Una assurda foresta di pali a Milano

UCTAT Newsletter n.12 – maggio 2019

di Alessandro Ubertazzi

Qualche anno fa, precisamente nel 2004, il Comune di Milano aveva conferito ad alcuni professionisti l’incarico di concepire un piano per ridurre l’impatto della segnaletica e dei relativi supporti sul paesaggio urbano: si parlava, infatti, di decine di migliaia di pali, molti dei quali ridondanti o perfino inutilizzati.
Indubbiamente la questione era stata ritenuta politicamente suscettibile di approfondite considerazioni operative: esse dovevano mirare a stabilire specifiche modalità nel fornire indicazioni e informazioni appropriate ai cittadini e, soprattutto, nello sfoltire drasticamente la imbarazzante foresta di supporti di quelle.
In realtà, quel progetto fu consegnato nelle forme ai competenti uffici ma… neppure uno dei supporti ritenuti ridondanti (e di cui era prevista la eliminazione) è stato nel frattempo rimosso. Anzi, a dire il vero, molti e molti altri ne sono stati installati e perciò aggiunti senza tener minimamente in considerazione le istanze di quella pur logica strategia.

Oggettivamente, la motorizzazione individuale sviluppata dalla società contemporanea ha introdotto nelle città, ma soprattutto in quelle di antica conformazione, un legittimo traffico di persone e di merci. Nel contempo, essa ha peró determinato una selvaggia aggressione estetica al consolidato contesto fisico nel quale si svolgono le attività umane: in altri termini, le “quinte” del teatro urbano sono chiassosamente alterate dalla sagoma multicolore e multiforme dei veicoli che stazionano lungo le arterie storiche, oltre che dalla sregolata giungla dei supporti che contengono i messaggi finalizzati a fornire le indicazioni più o meno necessarie ai cittadini (da quelle tassative a quelle semplicemente informative).

Può essere necessario sottolineare che le suddette considerazioni non sono davvero improntate a una visione nostalgica della idea di città bensì a restituire alla realtà urbana la sua legittima immagine e la sua pregressa, spesso elegante, identità estetica; quello che definisco “spettacolo della mobilità” (e che normalmente caratterizza un traffico efficiente di persone e merci) non deve essere confuso infatti con la costipazione fisica ed estetica delle vie di scorrimento, con la conseguente, invasiva proliferazione di strutture accessorie.
Le città di antica origine che per molti versi tutti ritengono significative e paesisticamente appaganti (al punto da dover essere espressamente salvaguardate), hanno sempre saputo accogliere, nel tempo, traffici veicolari anche importanti. Tuttavia, specialmente la sera, in passato i mezzi di trasporto venivano collocati in rimessa, essi non stazionavano pervasivamente per le strade.

Personalmente considero l’insilaggio dei mezzi di trasporto e comunque una radicale “depalificazione” due azioni amministrative indispensabili per liberare le quinte edificate dalla indesiderata sovrapposizione di volumi e di forme all’architettura dei luoghi: infatti queste sono spesso del tutto incongruenti con l’aspetto armonico dell’ambiente urbano (peraltro ottenuto attraverso specifiche approvazioni edilizie e, un tempo, addirittura grazie al confronto con le “commissioni d’ornato”).
Tralascio, per il momento, la formulazione di ipotesi e la proposta di modalità per una esplicita riduzione della interferenza visiva delle vetture ferme ai lati delle strade di scorrimento con il paesaggio edificato (oltretutto, questa azione consentirebbe una ulteriore capacità di traffico); desidero peró evidenziare che la questione della proliferazione dei pali, cioè dei supporti per i diversi messaggi indirizzati ai cittadini deve essere finalmente affrontata in modo consapevole e serio.

Un’accurata rivisitazione delle strutture finalizzate a sostenere l’attuale eterogenea tipologia di segnaletiche, richiede un vero e proprio nuovo progetto; in tal senso, occorre, ad esempio:

  • redigere una sorta di manuale contenente le modalità inderogabili per ottimizzare la comunicazione cittá-cittadino relativa, cioè, alla migliore e meno invasiva distribuzione di messaggi tassativi, orientativi, promozionali;
  • adottare o (in mancanza) progettare un supporto standardizzato adatto a “portare” piú di un messaggio ed eventualmente, aggiungerne altri in un secondo tempo;
  • procedere alla manutenzione dei supporti degradati e scorrettamente posizionati (e sono una quantitִà);
  • identificare i supporti ammalorati o non piú necessari onde rimuoverli e rottamarli.

Se, per procedere svincolati dalla insopportabile burocrazia, si dovesse rendere indispensabile qualche atto amministrativo o perfino legislativo ad hoc, ebbene si proceda!
A tal proposito, chiunque può facilmente riscontrare che, a Milano, la gran parte delle segnaletiche presenti in ambito urbano potrebbero essere ospitate su supporti (pali, paline, lampioni, tralicci vari o superfici edificate) già esistenti ovvero, se nuove, ne potrebbero essere collocate molteplici su singoli sostegni.
La fastidiosa moltiplicazione dei supporti per indicazioni e informazioni induce perfino il sospetto, peraltro del tutto infondato, che l’attuale situazione sia favorita da coloro che li realizzano e li installano materialmente oppure, nella migliore delle ipotesi (ma non per questo accettabile), oppure che sia conseguenza di perverse e quasi ineluttabili “logiche” burocratiche.
Interpellati al riguardo, alcuni amministratori mi hanno riferito che la eliminazione anche di un solo semplice supporto per ottenere un riassetto o l’accorpamento di qualche segnaletica richiede atti amministrativi non meno impegnativi di quelli che erano occorsi per la loro installazione e comunque lunghi e onerosi passaggi burocratici per cui nessuno provvede in tal senso.
Parliamone!

 Milano, Corso di P.ta Genova