UCTAT Newsletter n.75 – febbraio 2025
di Elena Mussinelli
Il report di Nomisma Federcasa del 2020 “Dimensione del disagio abitativo pre e post emergenza Covid-19” ha stimato che in Italia vi siano “1,2 milioni i nuclei familiari in affitto (fuori del sistema ERP) che vivono una condizione di disagio economico acuto”, con oltre 650mila domande di case popolari in attesa, senza prospettiva di assegnazione.
Ma esiste una questione della casa a Milano?
Parrebbe di sì, a quanto denunciano la UIL – nel 2023 a Milano “i provvedimenti di sfratto emessi per morosità sono stati 1.489”[1] – e il presidente della Fondazione Progetto Arca, Alberto Sinigallia – “300 sfratti al mese a Milano”.[2] Interventi che, per ragioni ben note, finiscono per colpire spesso i soggetti economicamente più deboli e socialmente più fragili: famiglie con minori, anziani, invalidi e malati, immigrati…
Ma pare di sì anche a guardarsi intorno, per il crescente numero di senzatetto che vediamo dormire in condizioni quantomai precarie tanto nelle lussuose gallerie del centro città che sulle panchine, sui marciapiedi e nei sottopassi delle periferie.
Siamo in fase di revisione del PGT e l’Amministrazione milanese ha varato un Piano Straordinario per la Casa accessibile a Milano che parla della realizzazione di circa 10.000 alloggi in locazione permanente con canoni non superiori a 80 €/mq anno (circa 6.500 a Milano e 3.500 fuori Milano).
Un “Piano” presentato con una slide, preceduto da una deliberazione della Giunta Comunale che ha approvato delle “Linee di indirizzo politico per un Piano Straordinario per la Casa Accessibile a Milano” (https://delibere.comune.milano.it/documents/213200) e subito seguito dalla messa online di un avviso esplorativo riguardante le prime quattro aree di attuazione del Piano (Porto di Mare, via Sant’Elia (ex Palasharp), via San Romanello e via Demostene) con una formula che di fatto prevede edilizia privata per il 90% e pubblica per il 10%, come ha recentemente ben chiarito Paolo Debiaggi su questa newsletter: “una formula che agevola un’offerta per chi ha un reddito, certo e solvibile (e quindi mutuabile dalla Banca). Iniziativa forse encomiabile, favorire l’accesso alla casa per un ceto medio sempre più escluso dai valori riscontrabili nel mercato immobiliare milanese, ma gli altri?” (https://urbancuratortat.org/abitare-lo-spazio-pubblico/).
Nei documenti citati, ma anche in altri prodotti dall’Amministrazione negli anni passati sul tema della casa, non vi è traccia di analisi e quantificazioni circa il fabbisogno abitativo della città di Milano e della sua area metropolitana (giova ricordare che il Sindaco è lo stesso…).
Ma Il PGT non dovrebbe definire una capacità insediativa teorica in base alla quale quantificare la domanda di abitazioni e servizi, e valutare il rapporto tra domanda e offerta? E anche analizzare le caratteristiche della domanda, prestando particolare attenzione alle esigenze dei cittadini e delle famiglie che non hanno le capacità economiche necessarie per accedere né al libero mercato, né al cosiddetto “housing sociale”. Quanti nuclei familiari sono senza casa? Quanti vivono una condizione di grave disagio abitativo (sovraffollamento, degrado, barriere architettoniche, ecc.), sia nel pubblico che nel privato? Qual è la composizione di tali nuclei? Quanti alloggi servirebbero per dare risposta a questa domanda? E quali caratteristiche dimensionali e distributive dovrebbero avere? Ecc.
Analisi che dovrebbero essere incrociate con una lettura dei caratteri del patrimonio disponibile. Una inchiesta di Gianni Santucci per il “Corriere della Sera” dell’ottobre 2020 rilevava la presenza di 7.200 case popolari vuote (3.350 del Comune di Milano e 3.800 di Aler Milano): più del 10% dell’intero patrimonio pubblico. Esiste una analisi documentata di questo patrimonio? Quanti di questi alloggi sono sfitti perché attualmente non abitabili? È possibile fare una valutazione costi-benefici circa la convenienza di un loro recupero o, alternativamente, la loro demolizione e ricostruzione? Qual è il tasso di sottoutilizzo degli alloggi pubblici oggi locati? A livello nazionale sono stati rilevati tassi di sottoutilizzo che in alcuni casi sfiorano il 70%; il solo frazionamento dei tagli più grandi potrebbe di per sé ridurre una quota significativa delle liste d’attesa: a Milano sono possibili razionalizzazioni di questo tipo? Quanti alloggi già assegnati necessitano di importanti lavori di manutenzione o ristrutturazione? Con quali urgenze e priorità? Quali i costi e i tempi necessari per tali interventi?
Forse ho cercato male, o forse sono nascoste tra le tante pagine delle varie deliberazioni, ma non ho trovato nessuna di queste analisi e stime, che pure dovrebbero essere costantemente aggiornate quale base necessaria di qualsiasi azione programmatoria…
E ciò mi pare testimoniare, nella peggiore delle ipotesi, un sostanziale disinteresse per la questione; nella migliore, una sorta di rassegnazione all’impossibilità di far fronte al “vero” problema della casa, con una esplicita rinuncia persino alla quantificazione del fabbisogno strutturale.
Possibile che il massiccio sviluppo immobiliare che ha caratterizzato la città negli ultimi 10-15 anni non sia stato in grado di generare alcuna risorsa per far fronte ai bisogni più drammatici e urgenti?
La revisione del PGT non dovrebbe essere l’occasione per coprire queste lacune e andare finalmente incontro alle esigenze dei più deboli?
Probabilmente anche a livello nazionale non sembra sussistere una visione a lungo termine sulla questione della casa. Ma, pensando alla sua illustre storia, alla capacità dei governi di centrosinistra del dopoguerra di innovare e sperimentare, anche a livello morfo-tipologico e tecnologico, Milano non è in grado di mettere mano a una vera programmazione?
Non da ultimo ricordando che la casa non può essere ridotta all’asettica dimensione del “servizio abitativo”, in quanto essa è “spazio di vita (oltre che di sopravvivenza materiale), fortemente identitario perché caratterizzato da ulteriori e peculiari valenze, materiali e non, che in quanto tali possono essere espressione più di permanenza e stabilità, se non anche radicamento, che di provvisorietà e temporaneità, anche in situazioni non soddisfacenti dal punto di vista della qualità dello spazio abitativo di cui si dispone”.[3]

[1] https://www.uilmilanolombardia.it/emergenza-casa-la-lombardia-al-primo-posto-in-italia-negli-sfratti-per-morosita/
[2] https://www.milanotoday.it/politica/sfratti-poverta-milano.html
[3] In: Santangelo, Saverio; Cutrì, Mariateresa, (2023) “Edilizia residenziale pubblica e housing sociale: c’è ancora una questione abitativa?”, p. 4. In: AA.VV., “Diritto all’abitare e questione abitativa. Tra Edilizia residenziale pubblica e housing sociale”, a cura di Della Scala M.G. e Santangelo S., Giappichelli Editore (https://iris.uniroma1.it/handle/11573/1672383?mode=complete)
