UCTAT Newsletter n.73 – dicembre 2024
di Angelo Rabuffetti
Ricordo che era dicembre, proprio come ora, e si respirava dappertutto aria di Natale. Anche a scuola c’era la stessa sensazione festaiola e allegra. Correva l’anno 1972 e il professore di costruzioni all’Istituto C. Cattaneo organizza una uscita della classe al fine di visitare il cantiere del palazzo Mondadori a Segrate allora in fase di ultimazione lavori. Naturalmente noi studenti maturandi l’abbiamo presa come una occasione per non stare nei banchi di scuola, per evitare interrogazioni a sorpresa ed entrare in quell’aria spensierata di introduzione alle prossime vacanze di anno.
Non è stato così! Appena scesi dal pullman siamo rimasti meravigliati dalla bellezza e originalità dell’Architettura. Io in particolare. Non mi sono perso una parola della spiegazione che ci veniva data. Questi archi giganteschi, maestosi, imponenti con calcestruzzo armato faccia a vista con l’impronta del legno delle casseforme ancora perfettamente riconoscibile davano l’impressione di una titanica scultura eseguita dalla natura stessa. Una cosa è vedere il fabbricato in fotografia, in un libro illustrato, ma altra cosa è esserci di persona proprio sotto le magnifiche arcate, alzare gli occhi e rimanere a bocca aperta e con il fiato sospeso. Cogliere i dettagli che solo con la pazienza, il raccoglimento e l’osservazione puntuale si riesce a scorgere e apprezzare. Sono due sensazioni differenti: il giudizio da una fotografia è solo parziale mentre in presenza il giudizio è completo e coinvolgente. Ho avuto l’impressione di “vivere l’Architettura”! Per questo invito tutti a visitarlo come se si visitasse un museo, un’opera d’arte o una chiesa importante.
Il palazzo Mondadori, fin da quel lontano anno domini, è stato da me classificato (nella mia personale classifica dei record) come numero uno di esempio di Architettura, Innovazione, Bellezza, Originalità ma anche Equilibrio, Vivibilità e Sostenibilità. E il record resiste tuttora dopo tanti anni e tanti competitor agguerriti!
Oscar Niemeyer è il “creatore” di questa Architettura. Ha seguito il suo stile continuando a sviluppare la sua idea già concretizzata pochi anni prima con il palazzo Itamaraty a Brasilia. Anzi, l’ha ulteriormente migliorata differenziando l’ampiezza delle singole arcate e rendendo l’edificio rettangolare anziché quadrato per snellire l’effetto visivo. Si è avvalso della collaborazione di Luciano Pozzo e Glauco Campello. Le strutture sono state progettate da Antonio Nicola assieme a Leo Finzi e Edoardo Nova (Studio Finzi Nova). Oggi è di proprietà di Generali Real Estate.
Ogni telaio in calcestruzzo armato ha in sommità una trave anch’essa in calcestruzzo a cui sono “appesi” i pilastri in carpenteria metallica fissati alla trave per mezzo di tirafondi in acciaio. L’edificio è, dunque, appeso e si sviluppa discendendo e non salendo. E’ la trave di colmo che ha funzione di “fondazione appesa”.
Le facciate sono completate con vetrate di colore marrone e il piano terreno è completamente vuoto (a parte il corpo scale) a dimostrazione dell’edificio sospeso e calato dall’alto. Gli archi sono senza simmetria tutti diversi tra loro con luce da 3.5 metri a 15 metri. Non è un edificio neoclassico, è brutalismo puro in un mix sorprendente caratteristico degli anni settanta del secolo scorso, per l’inserimento di (pochi) ornamenti superficiali, quasi tutti gli angoli non ortogonali e soprattutto l’uso del calcestruzzo armato faccia a vista.
Niemeyer ha oltrepassato il concetto di modernità in voga in quegli anni, è andato oltre ed è arrivato al brutalismo. E’, inoltre, precursore del rispetto dell’ambiente e della natura sommando il verde, le composizioni con l’acqua e l’Architettura. In pratica non un progetto estraneo al contesto che lo circonda e neppure una ricerca spasmodica di qualcosa di stupefacente con ricercatezza di forme bizzarre e materiali innovativi e performanti ma un progetto il più possibile aderente alla naturalità inserito facilmente nel contesto esistente. Ma soprattutto: bello!
Il 90 per cento della superficie fondiaria è destinata a infrastrutture verdi e blu. In particolare il lago artificiale antistante il palazzo ha la funzione di scolo delle acque piovane, serbatoio per irrigazione, acqua antincendio, regolatore naturale per la temperatura ideale all’interno dell’edificio e vita acquatica con pesci, anfibi e vegetazione. Primo esempio in assoluto di sperimentazione di biodiversità con cinquant’anni di anticipo dalla proclamazione della sua importanza nella nostra vita.
Inoltre completano il complesso altri due corpi più bassi: il primo di forma ovoidale posto nella parte antistante di colore grigio e con poche aperture all’esterno quasi volesse non “rubare la scena” al palazzo vero e proprio e sembra emergere come un sottomarino dal lago artificiale di cui è circondato per metà della sua parte. Esso ospita la libreria, show room, il ristorante aziendale e spazi comuni. Il secondo corpo è posto sul retro ed è più ampio e leggermente più alto, curvilineo senza una forma definibile, una specie di coda gigantesca di un grosso animale acquatico anch’esso emergente dal lago artificiale che non stona e anzi completa e vivacizza la scena Architettonica. Anch’esso dello stesso colore grigio e anch’esso con poche aperture all’esterno; ospita uffici redazionali e l’aula magna sede di convegni e conferenze.
Da una intervista a Oscar Niemeyer: “Per quanto riguarda il mio lavoro, sì, senza altre spiegazioni debbo dire che mi piace. Soprattutto il colonnato che delimita l’edificio, il ritmo diverso che hanno le colonne con le arcate di dimensioni molto diverse tra loro. Credo che tutto questo rappresenti un importante contributo perché in Architettura un’opera nuova è sempre necessaria e per tutto questo sono soddisfatto e felice per una collaborazione con il team che ha così bene lavorato e sono certo che questo edificio resterà come un buon esempio di Architettura contemporanea”.
Niemeyer aveva ragione: questo edificio resta e resterà come un buon esempio di Architettura della seconda metà del secolo scorso. Con il passare inesorabile del tempo il palazzo Mondadori non è invecchiato, non è passato di moda, anzi, la sua forma, la sua intuizione, il suo equilibrio e la sua innovazione sono, e resteranno sempre, attuali e apprezzabili.
Nel 2008 è stato eseguito un intervento di ristrutturazione e adeguamento in particolare nelle parti di calcestruzzo a vista dove il tempo (crudele nei confronti delle cose terrestri) stava cominciando a rovinare la superficie intaccandola con antiestetiche “sfarinature” e creando preoccupanti fessure e distacchi. Inoltre è’ stata inserita la tecnologia della “pompa di calore” che preleva l’acqua più calda per gli impianti e i servizi direttamente dalla falda sottostante a circa ottanta metri di profondità, eliminando, di conseguenza, tutte le vetuste apparecchiature tradizionali.
Innovazioni tecnologiche assolutamente apprezzabili così come è apprezzabile l’intervento edilizio volto soltanto ad un recupero del manufatto originario e non ad una rigenerazione Architettonica perché, in questo particolare caso, non ce n’era assolutamente bisogno.
Come disse Federico Fellini “Nulla si sa, tutto si immagina!” questa è un’opera unica che lascia spazio all’immaginazione, fa sognare ed è destinata a durare nel tempo, a lasciare un segno perpetuo e stupire ante litteram: cioè in anticipo rispetto ai tempi e di maggior valore.
Buone Feste a tutti gli appassionati lettori!

