Riapertura dei Navigli e problematiche urbanistiche

UCTAT Newsletter n.3 – luglio 2018

di Carlo Lolla

Nel settembre del 1991, in occasione del “IV Salone Internazionale dell’Architettura”, il Cocis (comitato città sotterranea) presentava una serie di progetti, se si intendeva tornare a servirsi della Cerchia dei Navigli, riscoprendo una linea d’acqua che già nel passato si era rilevata preziosa per il trasporto delle merci e che era connaturata alla città, che in essa e con essa è cresciuta per secoli.

Da quella tribuna del IV Salone si chiedeva una chiara presa di posizione verso l’opinione pubblica positiva o negativa. L’idea progettuale prevedeva, utilizzando sotto l’alveo dei Navigli, di ricavare un moderno asse portante del traffico automobilistico (se fosse ai giorni nostri si potrebbe ipotizzare una circle-line).  I progetti “particolareggiati” erano stati messi a punto da gruppi di studio formati da giovani architetti, ingegneri e artisti.  

Il fine, sfruttando il sottosuolo, era semplicemente nel dare un contributo a risolvere problemi economici, ambientali, di mobilità.  

L’idea, allora, era quella, come già detto, di usufruire del sottosuolo; e si pensava come organizzare i più importanti nodi di traffico che intersecano la Cerchia dei Navigli, il Parco delle Basiliche, Largo Augusto, la zona di via Senato e via Marina, l’area di San Marco e via Fatebenefratelli. 

Questi nodi si dovevano collegare fra loro con la esistente viabilità di superficie, pensare a parcheggi in sotterranea, studiare opere in sotterranea di utilità pubblica (strade,svincoli, piazze, vani polifunzionali, tunnel tecnologici). 

E la fantasia non mancava in quanto si pensava a progettare anche spazi per magazzini, centri sportivi, spazi per l’arredo dei complessi, piazze, strade.  Rendere più omogeneo ed esteticamente, con l’apporto dell’artista, abbattendo così anche il suo costo se vien fatto in corso d’opera e non a posteriori. 

Creare assi viari portanti tra piazza del Duomo, Montecity-Linate aeroporto (usufruendo la strada in sottosuolo del parcheggio di via Borgogna, e dall’altra l’asse piazza San Marco-via Melchiorre Gioia-Niguarda, al fine di togliere dalla viabilità di superficie, in buona parte della città, le maggiori correnti di traffico. 

La prima persona che si era innamorato dei Navigli e ne ha fatto un caso di vita personale culturale, ha un nome: l’arch. Empio Malara, che oggi fa parte del gruppo di lavoro (Comune) per la riapertura. 

Empio Malara è il Presidente dell’Associazione degli “Amici dei Navigli”, Associazione per la quale sono onorato di essere socio e che negli anni addietro ho contribuito nel rilevare le sponde del Naviglio Grande; partendo dalla Darsena, e via via in vari lotti, sino al ponte a schiena d’asino di Trezzano sul Naviglio. 

Empio Malara, di origine calabrese, ha dedicato tutta la sua vita al fine di recuperare e salvaguardare queste vie d’acqua.  Nessun milanese ha dato quanto lui.

 La preziosità dei Navigli e la loro storia sono un patrimonio per Milano. 

Egli ha ideato, promosso e studiato il ripristino per la navigabilità del tratto Locarno-Venezia includendo i Navigli. La tratta percorre tutto il lago Maggiore, arrivando ad imboccare il Ticino là dove sorge la suggestiva Diga del Panperduto (Somma Lombardo – 1884), poi percorre il Naviglio Grande, la Darsena, il Naviglio Pavese, sino alla famosa Scala delle Acque a Pavia per poi tornare ad immettersi di nuovo nel Ticino, quindi nel Po sino a giungere, a fine corsa, alla laguna di Venezia. La cronaca di tutto questo lavoro è la valorizzazione di un percorso magnifico tra cascine, paesi, ville: è in sostanza una risorsa e opportunità turistica, come avviene negli altri paesi europei ma, in futuro, può diventare un’autostrada d’acqua, per convogliare merci ed altro: e qui è un revival dei tempi passati quando le barche, chiatte, barconi portavano i prodotti dell’agricoltura all’interno della città.

Fatto questo preambolo per dovizia, ricordo che allora era semplicemente una proposta nel far conoscere alla cittadinanza che una città piccola come territorio, Milano poteva usufruire del sottosuolo liberando il sopra dal traffico. 

Eravamo però nel 1991, ben 27 anni fa!!!

Ora con le nuove prospettive per la riqualificazione degli Scali Ferroviari, con tutto quel che ne consegue, infrastrutture, verde, città cablata si vuole riaprire i Navigli.

 Idea bella, ma è proponibile?

Gli unici tratti di Naviglio, che eventualmente si possono riaprire, a mio parere, riguardano  la Conca di Viarenna (progetto di Empio Malara) che può essere una riconnessione con la Darsena e, altro punto, il Naviglio Martesana  in via Melchiorre Gioia sino alla Conca di Leonardo – Ponte delle Gabelle.

Il recupero all’interno della cerchia dei Navigli per tratti, comporterebbe costi enormi (dicono 800 milioni di euro, ma prevediamo, l’esperienza ci insegna, come  va a finire coi soldi) e tempi biblici. Bello nel sogno, ma ripeto utile?

Ed ecco che a tutto questo, contemporaneamente, si dovrà associare la riqualificazione degli Scali Ferroviari.  Mi domando se si è pensato o si sta pensando ad un disegno urbanistico d’insieme della città? Tutti questi lavori comporteranno una città sottosopra per almeno 50anni!  Senza contare eventuali ricorsi e controricorsi, già annunciati.

Infatti si è a conoscenza che diverse associazioni milanesi si sono raccolte in un gruppo denominato “Comitato Cambiamenti Climatici” (esiste ancora?) a cui hanno aderito 36 sigle, la quale intende intraprendere azione legale (riferito agli Scali), ricorrendo al TAR e, se possibile, anche con una azione parlamentare.

Se tanto mi da tanto penso che lo faranno pure per i Navigli, il cui inizio lavori è previsto per il 2020. Nel contempo, in un’altra parte della città, si sta lavorando per la linea metropolitana la n. 4. 

Se con gli Scali Ferroviari si dovrà cogliere l’occasione per rigenerare la città, soprattutto riqualificando le periferie, con la riapertura dei Navigli avremo nel territorio un cantiere aperto perenne con un forte impatto sulla città medesima. 

Quindi mi domando come faranno a colloquiare, i promotori, con gli interventi nell’ambito della viabilità, della qualità, dell’ambiente, del potenziamento del trasporto pubblico, dei servizi, del verde pubblico, dei grandi parchi e della ricucitura tra i vari quartieri con connessioni di ossatura urbanistica, senza creare un stand-by totale?

Hanno pensato a relazionare ed informare preventivamente la cittadinanza che questi macro interventi avranno vita in un futuro prossimo ravvicinato? Relazionando non devono parlare solo dei Navigli, ma far presente che simultaneamente si opererà anche sugli Scali, con tutto quel che ne consegue.  Soddisfare un revival storico è bello, ma la vivibilità nel periodo come sarà? La sicurezza? Il clima? Le attività? Saranno soddisfatte?

Ho votato al referendum sulla riapertura dei Navigli, ma non pensavo, allora, agli Scali. 

Per compiere tutto ciò occorre competenze specifiche, una buona governance, condurre questa idea col buon senso e non impantanarsi in buchi neri ove si avvicenderanno interessi economici e politici a discapito dei cittadini. 

Si desidera la città invivibile fino a quando i lavori saranno terminati, cioè per tre generazioni?