamente l’evoluzione urbana, economica e la caratterizzazione storico-culturale della città nel corso di ben otto secoli.
La copertura di quest’opera, iniziata nel 1926, fu conclusa nei primi anni ’50. Trasformandola nell’arteria di circonvallazione più interna di Milano. Analoga sorte toccherà un decennio più tardi al ramo del Naviglio della Martesana compreso tra l’attuale Via Melchiorre Gioia (all’altezza di Cassina De’ Pòmm) e Piazza San Marco, dove si immetteva nella stessa Cerchia tramite un laghetto. Di questa tratta rimane tuttora scoperta la Conca dell’Incoronata: un braccio di canale prosciugato compreso tra i Bastioni di Porta Nuova e Via Castelfidardo.
Tuttora le acque del Naviglio della Martesana ricevono il fiume Seveso sotto Via Melchiorre Gioia, all’altezza di via Giacomo Carissimi. Il volume idrico così sommato giunge alla fine di Via Gioia, presso il Ponte delle Gabelle. A parte una minima quantità che continua in direzione Sud (destinazione Roggia Vettabbia), il grosso della portata devia a Sud-Est, lungo il percorso dei Bastioni (Viale Monte Grappa): entrando con una curva a gomito nello scolmatore “Redefossi” (Fig.1). Un’altra curva brusca all’altezza di Porta Romana conduce queste acque sotto Corso Lodi, da cui lasciano Milano lungo l’asse storico della Via Emilia. L’assenza di idonei raggi di curvatura presso queste svolte comporta problemi di circolazione per la corrente idrica, già di per sé costretta dai limiti fisici della canalizzazione sotterranea: in caso di forti piene, un volume d’acqua accresciuto batte violentemente contro le sponde del condotto danneggiandole e rischiando di causare esondazioni presso la rete stradale. Ne derivano problemi tecnici anche per metropolitane e altri sottoservizi, nonché rischi igienici per la presenza di liquami.

Sotto la Cerchia dei Navigli, l’acqua è stata sostituita da un rinterro che, a seconda delle epoche di realizzazione, potrebbe contenere anche materiali pericolosi per la salute (amianto?), rendendo necessaria un’attenta bonifica del sottosuolo nell’eventualità di una riapertura della “Fossa Interna”.
Un’analoga proposta, scaturita da studi del Politecnico di Milano (2008 – 2010), è stata avanzata dallo stesso Comune ambrosiano: un referendum consultivo (2011) ha espresso un parere nettamente favorevole alla riapertura dei canali (94,32% dei votanti). Nel corso del 2018 si è svolta una consultazione pubblica: dividendo i partecipanti su diverse posizioni che spaziano dall’opzione “zero” (introdotta in fieri, favorevole a nessun intervento), all’apertura parziale fino alla riapertura totale del percorso Est della Fossa Interna e della Martesana.
La prima fase del progetto presenta due obiettivi: 1) il ripristino della connessione idraulica tra la Martesana e la Darsena (Porta Ticinese), attraverso una tubatura che corre sotto i viali a Est e a Sud della “Fossa Interna”, previa separazione delle acque del fiume Seveso (convogliato al Redefossi tramite condotto dedicato); 2) l’apertura di n. 5 tratte di Naviglio (Via Melchiorre Gioia, Conca dell’Incoronata, Via Sforza, Piazza Vetra – via Molino delle Armi, Conca di Viarenna), chiaramente a puro livello rappresentativo, per cui verrebbero ridisegnati la viabilità stradale superficiale e l’arredo urbano in essa adottato. Ufficialmente (Comune di Milano – novembre 2017), per un costo totale di 150 milioni di Euro. I Navigli potranno inoltre recapitare acqua di falda per l’alimentazione di pompe di calore e azionare microturbine per l’illuminazione del loro stesso percorso.
La seconda fase (più complessa da ingegnerizzare) comporterà la completa riapertura dei Navigli tra via Melchiorre Gioia (Martesana) e la tratta Sud-Est della Fossa sino alla Darsena, ripristinando un itinerario navigabile tra i fiumi Adda e Ticino via Milano. Complessivamente, la realizzazione delle due fasi potrebbe richiedere una spesa di circa 500 milioni di Euro.
Per riaprire sia queste 5 tratte che l’intero percorso, rendendolo navigabile, bisogna garantire l’accessibilità per lo meno ciclopedonale del fronte interno della Cerchia: i vecchi Navigli si appoggiavano a questo lato della Circonvallazione, rendendolo inabbordabile da parte di carri e pedoni. Una volta coperti, la nuova strada garantiva accesso diretto alle proprietà di entrambi i fronti. Sul lato non più bagnato dai canali si è aggiunto qualche raccordo con la rete stradale interna alla Cerchia, sono stati aperti passi carrabili, negozi, servizi, costruiti nuovi edifici con vetrine e ingressi. E collocate reti di servizio sotto i marciapiedi adiacenti. I nuovi Navigli dovranno così essere ridotti di sezione (alcuni tratti tra Via F. Sforza e Piazza Vetra avrebbero una sezione di circa 5 metri). Inoltre, considerando le nuove normative sui ponti, questi necessiteranno di un ingombro maggiore sulla sede stradale (e non sarebbe più possibile replicare profili a schiena d’asino). Dovendo essere costruiti con un profilo ribassato sul livello della strada, verrà a mancare una maggiore disponibilità di altezza per il passaggio delle imbarcazioni: bisognerà mantenere basso anche il livello dell’acqua nel canale (profondità tra m 1,15 e 1,50). Con un’altezza della sede stradale sul pelo dell’acqua che varierà da 1,80 a 4 m.
Le imbarcazioni, per adeguarsi a queste esigue misure dei passaggi, dovranno essere di ridotte dimensioni: un ingombro orizzontale in sezione di m 2,50 (circa come un autobus) e un’altezza complessiva di poco superiore ai 2 m. Con soli 37 posti: l’eventuale ripristino di un’idrovia tra il Lago Maggiore e Venezia via Milano – Adda comporterebbe problemi di trasbordo sul nodo ambrosiano. Una tale tratta potrebbe necessitare, per economicità del servizio, di natanti ben più capienti: al passaggio tra la Martesana e la Cerchia dei Navigli, essa esigerebbe di effettuare, a monte e a valle di questi canali, rotture di carico supportate da mezzi meno capaci. Ne conseguirebbe un accumulo di passeggeri in progressivo aumento presso i nodi di trasbordo, a meno di realizzare interscambi idrici di grandi dimensioni: la mancanza dei quali porterebbe a oltre 2 ore il tempo di percorrenza necessario tra la Martesana e la Darsena per un volume di utenti in continua crescita, costretto a sopportare lunghi tempi morti di attesa per una “corsa” disponibile. Questi stessi utenti, causa l’attraversamento del centro di Milano sul fondo di un corridoio stretto e dalle pareti quasi sempre alte, potrebbero provare disagio. Inoltre non riuscirebbero a vedere se non ben poco, rispetto a quanto la metropoli potrebbe offrire agli occhi di chi, invece, dovesse salire al piano superiore di un Sightseeing Bus.
Tra questi risvolti e i 500 milioni di spesa totale, che hanno già sollevato polemiche tra chi chiede spiegazioni del perché non si trovi altrettanta liquidità disponibile per servizi comunali che “cadono a pezzi”, pur non giudicando, trovo sia meglio evitare di spingerci sino alla riapertura dei Navigli lungo la Cerchia Interna. Considerando la sensibile diminuzione del traffico di superficie stimata per questa Circonvallazione (causa realizzazione della Metropolitana 4) si potrebbe riqualificare la stessa con più ampi marciapiedi e corsie ciclabili. Magari piantumando alberature adatte alla sua modesta sezione: che la caratterizzino, anche con essenze ornamentali (da Kyoto a Zurigo la tipologia del “viale dei ciliegi” offre un esempio di bellezza urbana insolita, spesso ritratta dai fotografi….). Inoltre, con ciò si manterrebbe l’accessibilità carrabile al Policlinico da entrambi i sensi di marcia di via Francesco Sforza: evitando ulteriori complicazioni per le manovre d’avvicinamento delle ambulanze.
Risulta comunque indispensabile ripristinare il collegamento idrico sotterraneo tra Martesana e Darsena: la separazione delle acque del Seveso diminuirebbe il volume in entrata sul Redefossi, riducendo i rischi di danneggiamento della condotta dello stesso scolmatore (meno esondazioni e disastri correlati). Manterrei comunque l’ipotesi di riqualificazione di Viale Melchiorre Gioia (lingua d’asfalto priva d’identità) e il ripristino della storica Conca dell’Incoronata, tuttora in secca. Le acque della Martesana, procedendo alla volta della Darsena, aumenterebbero la portata idrica a disposizione della stessa, del Naviglio Pavese e della Roggia Vettabbia: consentendo a questi corsi d’acqua un certo livello di autodepurazione. Aumenterebbe anche la disponibilità d’acqua per scopi irrigui della Bassa milanese e pavese. Verrebbe garantita la possibilità di istituire un’idrovia tra il Lago Maggiore e Venezia via Darsena – Naviglio Pavese: un volume d’acqua mantenuto costante con maggior facilità consentirebbe di costituire un servizio continuo con imbarcazioni più grandi (e capienti) senza i diseconomici (e scomodi) trasbordi su vettori minori lungo “corridoi profondi e ciechi”. Se poi si volesse comunque impostare una variante di percorso via Martesana – Adda, si potrebbero utilizzare mezzi anfibi che percorrerebbero su strada la tratta Darsena – Cerchia Interna – Martesana: con fermate urbane in corrispondenza delle stazioni della M4, semaforizzazione stradale asservita al passaggio dei vettori della stessa linea e rampe di accesso ai canali rispettivamente presso la suddetta Darsena e Via San Marco (entrata per la Conca dell’Incoronata). Peraltro esiste già un canale tra i fiumi Ticino e Adda: il Villoresi. Volendo organizzare i servizi di trasporto in una vera ottica di area metropolitana (non esiste solo Milano-città), potrebbe essere utilizzato anch’esso per trasporto di passeggeri e merci…