Riflessioni sul consumo di suolo

UCTAT Newsletter n.13 – giugno 2019

di Angela Colucci

Il rapporto ISPRA sulle trasformazioni del territorio e dei paesaggi del 2018, Territorio, Processi e trasformazioni in Italia, ISPRA, Rapporti 296/2018, mostra come i processi di urbanizzazione diffusa siano in costante aumento, con un consumo di suolo considerato un’emergenza nazionale già da alcuni decenni. Due sono i fenomeni che emergono: l’estendersi della “città diffusa” (comunque continuo nonostante la crisi e con maggior incidenza proprio in Lombardia, Veneto e negli ambiti costieri); i processi di abbandono degli ambiti montani e collinari. 
A livello Europeo è stata avviata dal 2006 una strategia per la protezione del suolo, volta a promuovere soluzioni per contrastare gli impatti negativi derivanti dall’impermeabilizzazione dei suoli, soil sealing, e l’obiettivo del consumo suolo zero entro il 2050 è richiamato sia nella The Roadmap to a Resource Efficient Europe (COM, 2011, 571) del 2011 che nel Settimo Programma di Azione Ambientale (Soil Thematic Strategy della Commissione Europea).

In Italia, a fronte di un ritardo legislativo nazionale (ormai cronico e generale in materia di urbanistica) le regioni hanno, con livelli di cogenza molto variabili, legiferato norme che tendono a promuovere la riduzione del consumo di suolo (per la Lombardia: Legge Regionale n.31 del 2014, Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e per la riqualificazione del suolo degradato). 
Volendo intendere il consumo di suolo come il processo irreversibile di compromissione/impermeabilizzazione dei suoli, paiono evidenti i danni derivanti dalla perdita netta di un complesso ecosistema vivente – lo strato superiore della crosta terrestre è formato da componenti minerali, humus, acqua, aria e organismi viventi – che garantisce e assolve a funzioni vitali come la regolazione dei cicli dell’acqua e dell’aria, dei flussi energetici e dei nutrienti. Il processo di continua erosione dei suoli comporta notevoli danni a partire dalla perdita diretta dei servizi ecosistemici garantiti dal suolo (neppure comparabile in termini di qualità e efficienza/efficacia con le “infrastrutture” tecnologiche) e indiretta considerando anche gli habitat che crescono sulla sua superficie (riduzione della biodiversità e delle superfici vegetate con riduzione di capacità di sequestro di emissioni e inquinanti, perdita di suoli fertili, ecc.).

L’assenza di una ferma politica di contenimento di consumo di nuovo suolo ha avuto un importante ruolo nella difficoltà di attivazione dei processi di rigenerazione delle aree dismesse urbane e periurbane. Se il mondo della ricerca ha da tempo posto l’attenzione sui servizi ecosistemici einfrastrutture verdi, come strumenti per il rafforzamento delle capacità di resilienza dei nostri territori (anche come risposta di adattamento alle urgenze dei cambiamenti climatici) è necessario uno sforzo di trasferimento di tali concetti quali principi imprescindibili nelle prassi (progettuali e procedurali) che governano la gestione ordinaria delle trasformazioni del territorio al fine garantire un rinnovata cultura progettuale capace di attivare processi di rigenerazione urbana e territoriale in cui i contenuti sociali e di innovazione siano in grado di trovare risposte per affrontare le sfide ambientali.

Nell’ambito milanese si stanno da tempo sviluppando numerose esperienze che mirano a potenziare il sistema delle infrastrutture verdi urbane e periurbane: ne sono testimonianza i numerosi progetti di rigenerazione e valorizzazione dei parchi urbani e periurbani, come le progettualità attivate da partnership tra associazioni, il Politecnico di Milano e di istituzioni. Esempi sono le iniziative attivate lungo il fiume Lambro e nell’ambito del Parco Sud Milano, i progetti volti a potenziare le sinergie tra urbano e rurale come il nodo di Rogoredo/Porto di Mare.  Esistono più progettualità sinergiche: dal progetto UIA OpenAgri a iniziative di stewardship delle aree verdi da parte di associazioni locali, fino a proposte di intervento verso modelli insediativi sostenibili per i quartieri urbani di margine. Come anche le politiche di rafforzamento delle infrastrutture verdi urbane proposte sia nell’ambito della revisione della strumentazione urbanistica che del Progetto Città Resilienti, che prevedono sia il potenziamento, inclusa nuova piantumazione e messa a dimora, di habitat e fasce verdi sia l’introduzione di norme volte a migliorare la sostenibilità ambientale degli interventi edilizi diffusi.

In chiusura, è importante anche dare conto della diffusa attivazione della società civile: numerosissime “pratiche” raccolte nell’ambito del progetto Osservatorio Pratiche di Resilienza testimoniano da un lato una consapevolezza rispetto all’importanza di tutelare le aree verdi e un impegno attivo e diretto nel migliorare queste risorse in quanto nodi funzionali ecosistemici, enfatizzando anche la loro importanza come luoghi di identità per le comunità locali.

La conurbazione milanese