UCTAT Newsletter n.76 – marzo 2025
di Elio Bosio
Ritorneremmo dal medico che ha sbagliato una diagnosi? Oppure da un meccanico che invece di risolvere i problemi della nostra automobile li ha moltiplicati? No, salvo essere colti da un raptus autolesionista. Questo è quello che sta avvenendo a Milano con la revisione del Piano di Governo del Territorio, affidata a un assessore che in precedenza, quale componente della Direzione Urbanistica, si è occupato della stesura di un documento oggi additato come una delle cause della situazione di crisi, materiale e morale, in cui versa il governo dell’edilizia nel capoluogo. Un documento, il vigente Pgt, redatto nel più assoluto disinteresse al metodo scientifico applicato all’analisi e alla individuazione degli obiettivi e delle estrategie e, infine, alla costruzione degli strumenti per la sua attuazione. Un Pgt illustrato da una relazione più simile alla sceneggiatura di uno spot pubblicitario che a un testo scritto per fare meglio comprendere i contenuiti di un fondamentale documento di governo. Una relazione che evita ogni possibile, utile e anche necessaria riflessione sugli esempi di pianificazione urbanistica adottati negli ultimi decenni. Non per assumerli come linea guida, bensì per riflettere sui loro successi e insuccessi in maniera tale da giungere, anche attraverso una loro radicale confutazione, a elaborarne di nuovi meglio rispondenti alla attuale congiuntura. A parziale spiegazione, non giustificazione, di questa sorta di damnatio memoriae (talvolta anche delle leggi vigenti) è opportuno rammentare che essa è stata incoraggiata, se non promossa, dalla legge regionale del 2005 per il governo del territorio la cui approvazione venne resa possibile dall’improvvida riforma del titolo V della Costituzione.
Ancora una volta si è obbligati a denunciare l’assenza, nel vigente Pgt, di una attenta lettura dei fenomeni strutturali e sovrastrutturali che interessano il territorio, la mancanza di riferimenti alla questione mai affrontata della necessità di un vero piano per la città metropolitana, il cui sindaco, opportuno ricordarlo, è lo stesso di Milano. Infine, l’aberrazione di una gestione dell’urbanistica delegata per gli interventi più rilevanti ai più potenti gruppi privati e, per quelli meno significativi sotto il profilo economico anche se non meno importanti, a una Commissione comunale per il paesaggio che ha raccolto giudizi quantomeno controversi in merito al suo operato.
Per tornare alla premessa, non può non sollevare perplessità e forte preoccupazione l’incarico per la stesura di un progetto che dovrà necessariamente segnare una radicale svolta rispetto al recente passato a un gruppo di tecnici che – fuori discussione la loro onestà intellettuale – hanno maturato le loro competenze professionali in un ambiente connotato da un’idea dell’urbanistica dimostratasi fallimentare. Tanti di loro sono giovani, la loro prima formazione si è compiuta all’interno di Scuole di Architettura che non sempre hanno li hanno attrezzati per un metodo di lavoro fondato sulla fatica della ricerca e sull’inderogabile obbligo a un confronto delle idee condotto senza arroganza. Confronto d’idee ormai indifferibile, da aprire con coloro che in questi anni, senza contumelie ma con fermezza, hanno ininterrottamente argomentato per cercare di frenare la corsa di Milano verso il disastro (economico e sociale) cui andava incontro la politica urbanistica della città.
Nove volte sette è un racconto di Isac Asimov del 1958 in cui si parla di un futuro lontano dove gli umani hanno perso ogni capacità di svolgere il calcolo matematico, totalmente affidato ai computer che provvedono ad autocostruirsi e combattere una interminabile guerra galattica. Unica persona della Federazione terrestre ad avere riscoperto i principi dell’aritmetica e del calcolo con carta e penna è un tecnico di basso rango, Myron Aub, che effettuando a mente la moltiplicazione che dà titolo al racconto, convince i governanti della Federazione a riconsegnare agli uomini la pratica della matematica liberando energie che sembravano perdute per sempre.
Non sarebbe possibile, tantomeno giusto, prendere in considerazione una radicale sostituzione dei tecnici incaricati dal Comune per la revisione del Pgt. È, tuttavia, lecito pensare che questi, senza un ausilio esterno difficilmente potranno applicarsi a un metodo ben diverso da quello fino a oggi seguito.
Per fortuna, si trovano ancora a Milano dei Myron Aub dell’urbanistica e dell’architettura che hanno perseverato, nella professione, nell’insegnamento e nell’impegno all’interno pubblica amministrazione anche come eletti dai cittadini, a misurarsi con la prassi urbanistica operando per innovarne gli strumenti senza abbandonare storiche conquiste ancora oggi preziose per affrontare questioni fondamentali come quella del diritto alla casa.
Sarà sufficiente scorrere i giornali di questi ultimi anni, visitare i siti che con continuità hanno trattato dei problemi dello sviluppo di Milano, sfogliare i non molti libri che hanno affrontato con taglio scientifico le questioni della metropoli milanese per scoprire, di queste persone, i nomi.

