Un bilancio del Bilancio Partecipativo

UCTAT Newsletter n.3 – luglio 2018

di Andrea Tartaglia

Ad aprile si è conclusa la terza fase del “Bilancio Partecipativo 2017/2018” del Comune di Milano con la selezione di 9 progetti che saranno finanziati e di altri 3 progetti solo parzialmente secondo la graduatoria di una votazione aperta con la partecipazione di 17.627 cittadini. L’investimento totale è di 4,5 milioni di euro (500.000 euro per ogni Municipio). 

Si tratta della seconda edizione promossa dall’Amministrazione comunale; la prima (2015/2016) aveva un budget di 9 milioni di euro e si era dimostrata un’iniziativa molto apprezzata dalla cittadinanza, capace di attivare creatività e capacità progettuali diffuse e di qualità per rispondere ad esigenze reali.

Come sintetizza l’apposito sito web predisposto per far conoscere l’iniziativa ed anche per facilitare un’ampia partecipazione: “il Bilancio Partecipativo è uno strumento di amministrazione partecipata ormai diffuso in tutto il mondo che, sulla base di un budget stanziato da un ente pubblico (di solito un comune), permette direttamente ai cittadini di proporre, progettare e votare interventi per il proprio territorio, che verranno poi realizzati dall’ente”.

Si tratta di uno strumento che nell’interpretazione dell’amministrazione milanese ha messo in luce evidenti positività ma anche zone d’ombra.

Di positivo sicuramente vi sono: l’incentivazione alla partecipazione attiva dei cittadini; la facilità delle procedure messe in atto e la grande trasparenza in tutti i passaggi decisionali; il numero delle proposte formalizzate e la qualità dei loro contenuti; l’aver messo in luce esigenze e criticità nel territorio non sempre percepibili dall’amministrazione comunale. Si tratta di aspetti importanti che trovano una corrispondenza nell’istituzione dell’Assessorato alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data. Una scelta in linea con i modelli partecipativi e collaborativi che caratterizzano nuovi modi di gestione della cosa pubblica nelle realtà più avanzate.

Di negativo vi è invece: la partecipazione al voto di meno del 2% della popolazione di Milano; un budget a disposizione minimale rispetto al bilancio cittadino (nell’ordine di un millesimo del bilancio comunale); l’alto numero di progettualità pur interessanti e che derivano da esigenze concrete che non trovano tuttavia  possibilità di essere finanziate, quindi con uno spreco di risorse intellettuali, di tempo ed economiche investite dai cittadini proponenti; l’evidente difficoltà a portare a termine anche i progetti finanziati come dall’analisi sull’attuazione dei progetti finanziati con il bando 2015/2016.

Chiara la discrasia esistente tra il processo decisionale definito dal Bilancio Partecipativo ed il processo autorizzativo/burocratico che caratterizza le fasi di reale finanziamento e attuazione delle opere all’interno della macchina pubblica. 

In mancanza di un’azione decisa di semplificazione procedurale con una conseguente riduzione dei tempi e dei passaggi all’interno degli apparati pubblici, il rischio è che l’introduzione di strumenti apprezzabili quali il Bilancio Partecipativo si trasformi in un boomerang che aumenti la diffidenza e disaffezione della cittadinanza nei confronti dei gestori pubblici. Il che non significa dover rinunciare a tali strumenti. Al contrario, impegnarsi per renderli sempre più efficaci non solo nelle fasi preliminari di apertura alla popolazione e confronto sulle idee ma soprattutto per quanto riguarda l’attuazione e il completamento delle opere.