Rigenerazione Urbana nel “Modello Milano”

UCTAT Newsletter n.61 – novembre 2023

di Paolo Debiaggi

Negli ultimi anni mi sono più volte interrogato sul significato comunemente attribuito al termine “Rigenerazione Urbana”. Una qualifica che oramai viene dispensata generosamente ad ogni intervento di trasformazione urbana, ma che nella realtà milanese è divenuta così centrale, nella strategia amministrativa comunale, da aver portato alla scelta di nominare uno specifico settore del suo sistema operativo come “Direzione Rigenerazione Urbana” e, addirittura, scelto di sostituire, nell’ultima formazione di Giunta comunale, l’Assessorato all’Urbanistica con l’Assessorato alla Rigenerazione Urbana.  Una decisione importante, oserei dire programmatica, che potrebbe rivelare, nelle intenzioni di chi lo ha deciso, la volontà di sottolineare il passaggio da una prassi di urbanistica tradizionale alla rigenerazione urbana, intesa quale modalità innovativa di governo del territorio. Viviamo però in un’epoca in cui, come già denunciava Mario Perniola quasi venti anni fa [1], “la comunicazione è l’opposto della conoscenza. E’ nemica delle idee perché le è essenziale dissolvere tutti i contenuti.” Quanto questo assioma sia assolutamente calzante nella narrazione del modello Milano, in particolare nella modalità di gestione delle politiche urbane, lo ha approfonditamente descritto Lucia Tozzi nel suo recente “L’invenzione di Milano” [2] dove illustra come le politiche urbane della giunta comunale, in particolare a partire dal post evento Expo, abbiano assunto una strategia comunicativa tutta basata da un aggressivo marketing urbano nella volontà di creare un’immagine di Milano che, di fatto, non esiste e si regge sulle narrazioni costruite ad hoc, finalizzate a aumentare sempre più l’attrattività della città  (flussi di investimento della finanza immobiliare, flussi turistici, nuovi residenti ad alta capacità di spesa).

Nella newsletter del luglio 2019 [3], dopo aver esaminato il significato attribuito alla rigenerazione urbana nella sua evoluzione culturale e normativa nelle politiche urbane, sia all’estero che in Italia, giungevo a questa sintesi: “La rigenerazione urbana dovrebbe ridisegnare i modelli di intervento: l’intervento edilizio non è il cuore del programma, ma uno degli ambiti di intervento funzionali al miglioramento delle condizioni di vita dei residenti nell’area interessata; gli interventi devono puntare a uno sviluppo sostenibile e hanno nella riduzione di CO2 e nella transizione energetica uno degli obiettivi prioritari; sono inoltre integrati e presuppongono nuovi livelli di partecipazione da parte degli abitanti e forme innovative di partenariato pubblico e privato.” Inoltre, la rigenerazione urbana non va intesa come sostitutiva del ruolo di pianificazione, bensì come integrazione a questo. Andrebbe intesa come attenzione alle nuove emergenze urbane che vanno considerate con rinnovate modalità, ma integrate e coerenti con gli strumenti tradizionali di pianificazione, programmazione e governo delle politiche urbane.

Pervenuto a tale sintesi, procedevo poi, nell’articolo, ad analizzare i più significativi tra gli interventi di trasformazione che la città aveva visto realizzarsi recentemente, passando in rassegna, nell’ordine,  il grande intervento di Porta Nuova, la riconversione dell’area ex Expo nel distretto Mind, il nuovo quartiere di Cascina Merlata-Uptown adiacente a quest’ultimo, il nuovo business-district Symbiosis a Porta Romana e la conversione dell’ex sito della vecchia Fiera in CityLife, giungendo a concludere che:

“Alla fine di questa rapida panoramica di casi milanesi, credo risulti evidente come si tratti di operazioni di sviluppo immobiliare che non possiedono certo i criteri per potersi definire di rigenerazione urbana.(…) Ciò che sicuramente manca nei casi esaminati è il coinvolgimento vero e diretto della popolazione locale nei processi decisionali. Inoltre, manca un propositivo ruolo dell’amministrazione comunale che spesso appare subalterno alla forza contrattuale dell’operatore privato, limitato a una logica di contrattazione dell’interesse collettivo verso la sola rivendicazione quantitativa di spazi verdi più o meno attrezzati.(…) Inoltre, la sensazione è che le grandi operazioni immobiliari in corso siano fuori da ogni programmazione e regia complessiva, tutte tese ad assecondare una corsa (della finanza immobiliare) all’opportunità di investimento immobiliare sulla piazza milanese, considerata favorevole a seguito della visibilità data da Expo e unica location appetibile nel desolante panorama italiano. Il rischio, in mancanza di una regia complessiva che un tempo il Piano Urbanistico tradizionale in parte garantiva quantomeno in termini quantitativi, è che, non solo non si sappia governare la trasformazione urbana con i conseguenti cambiamenti socio-economici e ambientali, ma si possa presto giungere ad una sovrabbondanza di offerta immobiliare che deprima conseguentemente il mercato favorendo l’ennesima crisi. In conclusione, l’impressione è che, al pari del suffisso “bio” nel settore alimentare o “eco” per diversa merceologia o, ancora, “smart” per le costruzioni, anche il termine “rigenerazione urbana” attribuito ex ante a qualsiasi grande operazione di sviluppo immobiliare sia diventato un must di marketing, sia alla ricerca di consenso politico che di valorizzazione commerciale.”

Oggi, a quattro anni di distanza e alla luce dei più recenti sviluppi e di ulteriori imponenti iniziative di trasformazione della città, non posso che confermare quanto scritto allora. Anzi, posso aggiungere altre considerazioni che mi rafforzano nella convinzione che il ricorso al termine rigenerazione urbana nella comunicazione del “modello Milano” sia stato impropriamente usato rispetto al suo vero significato e consapevolmente abusato quale perno di una narrazione artificiosa, finalizzata ad assecondare una massiccia campagna di appropriazione di rendita urbana, consumo di suolo e, addirittura, di spazio pubblico, da parte dei privati interessi [4]. Dinamica in cui il ruolo della amministrazione comunale è stato negli anni compiacente e subalterno ai voleri dei grandi player immobiliari e finanziari, salvo poi, più recentemente, allorché gli esiti di tale assenza di governo, come ad esempio il tema della inaccessibilità al mercato della casa per fasce sempre maggiori di popolazione, sono emersi evidenti anche alla sempre più disinformata opinione pubblica, intraprendere iniziative bizzarre, confuse e contraddittorie.

Nello scorso mese di giugno, la Direzione Rigenerazione Urbana del Comune di Milano ha pubblicato un bando per l’attribuzione di n.2 incarichi professionali per sviluppare progetti di ricerca capaci di approfondire e affrontare “tematiche emergenti nelle città metropolitane contemporanee”. [5] Le tematiche emergenti nelle città metropolitane contemporanee che la Direzione Rigenerazione Urbana del Comune di Milano intende approfondire, vengono così descritte nel bando:

  1. Rigenerazione urbana come occasione e strumento di integrazione, al fine indirizzare le trasformazioni urbane nell’ottica di contenere la crescente espulsione dalla città di Milano di fasce di popolazione fragili, nonché delle giovani generazioni. Quali sono gli interventi che potrebbero essere previsti, e in che quantità? Quali potrebbero essere le porzioni di città dove prevedere questa tipologia di interventi e quante risorse occorrerebbe destinare per avviare queste trasformazioni? Quali sono le best practice a livello nazionale e internazionale dalle quali è possibile trarre ispirazione?
  2. Quali sono le strategie legate alla rigenerazione urbana che dovrebbero essere adottate nei confronti della crisi climatica? Come affrontare e gestire gli impatti generati dai fenomeni meteo-climatici? Quali azioni di prevenzione risultano essenziali per la lotta contro il cambiamento climatico, tra cui il fenomeno dell’isola di calore, per garantire la vivibilità nelle grandi città ed il conseguente benessere umano?

Sì, avete letto bene. Le tematiche verso cui la Direzione Rigenerazione Urbana cerca l’assistenza di competenze esterne, riguardano le problematiche più attuali ed emergenziali che ogni grande città si trova oggi ad affrontare e su cui più si è acceso il dibattito anche nelle cronache locali più recenti. Tematiche oramai entrate in tutta evidenza nella consapevolezza della pubblica opinione, verso le quali ad oggi nessuna concreta azione di contrasto è stata messa in campo in questa città e che dovrebbero costituire proprio l’obiettivo, il senso, la ragione fondante di ogni politica di rigenerazione urbana, quale integrazione degli strumenti di piano e governo del territorio: le strategie di contrasto alle dinamiche di gentrification indotte dalle consistenti operazioni di sviluppo immobiliare degli ultimi anni e le azioni di contrasto agli effetti derivanti dal cambiamento climatico sulla città.

E come mai per affrontare tali tematiche cerca competenze esterne alla propria struttura?Lo chiarisce la Determina dirigenziale del Direttore della Direzione Rigenerazione Urbana con cui si è approvato l’avviso di selezione pubblica [6], ovvero, che dopo aver ricercato tali competenze all’interno dei propri uffici, non essendovene traccia, si è reso necessario selezionarle all’esterno.E quale sarebbe la finalità di tali ricerche?Lo si evince ancora dal Bando: “L’incarico comporterà un impegno di circa 12 mesi a decorrere dalla data di sottoscrizione dell’atto di conferimento, presumibilmente dal 1 settembre 2023 al 31 agosto 2024, con consegna del materiale per la pubblicazione entro il 31 agosto 2024. Si prevede la pubblicazione delle 2 ricerche entro il primo semestre del 2025.”

Da una parte, dunque, una ammissione di incompetenza tanto palese quanto tardiva perché oramai i danni sulla città sono stati prodotti. Mai come negli ultimi anni l’intervento sulla città consolidata è stato così massiccio. Gli interventi di sostituzione di aree dismesse, già attuati, in corso e già programmati, insieme purtroppo a nuovo assurdo consumo di suolo, come recentemente riportato nel rapporto Ispra [7],  sono numerosi e hanno interessato parti consistenti del tessuto urbano, quasi a saturare l’intero territorio a disposizione. Si pensi solo alla questione degli scali ferroviari. Una superficie immensa di aree centrali, potenzialmente la più importante opportunità di riqualificazione urbana di una grande città europea, un’occasione straordinaria per sviluppare sul campo le vere strategie di rigenerazione urbana che affrontassero concretamente le sfide che l’attualità ci presenta in termini di cambiamenti sociali, di transizione ecologica e di adattamento al cambiamento climatico, lasciata alla logiche di valorizzazione immobiliare del soggetto concessionario e dei principali player immobiliari e finanziari.

Appare bizzarro destinare la riflessione su tali temi ad un esito totalmente insignificante come una pubblicazione prevista nel 2025, dato che non produrrà alcun effetto sulla definizione di eventuali strategie di gestione delle trasformazioni della città, proprio nel momento in cui, parallelamente, si avvia il percorso di revisione dello strumento di governo del territorio (PGT). Considerando, inoltre, che ricerche, analisi e letteratura sui temi in questione ne sono state prodotte in abbondanza negli ultimi vent’anni. Nell’ambito degli studi di sociologia urbana il tema dei rapporti tra interventi di cosiddetta “rigenerazione urbana” e parallela difficoltà di accesso alla casa per i residenti, con conseguenti processi di gentrificazione, è stato ed è tra gli argomenti più trattati, non solo in ambito internazionale, ma anche nazionale e pure nello specifico della realtà locale. Posso citare, ad esempio, una ricerca recente a cura di Massimo Bricocoli e Marco Peverini del Politecnico di Milano [8]che così si esprimono sul tema, analizzando le dinamiche immobiliari: “(…) la crescita più elevata dei prezzi medi nel periodo 2015-2021 ha interessato aree tendenzialmente semicentrali, tra cui tre zone che hanno registrato crescite superiori al 20%: la zona OMI C15 (stazione centrale, viale stelvio) + 32,7%; la zona OMI C16 (cenisio, farini, sarpi) + 24,6%; la zona OMI C19 (tabacchi, sarfatti, crema) +22,8%; In particolare, in queste zone è rilevante osservare la forte crescita che ha interessato il prezzo medio dei “minimi” di compravendita, relativo proprio a quelle unità che per caratteristiche tendono ad avere prezzi minori e sono dunque più abbordabili. Per inciso, queste stesse tre zone confermano anche nel 2022 crescite molto elevate sul 2015 con rispettivamente +41,7%, +38,5%, +31,9%. Si tratta di tre zone attualmente interessate da rilevanti interventi di “rigenerazione urbana” e in cui la crescita elevata dei prezzi sta generando un effetto di spillover della domanda di abitazioni più economiche sulle zone più periferiche, innalzandone a sua volta i prezzi. In assenza di regolazione di canoni e prezzi di compravendita e di prelievo fiscale, il surplus di rendita urbana generato dall’attrattività della città e spinto da azioni pubbliche e private – rigenerazione urbana, sussidi alla ristrutturazione, offerta di servizi, marketing, conversione funzionale, spesso collegate alla privatizzazione di proprietà fondiarie pubbliche (Adisson e Artioli, 2019) e a progetti di housing sempre più improntati a una logica finanziaria (Belotti e Arbaci, 2021) – viene integralmente appropriato da proprietari, sviluppatori e intermediari a spese di chi ha necessità di accedere alla casa attraverso canali di mercato e non dispone di risorse patrimoniali valorizzabili.”

Considerazioni ovvie, quasi intuitive, qui supportate da analisi e dati statistici, sicuramente estendibili ad altre zone della città, evidentemente però ignote o non gradite ad una amministrazione cittadina che appare, al netto della componente comunicativa autocelebrativa, in stato confusionale e con evidenti connessioni interrotte tra strategia, comunicazione e capacità di governo dei fenomeni.

Ciò appare con ancor più evidenza rispetto all’altro tema emergente, ovvero il contrasto ai cambiamenti climatici in atto e il loro impatto sulla città. Milano, negli ultimi anni, sembra aver vissuto e continua a vivere con una bramosia incontrollata di costruire ogni vuoto, siano essi i pochi spazi naturali ancora rimasti o quelli già urbanizzati, ma non edificati, oppure edificati da riconvertire, mentre la sfida del nostro tempo per il governo delle città dovrebbe essere, all’opposto, quella di valorizzare quei vuoti (oltre che a crearne di nuovi) quali strumenti di adattamento al cambiamento climatico e opportunità per migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini.

Parlo, ad esempio, di contrasto al rischio di esondazioni a seguito dei sempre più frequenti fenomeni atmosferici intensi, non solo da attuare attraverso le grandi opere di laminazione dei corsi d’acqua a rischio (in particolare quelle relative ai fiumi Seveso e Lambro che, se finalmente completate, avrebbero una loro utilità), ma anche con interventi urbani puntuali di de-pavimentazione e realizzazione di giardini drenanti, finalizzati ad aumentare la capacità di deflusso delle acque meteoriche che l’attuale sistema, a fronte anche di scarsa manutenzione, più non garantisce. Periodicamente, invece, ci si ritrova a commentare, come da ultimo alla fine del mese di ottobre, l’allagamento di interi quartieri nel nord della città a seguito di intense piogge con conseguenti danni materiali e disagi ai cittadini.  Parlo di possibili politiche incentivanti alla realizzazione di sistemi di accumulo dell’acqua piovana, che si rivelerebbero assai utili, viceversa, per l’irrigazione delle aree verdi durante i periodi sempre più estesi e ricorrenti di siccità.  Parlo di possibili politiche incentivanti per la realizzazione delle coperture verdi (green roof) nei fabbricati, sia di nuova costruzione che esistenti, assai utili per contrastare le alte temperature esterne riducendo il ricorso agli impianti di condizionamento. Parlo di contrasto al formarsi di isole di calore estivo, attraverso interventi consistenti di forestazione urbana che Milano avrebbe avuto già l’occasione di realizzare, data l’immensa superficie urbana sottoposta a trasformazione, anziché qualificarsi recentemente come unica città metropolitana in Italia ad aver perso i finanziamenti specifici del PNRR causa impossibilità di individuare le aree libere necessarie[9]. Ma parlo anche più semplicemente di riprendere l’attività di manutenzione e cura del verde urbano esistente per non consentire che si ripetano nuovamente o quantomeno ridimensionarne gli esiti, i disastri accaduti in città, in termini di sradicamento e perdita di alberi, si dice ben 5.000, lo scorso mese di luglio a seguito di un violento nubifragio.

Nulla di tutto ciò è stato considerato, se non un intervento pilota di giardino drenante realizzato nella via Pacini (zona città studi) e osannato come intervento straordinario, quando oramai considerato di normale amministrazione in molte altre realtà europee. Eppure, di occasioni di intervento sullo spazio pubblico negli ultimi anni non sono mancate, ma a Milano è prevalsa l’ossessione di rendere lo spazio della strada sempre più ridotto all’uso veicolare come se davvero si pensasse che l’unica forma di lotta contro l’inquinamento dell’aria e contro i combustili fossili si giocasse nel rendere l’ambiente urbano sempre più ostile alla fluidità del traffico.

Senza alcuna invenzione specifica, si tratterebbe semplicemente di studiare e aggiornarsi (non solo dopo che i danni sono stati fatti) su ciò che molte altre città nel mondo stanno oramai da diverso tempo realizzando per rendersi più adattive e resilienti agli esiti e alle emergenze sempre più ricorrenti derivanti dal clima che cambia e agli effetti estremi causati da ciò nell’ambiente urbano.

Milano in questo dovrebbe essere facilitata perché, nella sua rincorsa ossessionata a qualificarsi come “global city” capace di attrarre gli investimenti dei fondi internazionali, già fa parte di reti di città, come ad esempio “100 Resilient cities” promosso da Fondazione Rockefeller oppure C40 di Fondazione Bloomberg, il cui scopo dovrebbe essere proprio quello di scambiare informazioni, buone pratiche e collaborazione sulle politiche e le azioni rivolte al contrasto degli effetti dovuti al cambiamento climatico in ambito urbano. Di esperienze esportabili da altre realtà, sarebbe stato assai utile, non solo seguire le strategie di crescita indotta dei valori immobiliari nei diversi quartieri della città, attraverso iniziative mirate di marketing urbano, interventi di urbanistica tattica, creazione controllata di processi di vivacità partecipativa e l’atterraggio di qualche astrusa astronave a firma di archistar, ma anche e, soprattutto, studiare e adottare le strategie virtuose messe in campo da altre metropoli fin dai primi anni 2000 per contrastare gli effetti prevedibili del climate change. In Europa si sono particolarmente distinte in questo senso città come Barcellona, Copenaghen, Brema, Stoccarda, Rotterdam, Malmo, Sutton, Parigi, Lione. A livello internazionale città come New York, a partire dal PlaNYC in tutte le sue evoluzioni e progressive azioni e implementazioni, Chicago, Toronto, San Francisco, Boston, New Orleans, Seattle e molte altre in Asia come Tokio e Hong Kong. Ogni realtà con le proprie specificità, ma tutte animate dalla consapevolezza della urgenza di considerare come prioritarie queste tematiche, analizzare e comprendere le proprie condizioni di rischio e affrontarle trasformandole in programmi e, soprattutto, azioni e interventi specifici.

Purtroppo, finora, nonostante la produzione e approvazione di un Piano specifico quale il Piano Aria e Clima (2020-2022) e l’organizzazione dell’immancabile Week dedicata alle tematiche Green, di integrazione di queste tematiche negli strumenti di governo del territorio, di coordinamento delle iniziative tra i diversi settori comunali o di interventi attuativi, a Milano si è visto ben poco. Nonostante sia stata creata già dal 2017 la “Direzione di Progetto Città Resiliente” con tanto di figura dirigenziale “Chief Resilience Officer” del Comune di Milano (formalismo probabilmente necessario per dimostrarsi all’altezza di far parte della rete di città resilienti) che, dopo l’enfasi iniziale, la partecipazione a qualche conferenza, l’uscita di qualche proclama attraverso la stampa, è stata infine relegata, nell’organigramma della struttura comunale, ad un ruolo che appare marginale sotto la direzione Verde e Ambiente,  invece di diventare un settore chiave nel governo della città.

Ma ciò che passa però come messaggio all’opinione pubblica è sempre qualcosa di diverso, nella disinformazione la minoranza organizzata prevale sempre sulla maggioranza disorganizzata. E in termini di settori efficienti, il più performante nella macchina comunale è sicuramente divenuto quello della comunicazione. A tal punto che, in perfetta contraddizione con quanto finora osservato, la stessa Direzione Rigenerazione Urbana propone, nello scorso mese di settembre, un ulteriore bando pubblico per l’individuazione di un soggetto che la assista nella promozione e realizzazione di visite-studio finalizzate “all’esposizione e presentazione del modello pianificatorio milanese e delle strategie di sviluppo urbanistico a delegazioni provenienti da città italiane e straniere”[10], perseverando così nella volontà di apparire anziché essere.

Nelle ultime settimane si sono attivate le prime iniziative di confronto con le categorie e di presentazione pubblica sulle tematiche che dovrebbero interessare la prossima revisione del Piano di Governo del Territorio[11].

La visione di città sarebbe “Una città più equa, più bella, più prossima e sostenibile”, nello slogan lanciato dal Sindaco al Forum della Rigenerazione Urbana il 27 di ottobre presso la Fondazione Feltrinelli, declinata poi in alcuni punti più specifici dall’Assessore alla Rigenerazione urbana.

Analizzare le istanze e i bisogni, monitorare gli esiti delle scelte passate, valutarli criticamente supportati da analisi e dati credibili, avere il coraggio di cambiare laddove necessario e riorientare gli obiettivi, le regole e le prassi. Questo ci si attenderebbe dalla revisione dello strumento di governo del territorio. Vedremo, nei prossimi mesi, se l’obbiettivo di questa revisione sarà quello di orientare un cambiamento di rotta e guardare finalmente agli interessi di una città che negli ultimi anni, a colpi di cosiddette rigenerazioni urbane, sembra avere perso oltre che la sua identità fisico-morfologica anche la capacità di cura verso i suoi cittadini oppure quello di riapparecchiare la tavola per gli appetiti degli operatori e dei fondi immobiliari in cerca di ulteriori opportunità di business.

Sicuramente non sono state di grande auspicio le dichiarazioni dello stesso Assessore alla Rigenerazione Urbana che, in occasione della recente inaugurazione del mega centro commerciale Merlata Bloom, ulteriore tassello del nuovo quartiere in fase di realizzazione proprio di fronte all’ex sito Expo oggi chiamato Mind, così si è espresso:

(..)”Questo è il progetto di un grande quartiere, forse il più grande quartiere di Milano anche a livello di edilizia residenziale sociale e edilizia convenzionata. Ancora non è completo dal punto di vista delle residenze: più avanti ne arriveranno altre convenzionate nei prezzi e nei canoni di affitto con il Comune. Però mancava il cuore commerciale, la parte dei servizi. Questo grande intervento va a completare un intervento di rigenerazione urbana tra i più importanti della città. Questo quartiere fa parte di un comparto ancora più ampio perché siamo vicinissimi a Mind e ad altre aree di sviluppo della città. Il nord ovest di Milano è stato negli ultimi anni l’area di maggior sviluppo e di maggior interesse. Per me Mind, Cascina Merlata e questa grande opera sono la grande porta di Milano verso l’Europa”. (…). Nel futuro, oltre agli alloggi di edilizia convenzionata che sorgeranno, “abbiamo Mind dove tra due anni arriverà la nuova sede dell’Università Statale con 20 mila studenti. C’è già il centro di ricerca che verrà potenziato, c’è già l’ospedale Galeazzi. Poi arriveranno residenze, uffici, servizi commerciali – ha spiegato Tancredi – Ci son poi altre opportunità. Ad esempio il polo di interscambio Molino Dorino. Una delle strategie che stiamo cercando di promuovere nella revisione del Piano di governo del territorio è quella della riqualificazione di questi luoghi. Oggi sono solo dei parcheggi, domani potrebbero diventare dei veri e propri quartieri urbani, con funzione sempre del parcheggio e dell’interscambio ma con i quartieri urbani intorno”[12].

Se questo è l’esempio concreto di rigenerazione urbana del modello Milano e, insieme, brano esemplificativo di città “più equa, più bella, più prossima e sostenibile” allora c’è poco di cui essere fiduciosi.

L’area di Cascina Merlata vista da via Gallarate nell’agosto 2012 (foto con diritti riservati Stefano Topuntoli).
lLarea di Cascina Merlata vista oggi dal Cimitero Maggiore di Musocco (foto con diritti riservati Stefano Topuntoli).
Il nuovo centro commerciale Merlata Bloom visto da via Pasolini  (foto con diritti riservati Stefano Topuntoli).

[1] Mario Perniola, “Contro la comunicazione”, ed. Einaudi, 2004.

[2] Lucia Tozzi, “L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane”, ed. Cronopio, 2023.

[3] UCTAT Newsletter n.14 del luglio 2019. P. Debiaggi “Rigenerazione urbana a sproposito”.

[4] UCTAT Newsletter n.35 del giugno 2021. P. Debiaggi “Pubblico-privato nella trasformazione della città”.

[5] avviso di selezione pubblica mediante procedura comparativa per l’attribuzione di n. 2 incarichi professionali nell’ambito della call urban factor 2023/2024, per lo sviluppo di progetti di ricerca capaci di approfondire e affrontare tematiche emergenti nelle città metropolitane contemporanee. Direzione Rigenerazione Urbana. Comune di Milano.

[6] Direzione Rigenerazione Urbana, Determinazione dirigenziale N. DD 3749 del 08/05/2023.

[7] Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), edizione 2023.

[8] “Non è una città per chi lavora. Costi abitativi, redditi e retribuzioni a Milano.” Primo rapporto di ricerca OCA sull’abbordabilità della casa, A cura di Massimo Bricocoli e Marco Peverini, DAStU Politecnico di Milano, 2023.

[9] https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/23_marzo_23/a-milano-non-c-e-spazio-per-piantare-nuovi-alberi-persi-12-milioni-di-euro-di-finanziamenti-europei-051f7544-c8ce-11ed-85b6-6207f76c958d.shtml

[10] Direzione Rigenerazione Urbana, Determinazione dirigenziale N. DD 7864 DEL 20/09/2023.

[11] Deliberazione della Giunta comunale n. 496 DEL 13/04/2023 Approvazione delle linee di indirizzo per l’avvio del procedimento, ai sensi dell’art.13 della L.R. 11 marzo 2005 n. 12 e s.m.i., di redazione del nuovo Documento di Piano e delle varianti del Piano dei Servizi e del Piano delle Regole quali atti costituenti il Piano di Governo del Territorio (PGT) vigente, nonché per l’avvio del relativo procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

[12] Da “Ecco Merlata Bloom: un’Esselunga gigantesca, un maxi multisala e oltre 200 negozi” Alessandro Gemme, Marianna Gulli, Milano Today, 15 novembre 2023. https://www.milanotoday.it/attualita/apertura-merlata-bloom-informazioni.html

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