Lo spazio pubblico e l’arredo urbano

UCTAT Newsletter n.12 – maggio 2019

di Carlo Lolla

Una bella città non è solo il luogo ove si massimizzano le opportunità e le occasioni d’incontro, ma un luogo umano ornato di edifici e dotato di specifica identità; frutto del progetto collettivo di una comunità che organizza e interpreta un territorio e che si è dotato di chiari programmi in ordine al proprio futuro. Una città, un paese ha un suo spazio ove l’estensione non è determinata o circoscritta. 

Lo spazio può porsi dei problemi metafisici in contrapposizione alla realtà immateriale. Ma lo spazio deve essere conosciuto. In esso si crea l’ambiente per l’uomo, che deve comunicare e rappresentare suggestioni con gli spazi reali. L’ambiente urbano deve creare una consapevolezza nella fruizione dei suoi servizi. Il concetto è soprattutto mirato agli elementi di corredo, fondamentali per favorire un moderno sistema di presenza. L’evitare il moltiplicarsi di segnali urbani irrazionali, ma creare qualità, evitare disordine nel contesto, ma pensare ad un disegno che corrisponda al desiderio di bellezza, dell’associativismo ricercato dal cittadino; e ciò comporta una crescita culturale e non solo di apprendimento educativo civico.

In molte città l’uso dello spazio pubblico è una giungla. Pali, paletti, panettoni, marciapiedi tappezzati a patchwork, giardini, strade, carcasse di auto abbandonate. Non c’è attenzione. Un ingombro e una forma visiva che riducono il piacere di una camminata. Le scritte murali, anch’esse, offendono il contesto e il paesaggio di una città pulita e gradevole. Questa maleducazione per il senso civico comporta, oltretutto, un costo non indifferente per le amministrazioni in migliaia di euro per la loro cancellazione (che poi paga sempre il cittadino). Questo comportamento vandalico fa riflettere per le condizioni dell’uso fisico dello spazio, molto degradato, che incoraggia una qualità dissacratoria.

Tutto ciò inquina la percezione visiva, mortificandone il piacere del pedone, il quale si attende il privilegio concettuale nella mente e nello spirito. Purtroppo da parte dell’amministrazione c’è evanescenza nel difendere questi spazi, soprattutto nelle periferie, che hanno già di per sé un’edilizia insipida. L’immondizia abbandonata lungo le strade, i marciapiedi accompagnati da erbacce che crescono tra gli interstizi dell’asfalto. Altri accessori al degrado. 
Periferie tristissime, molto spesso declassate a ghetti barbarici, danno origine a emarginazione, avvilimento, violenza.
La qualità degli spazi esterni non riesce più a conseguire la magia delle piazze storiche. Si pensi al Leone di San Marco a Venezia, che raffigura una sostanziale tutela di un luogo e più in generale offre un particolare servizio prestato e riconoscibile.

Un progetto dell’arredo urbano deve dare completezza funzionale e conferire significato alla città, alla parte non edificata e ai grandi spazi. Il termine arredo urbano lascia intendere il prolungamento degli ambienti privati. L’arredo urbano non è solo panchine, lampioni, portarifiuti, semafori, pali. Una miriade di pali. La qualità della vita esige un ambiente pregnante e significativo. Quando ci si muove in città a malapena riusciamo a vedere il colore del cielo, attenti dove mettiamo i piedi per evitare le deiezioni dei cani. Guardiamo avanti a noi, al di sotto della linea dell’orizzonte. Siamo insediati dal traffico, dalle tensioni personali. Non riusciamo a vedere le case lungo le strade, in quanto grigie, dentro una scatola di cemento che ci rende automi insensibili.

La città fornisce straordinari sensori. Certe attrezzature e spazi pubblici sono incoercibili messaggi di affollamento. Non sempre la segnaletica è improntata a criteri di chiarezza, anzi molto spesso non si comprendono.
In tutto questo ci si mette anche la congregazione dei normatoripubblici a creare caos in quanto attuatori di regolamenti (molte volte su suggerimenti di lobbies: commercianti, ambientalisti, handicappati, ecologisti, automobilisti, immobiliaristi etc.) che perdono credibilità, contraddittori, derogati o superati da norme di legge di ordine superiore. Lo spazio pubblico è un luogo caratterizzato ad uso sociale, fa parte del paesaggio. Si dovrebbe metter mano a fondo su un’architettura sensibile che si integri nella “civitas”, che faccia parte di un insieme omogeneo.

Più che coltivare la nostalgia di come eravamo (Navigli), dovremmo impegnarci per come vorremo essere, come vorremmo abitare, come vorremmo camminare, come vorremmo godere del nostro abitato.

Milano, Piazza Sant’Ambrogio