Un’identità antica

UCTAT Newsletter n.76 – marzo 2025

di Matteo Gambaro

Nel mese di luglio del 2014, in una bella e luminosa giornata d’estate, feci visita a Paolo Zermani presso la sua abitazione a Varano dei Marchesi, piccolissimo agglomerato di abitazioni già feudo dei marchesi Pallavicino, da cui prende il nome, ubicato nella valle del torrente Recchio ai piedi dei resti dell’antica fortificazione medioevale costruita sulle Ripe di San Biagio, in provincia di Parma.

Raggiunsi Varano da Novara percorrendo l’autostrada del Sole fino all’uscita di Fidenza e da lì, lungo la strada statale, facendo tappe programmate a Ponte Taro, Noceto, Medesano, Felegara e Ramiola e poi di nuovo indietro a Medesano per imboccare la strada per Cella che si arrampica dolcemente sulle colline fino a Varano. Partii presto, perché prima di raggiungere l’abitazione di Zermani, avrei voluto vedere le sue opere di cui il territorio attorno al fiume Taro è disseminato, alcune molto note, oramai vere e proprie icone, altre meno ed alcune a me completamente sconosciute ma chiaramente attribuibili al suo autore. In due ore, alternando sorprese a conferme, ritrovai “quell’insieme coerente di interventi in un paesaggio che da questi interventi aveva ricevuto conferma di una identità antica, avvertibile in filigrana”, ritrovai la “Zermania” descritta da Paolo Portoghesi: “un luogo fatto di luoghi diversi, distanti anche qualche decina di chilometri, ma tenuto insieme da quel legame che nasce tra gli esseri viventi quando si condivide un patrimonio di idee ed esperienze”[1].

Progressivamente mi sentii immerso in un paesaggio armonico in cui le architetture sono coerente rispetto ambientale, tasselli del quotidiano che “si ripete giorno dopo giorno senza motivo, nel più inappariscente degli spettacoli” come scrive Gianni Celati nel racconto del suo viaggio “Verso la foce”[2] del Po.

Anche la piccola frazione di Varano è una testimonianza concreta di una trama che lega frammenti di paesaggio quotidiano: il Foro civico con le tribune e gli spogliatoi del campo da calcio, la cappelletta e il Teatrino; il museo di Storia e Civiltà; il complesso residenziale e il negozio di alimentari e tabacchi Paladini; casa Zermani e la Cappella nel Bosco e qualche chilometro più a nord-ovest il Padiglione di delizia. Architetture inscindibilmente connaturate al contesto, moderne perché contemporanee ma costruite con la tecnica millenaria del mattone che consente di creare una continuità tra luogo e manufatto, tra suolo e costruito in elevazione.

Terminata la visita solitaria mi raggiunse Giovanni Trogu, laureando in architettura al Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, all’epoca insegnavo anche a Mantova, con cui stavamo elaborando una tesi su Paolo Zermani e il Laboratorio Padano, in seguito intitolata “La metafisica del quotidiano”.

Poco più tardi ci accolse Paolo Zermani che con grande ospitalità ci invitò a scoprire la sua abitazione, spiegandoci le ragioni della sua costruzione in quel luogo, lungo la via Francigena, e con quelle forme così archetipiche. Locale dopo locale ci lasciammo stupire dalle soluzioni elementari adottate fino a raggiungere la biblioteca con la grande finestra rotonda, vero cuore della casa riscaldata con il camino a legna. Ci sedemmo quindi in sala da pranzo, attorno ad un grande tavolo in legno scuro, a lavorare alla tesi, imbastendo i primi ragionamenti sulle peculiarità della pianura padana e sui contenuti immanenti del suo paesaggio che hanno influenzato diverse forme artistiche, tra cui l’architettura.  Un Laboratorio Padano in cui le analogie tra le opere di Attilio Bertolucci, Giorgio Morandi, Luigi Ghirri e Aldo Rossi, unico non padano di nascita, si sono fatte esplicite e hanno trovato concretizzazione nelle architetture costruite di Paolo Zermani. Architetture che si integrano nel paesaggio e trasmettono sensazioni che vanno oltre la semplice percezione della materialità fisica e che consentono di arrivare all’essenza dei luoghi, alla metafisica dei luoghi della quotidianità.

L’architettura a differenza delle altre arti, che pure influenzano la realtà con il loro messaggio evocativo, ha la possibilità di trasformare concretamente l’ambiente attraverso la costruzione di manufatti. Come ci ricorda Fabrizio Schiaffonati, “Qui risiede lo scarto, lo specifico che distanzia l’architettura dalla sua pura interpretazione concettuale che attiene all’opera d’arte, conducendola alla necessità del dover essere, riscattandola da ogni artificio e da ogni astrazione perché intrinseca al soddisfacimento di un bisogno che è il dato della sua produzione”[3].

Prima di congedarci consumammo un aperitivo a base di vino bianco e patatine fritte in compagnia anche della moglie di Zermani che ci trasmise un’ulteriore sensazione di accoglienza e ospitalità.

Usciti da casa imboccammo l’antica via Francigena e percorso un breve tratto arrivammo alla Cappella nel Bosco, costruita come tappa spirituale proprio al centro del sentiero dei pellegrini. Si tratta di un manufatto essenziale costituito da due setti murari perpendicolari, l’uno di 9×6 metri in mattoni a vista di colore rosa chiaro, tipici della tradizione locale, posizionato parallelamente al pendio; l’altro più basso e corto che costituisce la seduta parallela alla croce in acciaio, di colore ruggine, il cui braccio orizzontale si appoggia al muro più alto. Durante la giornata, in base alla posizione del sole, la croce proietta la sua ombra sul muro in mattoni o sul terreno, quando il sole è nascosto dai monti. La cappella esprime la spiritualità della sua funzione nel rapporto immersivo con la natura circostante e nel dialogo con la storia della via Francigena.

Ritirato in auto il libro di cui mi fece dono Paolo Zermani, con una bella dedica premonitrice, ripresi la strada verso casa, imboccando questa volta la discesa in direzione di Sant’Andrea Bagni e poi Felegara, in cui mi fermai ad osservare il Teatrino comunale, ultima sorprendente tappa della giornata.

Casa Zermani, Varano dei Marchesi, luglio 2014 (foto Giovanni Trogu).
Cappella nel bosco, Varano dei Marchesi, luglio 2014 (foto Giovanni Trogu).
Museo di Storia e Civiltà, Varano dei Marchesi, luglio 2014 (foto Giovanni Trogu).

[1] Portoghesi P., “Premessa” in Paolo Zermani. Architettura, Edizioni Kappa, Roma 1988.

[2] Celati G., Verso la foce, Feltrinelli, Milano 1992.

[3] Caroli F., Daverio P., Vassalli S., Le anime del paesaggio: spazi, arte, letteratura, a cura di Schiaffonati F, Interlinea, Novara 2013.

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