UCTAT Newsletter n.2 – febbraio 2019
di Andrea Bucci
Il Regolamento d’uso e di tutela del verde pubblico e privato ad un anno dalla sua adozione inizia a far vedere i primi effetti sul territorio comunale. Le prescrizioni contenute nel regolamento, infatti, riconoscono e preservano il valore dei servizi ecosistemici svolti dagli alberi. Le chiome degli alberi abbassano le temperature estive (grazie all’ombreggiamento e al fenomeno endotermico dell’evapotraspirazione). Le chiome assorbono gli inquinanti, migliorano il paesaggio, incrementano la biodiversità e favoriscono la socialità.
È una rivoluzione culturale quella che riconosce al verde privato anche una funzione pubblica. È una rivoluzione culturale quella che condanna la riduzione delle chiome degli alberi quale intervento ordinario “da calendario”. Il regolamento ammette che alberi e arbusti influiscono positivamente sulla qualità della vita (dell’aria che respiriamo soprattutto) anche di coloro che non vivono direttamente negli spazi di un giardino o di un parco privato.
Il regolamento ha il grande pregio di vietare (almeno sulla carta) qualsiasi potatura drastica che non ha alcuna fondatezza tecnico-scientifica e che arreca un danno alla collettività (la riduzione importante delle chiome compromette i benefici ecosistemici) e ai committenti (che sostengono i costi per far fare un lavoro che produce un danno). Le potature drastiche e le cimature sono spesso dettate dagli interessi di operatori non formati, di credenze più o meno popolari nonché da paure irrazionali che non trovano
dei professionisti preparati come interlocutori. Si riporta parte dell’articolo 33 che può essere molto utile a qualsiasi membro di una comunità condominiale intenzionato a far valere le ragioni di una gestione razionale degli alberi. “Un albero messo a dimora e coltivato in modo corretto e che non presenti difetti o alterazioni di varia natura non necessita, di norma, di potatura. La potatura, pertanto, va considerata un intervento che riveste carattere di straordinarietà e deve essere limitata alla sola rimozione delle porzioni di chioma secche, o di quelle lesionate o alterate da attacchi parassitari e da danni meccanici o meteorici, tali da pregiudicare la salute della pianta e/o la sua stabilità; ovvero a quelle strettamente necessarie, essendo l’obiettivo fondamentale della potatura quello di mantenere piante sane, e soprattutto con il massimo sviluppo della chioma compatibilmente con l’ambiente circostante”. Pertanto il regolamento riconosce che le asportazioni di rami di circonferenza superiore ai 30 cm costituiscono un grave danno alla collettività qualora non sussistano motivi di sicurezza fondati oppure gravi conflitti con il costruito.
Per quanto riguarda gli abbattimenti c’è l’obbligo di mettere a dimora nell’ambito della stessa proprietà privata, o in alternativa su suolo pubblico (qualora la proprietà non abbia spazio sufficiente), di un valore economico equivalente di giovani alberi di alto fusto.
Questo è il punto più controverso che obbliga i professionisti abilitati a stimare il valore economico degli alberi abbattuti a prescindere dalla motivazione. La stima avviene per mezzo del metodo svizzero che a partire
da un decimo del valore di mercato di un giovane albero della stessa specie moltiplica per diversi coefficienti a seconda delle dimensioni, della posizione rispetto al centro città e del vigore vegetativo.


Quando un albero di dimensioni importanti presenta difetti rilevanti o grave conflitto con il costruito (perchè messo a dimora decenni prima ad una distanza troppo ravvicinata da edifici oppure su terrapieni con poco spazio per lo sviluppo degli apparati radicali) e i proprietari decidono di rinnovare con specie più idonee alle condizioni del contorno, il valore economico da rimettere a dimora in compensazione può raggiungere cifre esorbitanti.
Si riporta l’esempio di un pioppo nero di seconda grandezza (circonferenza del tronco 200 cm, altezza 18 metri circa) in un giardino condominiale caratterizzato da gravi difetti strutturali in quanto radicato in una piccola aiuola delimitata a pochi centimetri dal colletto da una parete di cemento. L’applicazione del metodo svizzero stima il valore dell’albero in 2613 euro. Analoga è la situazione dei molti abeti rossi radicati nei giardini condominiali che messi a dimora diversi decenni addietro, come alberi di Natale, presentano importanti conflitti con il costruito e rendono spesso i giardini luoghi poco ospitali per la fruizione. Un abete rosso di media vigoria, il cui tronco misura 130 cm di circonferenza e radicato all’interno dell’area cittadina delimitata dalla linea 90-91 può arrivare ad un valore di 3399,76 euro. Si tratta di cifre importanti soprattutto per condomini costituiti da poche famiglie oppure ad appannaggio di un unico proprietario. Cifre importanti che possono scoraggiare il privato a intraprendere opere di riqualificazione di parchi e giardini sostituendo specie poco adatte ai contesti urbani con specie a portamento arbustivo capaci di esprimere un valore ecosistemico superiore. Si pensi al valore ecologico delle siepi che possono generare volumi di biomassa fotosintetizzante notevoli ed essere percepite in modo più diretto dalle persone a differenza di un abete che, invece, esprime al meglio le proprie potenzialità negli ambienti molto spaziosi e con condizioni pedoclimatiche diverse dalla città.
Il regolamento obbliga a sostituire gli alberi abbattuti soltanto con specie arboree e non con arbusti. Di conseguenza un abete o un pioppo da sostituire del valore di 2500-3500 euro obbliga il proprietario a mettere a dimora a proprie spese un valore equivalente di verde urbano che corrisponde a circa 10-20 nuovi alberi a pronto effetto. La stessa situazione si può osservare in chi vuole sostituire dei soggetti arborei di Ailanthus altissima (specie arborea invasiva e infestante capace di semplificare la biodiversità e danneggiare i manufatti). Un soggetto di prima grandezza di Ailanthus può essere stimato dal metodo svizzero in oltre 4000 euro se questo è radicato in una zona semicentrale della città. È da evidenziare come il Comune di Milano abbia adottato dei coefficienti superiori a quelli universalmente riconosciuti da tutti i testi universitari che caratterizzano il metodo svizzero. È una scelta che, se da una parte scoraggia abbattimenti “pretestuosi” e “immotivati” di soggetti arborei di elevato valore ambientale e paesaggistico, dall’altra inibisce le riqualificazioni di parchi e giardini interessati in passato da scelte progettuali errate o incuria. Analoghe le situazioni di grandi alberi che pur avendo ancora una vigoria vegetativa si trovano radicati su terrapieni oppure da alberi danneggiati in modo irrimediabile da gestioni scorrette che si vogliono sostituire. Siepi polispecifiche e macchie arbustate di una certa continuità possono sostituire in modo efficace abeti o alberi poco adatti a crescere in contesti carenti di spazio.
La rivoluzione culturale importantissima che questo regolamento ha correttamente sancito deve dare seguito ad una certa reciprocità. Se è vero che il verde privato condiziona positivamente la qualità dell’aria a beneficio di tutti lo è altrettanto che la pubblica amministrazione possa quantomeno favorire la qualità del verde privato senza penalizzare chi procede a riqualificazioni assennate. Questa facilitazione potrebbe tradursi in una divisione dei costi a metà tra pubblico e privato per le sostituzioni di alberi caratterizzati da gravi conflitti con il costruito o una rivisitazione
dei coefficienti utilizzati per la stima del valore degli alberi in particolari condizioni. Ne va di una visione più equilibrata dove città e vegetazione sono un tutt’uno capace di disegnare paesaggio e benessere.