UCTAT Newsletter n.16 – ottobre 2019
di Arturo Majocchi
Per affrontare il tema del rapporto tra creatività e industria è significativo risalire alla fase del dopoguerra nel periodo della ricostruzione dopo la seconda guerra mondiale. Erano presenti, tra l’altro, due esperienze editoriali di grande spessore culturale: la rivista “Pirelli” e “Civiltà delle Macchine”. La prima fu pubblicata dal 1948 al 1972 dalla Pirelli, la seconda dal 1953 al 1979 da Finmeccanica (due colossi dell’industria italiana privata e pubblica). Entrambe le riviste promosse dalle due grandi industrie italiane si sono inserite a pieno titolo nell’ampio dibattito culturale dell’epoca su temi artistici, di architettura e urbanistica, di design, di sociologia, di politica del lavoro, ecc., coinvolgendo i maggiori esperti e intellettuali dell’epoca. Una caratteristica di entrambe le riviste era passare dalla fase contingente della ricostruzione dell’Italia a quella del futuro con una visione complessiva dello sviluppo necessario al Paese in tutte le principali discipline e attività del mondo della produzione, del lavoro e della cultura.
Da non dimenticare, nello stesso periodo, le “Edizioni di Comunità”, casa editrice fondata da Adriano Olivetti nel 1946, che oltre a pubblicare grandi autori (filosofi, sociologi, architetti e storici dell’architettura e dell’urbanistica, quali R. Neutra, L. Mumford) promosse riviste importantissime, fra queste, oltre a “Comunità”, Metron-Architettura, Urbanistica, ecc. Le pubblicazioni continuarono anche dopo la morte di Adriano Olivetti con la Fondazione omonima fino agli anni ’80, quando furono assorbite dal gruppo Mondadori.
E’ stato un periodo affascinante di grande dibattito, con numerosi e qualificati contributi dei maggiori e più noti specialisti delle diverse discipline sulle sinergie tra cultura e impresa, indispensabili per sviluppare quegli atteggiamenti creativi, necessari a garantire il miglioramento delle condizioni di vita della società italiana. Se la creatività imprenditoriale aveva consentito di immaginare i cosiddetti “villaggi operai” dei primi del Novecento, dopo la seconda guerra mondiale abbiamo assistito al fenomeno “Olivetti”, sviluppato da Adriano Olivetti, con le principali realizzazioni urbanistiche e architettoniche di Ivrea nel secondo dopoguerra fino agli anni ’70. In questo periodo nasce l’utopia olivettiana della “Città dell’uomo” che oltre a prevedere nuove forme organizzative nell’industria, avviarono anche iniziative nell’ambito sociale, assistenziale, nonché culturale, ecc. Va ricordato che negli stessi anni del dopoguerra ha operato un altro grande industriale, Enrico Mattei, che si mosse non solo nel campo industriale ma anche con iniziative culturali nel settore letterario ed editoriale (rivista “Gatto Selvatico”), con la fondazione della Scuola di management “Mattei”, nonché con pubblicazioni sull’urbanistica e l’architettura. A lui risale la realizzazione di Metanopoli, città dell’ENI, complesso terziario, residenziale e di servizi per i dipendenti, localizzato nel Comune di San Donato Milanese. Una “company town” ancor oggi valido esempio di un insediamento urbano di elevata qualità ambientale e funzionale.
Oggi non sono più riscontrabili azioni di pari significato e peso nel rapporto creatività e imprenditoria. Dopo la fase dei diversi musei creati dai diversi settori dell’industria, certamente riferibili agli imprenditori illuminati, stanno emergendo oggi nuove iniziative di grande peso mediatico soprattutto a Milano in concomitanza con i programmi di rinnovo urbano. Fondazione Prada, i Silos di Armani e l’Hub Gucci (anche il Museo Salvatore Ferragamo), per sottolineare la loro presenza attiva nelle problematiche attuali del recupero ambientale, hanno utilizzato insediamenti industriali dismessi come una ex distilleria, i magazzini della Nestlè e la fabbrica di aerei Caproni, coniugando la componente creativa con quella storica-industriale. In tutti e tre i casi si è comunque trattato di una maturità produttiva associata alla volontà di esaltare la stessa creatività industriale come contributo a quella più generale del dibattito culturale.
Un articolo del “Corriere della Sera” di martedì 15 ottobre presenta una ricerca promossa da Intesa San Paolo e da Mediocredito su “Cultura e Creatività. L’impresa che cresce”. In termini di numero di aziende e occupati l’Italia, a livello nazionale, pur detenendo il maggior patrimonio culturale, è in Europa dietro al Regno Unito e Francia con solo il 2,3% del valore aggiunto. La metà delle aziende culturali e creative è nata dopo il 2000; sono prevalentemente di piccole dimensioni (circa la metà ha meno di 40 addetti) e con fatturati al di sotto del milione di euro, ma comunque molto propense a investire. Quasi 1/3 delle aziende italiane che include settori diversi (spettacolo dal vivo, musei e gallerie, editoria, musica, fotografia, produzioni video e cinematografiche, ecc) ha sede in Milano e provincia, seguita da Torino con il 12%. Il settore della creatività registra così un forte sviluppo in quanto l’82% del totale delle imprese ha fatto investimenti negli ultimi 3 anni. Le aziende nel campo della cultura (più legate al mondo di contributi pubblici) e della creatività (più legate alle dinamiche del mercato), rappresentano oggi un volano molto interessante per lo sviluppo del Paese in generale, ma più in particolare possono, con il loro mix di attività e iniziative, contribuire efficacemente alla rigenerazione di ampie aree urbane in situazione di degrado.
Forse oggi è giunto il momento di applicare quei modelli di crescita tipici del distretto produttivo anche al settore delle attività creative, facendone un fattore di crescita economica, applicando anche per esse il concetto di filiera. L’invito è perciò pensare a dei veri e propri distretti della creatività. Non è questo l’insegnamento e lo spirito di alcune eccezionali presenze/iniziative che si sono verificate nel secondo dopoguerra con la totale coincidenza fra la cultura d’impresa e la cultura della creatività?
In questo senso a Milano potrebbero presentarsi nuove opportunità, in occasione delle Olimpiadi 2026, del PGT 2030 e dei progetti di riqualificazione delle periferie. Ad esempio il completamento del grande insediamento di Santa Giulia Nord può consentire una progettualità ampliata ad un più esteso ambito, con l’insediamento di una Grande Funzione Urbana in una zona in posizione strategica in corrispondenza della nuova fermata della circle line. Un complesso multifunzionale che può rappresentare lo starter per la distrettualizzazione della rete di attività della comunicazione e della creatività già presenti nell’est Milano (Mediaset, Sky, Rai, diversi centri di produzione, Gucci Hub, ecc.).

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