La Biblioteca Europea (Beic) a Porta Vittoria

UCTAT Newsletter n.1 – gennaio 2019

di Adriano De Maio

Quando fu dismessa la Stazione ferroviaria di Porta Vittoria a seguito di un piano di ristrutturazione del sistema ferroviario milanese,   tutta la vasta area  fu liberata dalle costruzioni e dai binari, anche se per molto tempo rimasero visibili gli scheletri delle costruzioni che, data la posizione della ex stazione nel contesto urbano, non costituivano sicuramente un bel biglietto da visita per Milano (ma non ci si può dimenticare, per altro, del quartiere di Porta Garibaldi dopo l’arretramento delle Varesine nell’attuale sito della stazione). Vennero quindi avanzate idee e proposte.

Fra tutte quella più interessante riguardava la possibilità della creazione del secondo polo in Milano della Università degli Studi. Fra l’altro con l’avvio del secondo polo del Politecnico in Bovisa e il passante ferroviario si sarebbe potuto ottenere la vicinanza fra le due università che, almeno per una buona parte degli istituti scientifici della Statale era stata sempre un obiettivo da mantenere. Si sarebbe così ricreata una “città Studi” diversa da quella storica, ma sempre con il desiderio di mantenere cementata la vicinanza delle due università storiche milanesi per la parte scientifica con un accordo “non scritto” ma, forse per questo, assolutamente stabile che vedeva la non conflittualità, ma, anzi, la complementarità fra le due università. Da parte del Politecnico questa ipotesi fu considerata ottimale, anche perché nelle vicinanze erano presenti costruzioni degradate, per non dire fatiscenti, che avrebbero rappresentato, una volta ristrutturate, una risposta interessante all’annoso problema di Milano di alloggio per gli studenti, di entrambe le università. Tutto benissimo, ma… la Statale decise che il suo secondo polo in Milano sarebbe stato in Bicocca (peraltro allora totalmente priva di infrastrutture di trasporto ad esclusione delle ferrovie dello Stato, con fermata a Greco Pirelli).

Si ripropose così il problema di cosa insediare a Porta Vittoria. Allora si puntò su un progetto coerente con il carattere formativo e culturale, proprio della storia di Milano. Talvolta ci si dimentica del ruolo che la formazione, a tutti i livelli, ha avuto storicamente nello sviluppo e nella crescita della città. Ad esclusione degli studi universitari, in cui era stata “delegata” a Pavia la funzione di essere il principale centro culturale in Lombardia, con poche e marginai eccezioni fra cui emergono le Scuole Palatine, Milano ha sempre puntato sulla formazione a tutti i livelli e la comunità milanese ha sempre  fatto propria e sostenuto questa politica: per non andare troppo indietro nel tempo si pensi ai Martinitt e alle Stelline, all’Umanitaria , alla Scuola di Incoraggiamento Arti e Mestieri fino ad arrivare al Politecnico (la più antica fra le Università milanesi), alla Bocconi, alla Cattolica, alla Statale, alla seconda sede in Bicocca dell’Università Statale, allo IULM, alla nuova legata alla Humanitas. Cultura, innovazione, in tutti i campi, dalla musica all’arte, dalla scienza alla tecnologia, dall’economia e finanza alla sanità sono state sempre fra le caratteristiche principali della comunità milanese.     

Ecco perché l’ipotesi di costituire una “grande” biblioteca prese il sopravvento su tutti gli altri progetti. Una “Biblioteca Europea”, che potesse costituire nel contempo un grande meraviglioso esempio architettonico e urbanistico e un centro culturale di interesse internazionale. il progetto per eccellenza che avrebbe costituito per Milano il centro principale di attrazione nel campo distintivo di Milano: la cultura.

Su questo progetto vennero chiamate a collaborare istituzioni e singole personalità. Si costituì fra l’altro una Fondazione e, alla unanimità venne indicato come Presidente il professor Antonio Padoa Schioppa, mitico Preside della Facoltà di Giurisprudenza della Università Statale, apprezzato e stimato da tutta l’Accademia. 

Si fece un bando per il progetto, esaminato ed apprezzato in modo entusiastico. Grande apprezzamento da parte delle amministrazioni pubbliche, a partire dai Ministeri competenti fino al Comune. Le risorse furono stanziate e i progetti iniziarono. Quello meno “costoso”, relativo alla digitalizzazione del patrimonio bibliotecario è stato recentemente completato. Ma, ad un certo punto, le risorse economiche e finanziarie vennero meno e cominciarono a farsi sentire appetiti di altra natura, che però potevano contare su fondi finanziari di notevole consistenza. Si attivò solamente una parte dell’intero progetto, relativa ad insediamenti abitativi e commerciali, mentre tutta la zona destinata alla Biblioteca venne lasciata occupata solamente da prati incolti.

I fatti successivi, relativamente al fallimento dell’Immobiliare Porta Vittoria S.p.A. di Danilo Coppola sono abbastanza recenti e ben noti fino ad arrivare a questi giorni quando il progetto della Grande Biblioteca sembra essere definitivamente tramontato. Anzi, si è sparsa la voce, che peraltro deve essere accuratamente verificata con il prof. Padoa Schioppa ed il suo successore che è il prefetto Francesco Paolo Tronca.

Può darsi che questa voce sia vera e tutto ciò lascia un grande sconforto. La comunità milanese preferisce un polo sportivo di quartiere, nuove case di abitazione, un supermercato, un giardino di quartiere, peraltro già previsti nel piano originario al posto di una grande istituzione culturale. Da tutto il mondo dovrebbero quindi arrivare per vedere ed ammirare un grande magazzino, alcuni campi sportivi, probabilmente di quartiere invece di una grande biblioteca: Milano come centro commerciale di buon livello ma non eccezionale, e non come centro culturale. 

È questa la “grande Milano”? Dalla grande Biblioteca Europea a qualche negozio e quattro campetti sportivi? E dov’è l’orgoglio dell’amministrazione comunale, della borghesia imprenditoriale, della finanza e dei mecenati?
Possibile che non si trovi un finanziamento pubblico-privato per rilanciare questo magnifico progetto? 
Personalmente non ho perso tutte le speranze. Una comunità come quella milanese si è sempre sviluppata basandosi anche sulla cultura.