UCTAT Newsletter n.13 – giugno 2019
di Luca Bertoli
La rigenerazione urbana è l’argomento costante dei confronti e dei progetti sulla città.
Rigenerazione, Smart City, Smart office, 5G, IOT, BIG DATA, Sharing mobility, Veicoli elettrici, Smart greed, Shared power plants, Teleriscaldamento, Geotermia diffusa e condivisa.
Sono gli argomenti comuni e costanti di ogni dibattito, proposta o progetto.
Il motore di questo processo di rinnovamento è rappresentato in primo luogo dai progetti di riqualificazione vita. Tuttavia, gran parte delle opportunità di investimento e di sviluppo è individuabile nella realizzazione di servizi e funzioni diffuse sul territorio che comporteranno una differente fruizione dello spazio pubblico con la realizzazione di servizi diffusi e spesso intangibili, ma geolocalizzabili. L’individuazione di un target ma con la disponibilità istantanea e compulsiva.
Sono solo alcuni dei contenuti con i quali definiamo il livello di innovazione dei processi di rigenerazione urbana in fase di studio che si concretizzeranno nei prossimi due decenni:
dalle grandi aree dismesse alla riqualificazione di comparti obsoleti che per mancata manutenzione o per incompatibilità funzionale hanno ormai raggiunto la fine del loro ciclo di vita. Il motore di questo processo di rinnovamento è rappresentato in primo luogo dai progetti di riqualificazione vita. Tuttavia, gran parte delle opportunità di investimento e di sviluppo di nuove imprese è rappresentato dalla realizzazione di servizi e funzioni diffuse sul territorio che comporteranno una differente fruizione di tutti gli spazi pubblici.
I principali ambiti tecnologici coinvolti in questa rivoluzione sono:
- L’avvento del 5G con la possibilità di gestire in tempo reale enormi quantità di dati raccolti direttamente sul territorio sia dai device tradizionali sia dalla proliferazione degli IOT;
- Lo sviluppo della cultura della sharing economy che, nei centri urbani sta sostituendo la tradizione del possesso dei beni con la cultura dell’acquisizione temporanea dei servizi ad esso connessi;
- La diffusione degli interventi ad elevato contenimento dei consumi energetici;
- La migrazione dei sistemi di mobilità verso sistemi a bassa o nulla emissione nei luoghi di transito, la diffusione dei veicoli ibridi e la prevedibile e rapida diffusione della mobilità elettrica in tutte le sue forme sia privata sia pubblica.
A fronte dei molti progetti pilota in fase di sperimentazione, spesso condivisi in progetti coordinati a livello internazionale, risulta evidente che la diffusione di queste innovazioni presenti uno dei punti di forza nella diffusione omogenea a livello metropolitano e, soprattutto, nel coordinamento e l’integrazione multidisciplinare. Dall’individuazione e dallo sviluppo delle sinergie potranno emergere nuovi servizi con elevato valore aggiunto per i fornitori e congiuntamente ad una riduzione dei costi di gestione e del costo dei servizi.
Un denominatore comune a tutti è la necessità di implementare, o meglio di ristrutturare il sistema delle reti tecnologiche del territorio, richiedendo una profonda riorganizzazione delle reti infrastrutturali di superficie e in sottosuolo.
La infrastruttura degli acquedotti richiede un profondo ammodernamento sia nei punti di captazione che richiedono l’approfondimento verso falde meno contaminate e la realizzazione di nuove strategie di rete e pompaggio. Questo potrebbe rendere disponibili i punti di captazione esistente per realizzare una rete di emungimento delle falde superficiali da destinare ad un utilizzo geotermico diffuso, consentendo la parziale sostituzione degli impianti a combustibile fossile.
Le reti trasmissione dati presentano una strana condizione di coesistenza di dorsali in rame precedenti all’avvento delle tecnologie digitali con sistemi cablati in fibra ottica che consentono facilmente l’implementazione dei progetti di innovazione. Tutto questo aggravato dalla sovrapposizione di reti di gestori concorrenti realizzate in un clima di mancanza di coordinamento e controllo, determinando una condizione di caos nel sottosuolo del quale la presenza assolutamente casuale di tombinature e di torrette aleatoriamente distribuite sui marciapiedi rappresentano solo la punta di un iceberg.
In questa situazione di profondo rinnovamento le reti elettriche si trovano in una situazione di congestione e saturazione delle capacità, sia sul lato della bassa tensione (ormai anche il più piccolo intervento di rigenerazione urbana richieda la realizzazione di una cabina di trasformazione dedicata per mancanza di potenze residue sulla rete), sia sul lato della distribuzione in media tensione. La diffusione della mobilità elettrica comporta, e comporterà sempre di più, aumenti dei carichi su una rete che, nello stato attuale, non è in grado di sopportare.
In nessuno dei progetti allo studio è mai stata evidenziata la necessita di definire una strategia di riurbanizzazione delle reti e dei servizi diffusi sul territorio. Su questa tematica si evidenzia la necessita di una pianificazione delle strategie di intervento sia nella posa delle nuove reti (con la definizione di un vero e proprio piano di intervento e di un piano delle regole che definisca gli oneri per i gestori), sia per l’installazione dei nuovi manufatti, sia per la bonifica e la riorganizzazione delle reti esistenti in occasione degli interventi di manutenzione sul territorio.
Alla riprogettazione localizzata delle grandi enclave oggetto di recupero urbano, manca la contrapposizione di una revisione diffusa delle infrastrutture sulla quale è urgente aprire un dibattito e un tavolo di confronto per consentire che il rinnovamento tecnologico non riguardi solo le nuove grandi aree di intervento ma possa, magari partendo da queste, interessare tutta l’area urbana a scala metropolitana.
Il vero avvento delle smart city è strettamente vincolato alla diffusione omogenea dell’ammodernamento delle infrastrutture. In caso contrario gli interventi sperimentali rimarranno degli esempi localizzati e la diffusione a macchia di leopardo comporterà l’aggravamento della periferizzazione tecnologica – già esistente tra aree metropolitane e periferie – anche all’interno delle grandi aree urbane, determinando una condizione di esclusione definibile come “Innovation Divide”.
