UCTAT Newsletter n.22 – aprile 2020
di Daniele Fanzini
Se c’è una cosa che la crisi sanitaria in atto ci ha permesso di capire è che il futuro esiste nella misura in cui esiste un processo in grado di metabolizzare scientemente e coscientemente la quotidianità del presente. Questo non significa che non sia necessaria una visione di lungo periodo, ma che tale visione debba porsi non come meta di valore assoluto da raggiungere a prescindere, bensì come condizione alla quale tendere considerando le quotidiane evenienze. In altre parole è necessario che la visione manifesti una propria resilienza, esattamente come le condizioni dell’habitat che vogliamo preservare dall’ingiuria del tempo per garantirci adeguate condizioni di vita future.
Come disse Peccei il futuro diviene materia del presente attraverso la creazione di visioni condivise, mentre il processo collettivo di pratiche coordinate e collaborative la soluzione strumentale per produrre la necessaria conoscenza concettuale per gestire la complessità piuttosto che combatterla. Nei processi d’espressione collettiva, propri a tutte le organizzazioni umane, la razionalità del collettivo, se non correttamente gestita, può non essere sempre superiore a quella dell’individuo isolato (Godet 2006). Studiando le situazioni nelle quali l’uomo potrebbe trovarsi, Berger (1967) affida il compito di far emergere le aspirazioni umane a specialisti di vari orizzonti, ossia figure in grado di indicare il modo in cui le cose hanno tendenza ad evolvere. Dalla collaborazione tra coloro che sono in grado di far emergere l’auspicabile e coloro che determinano quotidianamente il possibile nasce la nuova via alla partecipazione, che superando la retorica del contribuente informato, o del portatore di interessi (stackeholder), si pone come processo di intelligenza collettiva per permettere agli individui di riappropriarsi del proprio destino considerando i bisogni del proprio habitat. Questa nuova dimensione della partecipazione si incarna nel concetto di “città mutante” (Fanzini et al. 2020), che rappresenta il paradigma della ricomposizione del rapporto tra città di pietra (quella degli edifici e delle infrastrutture) e città viva (quella delle persone e delle loro attività) per superare la fragilità dell’attuale modello di sviluppo e permettere l’attuazione di processi di anticipazione guidati dal design attraverso la proposizione di scenari e modelli di prefigurazione della trasformazione urbana.
Affrontare il paradigma della città mutante significa predisporsi al cambiamento continuo, sostenibile e condiviso, come diverse esperienze nazionali e internazionali ci stanno già indicando: la “Città Leggera” (Italia); “Incheon Living Lab” (Sud Corea); “Sencity” (Stati Uniti); “Progetto Rock” (Italia); “Guadalajara Digital” (Messico).
L’esperienza del progetto come anticipazione di possibili futurie l’uso di tecnologie abilitanti permettono oggi di sviluppare progetti di accompagnamento alla trasformazione urbana sostenibile, che sono basati sulla seguente articolazione operativa:
- studio dei fattori di fragilità e dell’impatto sul contesto preso in esame;
- acquisizione continua dei dati sensibili e progetto della loro condivisione sociale;
- co-design e coinvolgimento degli stakeholders e dei cittadini nell’analisi dei dati;
- progettazione di artefatti comunicativi destinati alla rappresentazione urbana dei comportamenti virtuosi e di quelli viziosi;
- implementazione di sistemi di governance adattiva che sfruttino il potenziale della rete diffusa di soggetti (cittadini come sensori) per supportare i processi decisionali centrali.
La città mutante si avvale di un background teorico legato alla relazione tra culture del progetto e anticipazione: i fatti (costanti-latenti-calanti) costituiscono in tal senso un elemento alla base del processo proattivo guidato dal progetto. Un adattamento dei temi dell’anticipazione propri delle scienze sociali all’azione del design attraverso la conoscenza e la condivisione delle “forme” e delle “pratiche” partecipatorie che il paradigma della città mutante pone come condizione necessaria al cambiamento.
Referenze
Berger G. (1967), E’tapes de la perspective, Press University de France
Fanzini D.(et al.)(2020), “Tecnologie abilitanti per la progettazione continua e interdipendente”, in Lauria M., Mussinelli, E., Tucci F., La produzione del progetto, Maggioli editore.
Godet M. (2006), Creating futures. Scenario planning as a strategic management tool, Economica Ltd

Le tre sfide” organizzato da UCTAT e Municipio 4 (26/11/2019)