Quasi paesaggi: sotto la cupola più alta e una luna senza disciplina

UCTAT Newsletter n.74 – gennaio 2025

di Matteo Gambaro

Nel 1989 Gianni Celati pubblica quattro diari di viaggio con il titolo “Verso la foce”[1]. Il libro nasce dalla sua esperienza di lavoro con un gruppo di fotografi che stavano predisponendo una pubblicazione sul nuovo paesaggio italiano[2]. Tra i fotografi era presente anche Luigi Ghirri. Due anni più tardi, prendendo spunto da quel libro, Celati scrive e dirige il documentario “Strada provinciale delle anime”[3], il racconto del girovagare apparentemente senza meta, per le campagne emiliane, di un gruppo di amici e parenti su un autobus azzurro. Alla comitiva si aggrega anche Ghirri, che segue l’autobus con la sua automobile. Durante una sosta per il pranzo, Ghirri, intervistato da Celati con il sottofondo scandito dal frinire delle cicale, descrive così la sua idea di paesaggio:

“Un fotografo americano molto famoso, Anselm Adams, diceva che il paesaggio è il luogo dove finisce la natura, è qualche cosa di oscuro e di minaccioso nei confronti della natura. È l’incrocio tra la natura e la cultura, quindi il luogo della distruzione, in un certo senso. Il paesaggio assomiglia a un attimo e all’interno di questo attimo ci sono diversi tipi di percezioni sensoriali: gli odori, il vento che ti passa sulla faccia, la luce, le parole che ascolti, i suoni che non ci sono più. Quindi nella rappresentazione del paesaggio vi è sempre una forma di schematizzazione o di riduzione della complessità del sentire di un determinato momento. Il paesaggio è il luogo dell’attenzione infinita, in questo senso non riesci mai a collocarlo, a trovare un punto definitivo per determinare un ambiente; non è delimitabile ed ha una specie di circolarità della visione che non finisce mai”[4].

Ghirri pone quindi l’attenzione sul rapporto tra il mondo naturale, che risponde a leggi secolari di perpetuazione e adattamento, e il mondo artificiale (della cultura) creato dall’uomo[5], riconoscendo proprio nei luoghi della commistione il palesarsi del paesaggio. Questo passaggio è molto importante se si pensa che l’uomo durante la vita svolge un’ininterrotta attività culturale determinando di conseguenza le mutevoli sorti del paesaggio dei luoghi in cui vive. Altrettanto significativo è il passaggio sulla percezione sensoriale del paesaggio, inteso non semplicemente come esperienza visiva ma soprattutto come contaminazione, spesso contemporanea, di ulteriori stimoli percettivi come gli odori, il vento, la luce, i suoni che generano ogni volta un particolare e peculiare, e probabilmente irripetibile, paesaggio.

Il libro di Romina Emili, “QUASI PAESAGGI – Viaggi quotidiani tra poesia e fotografia”, recentemente pubblicato nella serie Architettura della collana Alia di Inrterlinea si inserisce proprio in questo solco, caratterizzato dall’inestinguibile rapporto tra natura e cultura. È la prima silloge dedicata all’esperienza del paesaggio del novarese, e non solo, maturata negli ultimi dieci anni.

Si tratta di un paesaggio raccontato con un linguaggio molto personale in cui l’autrice, “girovagando apparentemente senza meta” per il territorio delle campagne ma anche, soprattutto, in quei luoghi dall’identità indefinita in cui si manifestano i caratteri distintivi del rapporto, talvolta conflittuale, tra l’azione dell’uomo e la natura, tra la città e la campagna, ricerca e trova i luoghi inaspettati della pianura orizzontale delle risaie e della nebbia e del silenzio.

Gli strumenti che utilizza: la fotografia e la poesia, così coniugati, sono piuttosto inediti per l’opera di uno stesso autore. Attraverso la macchina fotografica mette in atto una fuga, quasi un’avventura quotidiana, dalla realtà: “un processo di rilettura dei luoghi orizzontali che diventano paesaggi verticali dell’anima”. Una forma espressiva più spontaneamente accessibile a tutti, immediata sia nei contenuti che nelle emozioni che suscita. Molto diversa dalla poesia, più sofferta e profonda, a tratti così personale da risultare difficile, ma necessaria per integrare e sintetizzare l’espressività dell’autrice. La lettura in parallelo delle fotografie e dei testi, in un continuo scambio di informazioni e contenuti emozionali rendono esplicita la poetica e l’obiettivo del volume: ed emergono i colori delle nebbie, le persone e le emozioni che si celano dietro i confini e i silenzi sfocati dei piccoli cimiteri e dei lungi canali, alla ricerca di un senso profondo dei luoghi e del loro sentimento.

Altrettanto importante è il contesto culturale in cui l’autrice cresce e si forma, fino a diventare architetto ed esercitare la professione in modo ampio e creativo, interpretando lo strumento del progetto – che è lo specifico disciplinare dell’architetto – come occasione per contribuire all’opera di antropizzazione dell’uomo, lontano dalla visione romantica del mondo naturale incontaminabile e da proteggere come un’oasi ma “operabile e continuamente intenzionabile, [facendo] riferimento alla sua fruibilità totale come ad un valore indispensabile”[6].

Tutto questo si coglie nel volume, così come la volontà di esplorare le relazioni tra la ricerca del sé e i luoghi che viviamo, “dove nel tempo silenzioso di uno scatto c’è il dialogo profondo con sé stessi e la realtà che abitiamo”. Realtà oggi deformata della comunicazione che privilegia la sovrastruttura alla struttura, la vacuità dell’immagine al peso di un contenuto vero.

Romina Emili, Quasi paesaggi. Viaggi quotidiani tra poesia e fotografia, Interlinea, Novara 2024.

L’isola di Sant’Agabio, fotografia di Romina Emili.

Riflessioni a Sozzago, fotografia di Romina Emili.


[1] Gianni Celati, Verso la foce, prima edizione ne “I narratori”, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano 1989.

[2] Luigi Ghirri, Gianni Leone, Enzo Velati (a cura di), Viaggio in Italia, testi di Arturo Carlo Quintavalle e Gianni Celati, fotografie di Barbieri, Basilico, Battistella, Castella, Cavazzuti, Chiaramonte, Cresci, Fossati, Garzia, Guidi, Ghirri, Hill, Jodice, Leone, Nori, Sartorello, Tinelli, Tulliozi, Ventura, White, Il Quadrante, Alessandria 1984. La ricerca sul paesaggio italiano è stata presentata con una mostra a Bari, poi itinerante lungo l’Italia con tappa conclusiva a Reggio Emilia.

[3] Strada provinciale delle anime (Italia/1991). Regia e sceneggiatura: Gianni Celati. Con la partecipazione di: Luigi Ghirri; aiuto regia: Paolo Muran; fotografia: Lamberto Borsetti, Guglielmo Rossi; montaggio: Pierrot e La Rosa; suono: Stefano Barnaba; produzione: Luca Buelli per Pierrot e La Rosa / Rai; durata: 58’.

[4] Ibidem.

[5] Vittorio Gregotti, “Progetto di paesaggio”, in Casabella, n. 575-576 Gennaio-Febbraio 1991, anno LV, Elemond, Milano.

[6] Vittorio Gregotti, Op. cit.

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