UCTAT Newsletter n.13 – giugno 2019
di Andrea Tartaglia
Una recente pubblicazione del Centro di Strategia Politica Europea – 10 Trends Reshaping Climate and Energy, 2018 – evidenzia come il problema dei cambiamenti climatici, che è stato spesso percepito come un pericolo di lunga data, stia invece già mostrando il suo impatto in tutto il mondo, e anche in Europa. Nella maggior parte dei Paesi europei l’aumento della temperatura rispetto al secolo scorso è superiore ad un grado. Le catastrofi legate al clima – inondazioni, tempeste, siccità – sono sempre più ricorrenti nei nostri territori, con pesanti impatti sugli ambienti urbani e sulla salute.
Nel contesto milanese le ricorrenti inondazioni nel nord Milano e le isole di calore con problemi per la salute e la vivibilità, si sommano al noto problema degli inquinanti aerei, tra cui i gas serra che contribuiscono ad accentuare i fenomeni del cambiamento climatico. Molti di questi fenomeni, pur favoriti dal particolare contesto geomorfologico, sono certamente legati agli stili di vita e ai caratteri della struttura urbana. Gli effetti dell’isola di calore sono ben percepibili da chiunque si muova nelle aree centrali e della periferia storica. Le estese superfici asfaltate si ammorbidiscono sotto il sole estivo, la mancanza di ombreggiamento sia naturale che artificiale trasforma le carrozzerie delle auto lungo i marciapiedi e nei parcheggi in radiatori roventi, gli impianti di condizionamento surriscaldano l’aria esterna per garantire temperature invernali negli spazi indoor.
Si tratta di fenomeni direttamente correlati al modello insediativo cha ha caratterizzato lo sviluppo di Milano negli ultimi cinquanta anni, un modello anche regressivo rispetto alle soluzioni sperimentate da una modernità che ha saputo produrre spazi urbani di grande valenza ambientale e qualità, quali ad esempio i sistemi di spazio pubblico che caratterizzano viale Indipendenza o viale Omero. La presenza diffusa di strade alberate e la capillare distribuzione del verde di vicinato ha infatti lasciato il passo a configurazioni con minori esigenze di manutenzione e più adatte al traffico veicolare su gomma.
Certamente qualcosa sta cambiando: la partecipazione di Milano al network C40 Cities Climate Leadership Group, la creazione di una Direzione dedicata al progetto Città resilienti, il bando Reinventing cities per favorire la realizzazione di nuovi modelli edilizi sostenibili. Con il Piano per Milano 2030 che ha nell’infrastrutturazione verde uno dei suoi elementi fondativi, sembra essersi tracciata la strada, ma molte sono le insidie e i problemi.
Prima di tutto lo story telling prevale ancora su un modello scientifico su cui fondare e soprattutto valutare proposte e alternative.
Il programmato raddoppio delle alberature nella città di Milano entro il 2030 potrà solo contribuire a una qualche riduzione degli inquinanti aerei, e assume significato solo se tale azione verrà coordinata e correttamente mappata per perseguire un miglioramento più generale della qualità della vita, creando spazi urbani fruibili in centro come in periferia, se favorirà un migliore e più economico ciclo delle acque, se aumenterà la biodiversità e supporterà una mobilità migliore, veloce e accessibile a tutti.
Paradossalmente alcuni studi evidenziano come all’interno di alcune geometrie di canyon urbani (i sistemi costituiti da due cortine edilizie che si fronteggiano ai due lati di una strada) la presenza di essenze verdi possa addirittura aumentare le concentrazioni di inquinati aerei poiché limita il ricircolo dell’aria.
Quindi non è solo un problema di quantità ma anche di qualità, che può essere controllata con analisi puntuali sostenute da approcci scientifici.
I comportamenti sono sicuramente uno degli elementi su cui agire per ottenere importanti miglioramenti, ma devono essere sostenuti da un modello di città, di spazi pubblici, di infrastrutture che li supportino. Il successo della sharing mobilitya Milano dimostra la grande propensione dei cittadini ad adeguarsi a modelli di qualche efficacia ambientale quando risultino migliorativi anche della qualità della vita (costi, tempi, etc.). Bisogna però ricordarsi che una città vivibile è una città per tutti e non solo per ventenni atletici in grado di governare con sicurezza un monopattino.
