UCTAT Newsletter n.4 – settembre 2018
di Elena Mussinelli
Il percorso partecipativo promosso dall’amministrazione comunale milanese in relazione al Progetto Navigli è stato oggetto di diverse osservazioni critiche.
Questo anche per l’attenzione sollevata, non solo tra gli esperti di settore, dalla recente emanazione del decreto che regolamenta il cosidetto Dibattito Pubblico, in attuazione del Codice degli appalti.
Da decenni infatti si attendevano azioni e procedure finalizzate al coinvolgimento informato e consapevole del pubblico nelle scelte progettuali che riguardano la realizzazione di grandi opere e infrastrutture. Anche con l’obiettivo di aumentarne la fattibilità, a fronte della ben nota “sindrome del no”, nelle sue più varie declinazioni (dal NIMBY, non nel mio cortile, sino all’estremo del BANANA, non costrire assolutamente nulla da nessuna parte): il contrasto delle popolazioni interessate da progetti di significativo impatto ambientale rappresenta un fenomeno evidente in tutta Europa, che in Italia ha assunto proporzioni anche molto rilevanti.
La partecipazione non può più essere considerata un elemento opzionale del processo decisionale, né tantomeno essere vista come una concessione che committenti e progettisti accordano – volenti o nolenti – alla comunità locale e ai vari soggetti interessati a/da un determinato progetto o intervento. Essa deve rappresentare un vero e prorio strumento d’azione dei cittadini, che si riconoscono e cooperano al progetto e alla trasformazione del proprio territorio.
È questo uno dei punti critici del percorso avviato dall’amministrazione milanese, che ha programmaticamente limitato il coinvogimento del pubblico. Come precisato nel sito del Progetto Navigli, infatti, “il dibattito ha lo scopo di presentare al pubblico il progetto di riapertura dei Navigli e di raccogliere suggerimenti e proposte che possano migliorarne gli aspetti ritenuti più critici”.
I cittadini hanno quindi potuto unicamente ricevere informazioni sul progetto, chiedere chiarimenti, indicare criticità e temi da approfondire o proporre soluzioni migliorative, ma non sono stati in alcun modo interpellati circa l’opportunità di realizzare l’intervento. Non vi è inoltre traccia di una analisi condivisa dei bisogni e delle priorità, né vengono prese in considerazione soluzioni alternative, inclusa l’“opzione 0” (non realizzazione dell’intervento), che consentirebbe invece di stimare e comparare in modo oggettivo sia gli impatti che i costi/benefici.
Come da molti rilevato, e come confermano le recenti dichiarazioni dell’assessore Lipparini al Corriere della Sera, la decisione sembra già presa e il contributo derivante dalla consultazione pubblica darà luogo solo a piccole correzioni, modifiche isolate che possano rientrare nelle oscillazioni di bilancio già previste dall’amministrazione.
Come UCTat abbiamo prodotto un Quaderno che evidenzia invece numerose criticità e, dalla lettura degli oltre quaranta “Quaderni degli attori” pubblicati sul sito, e della lunga lista di osservazioni e contributi raccolti, emerge una notevole predominanza delle posizioni critiche al progetto, con argomentazioni che sollevano tematiche importanti e di natura strutturale:
– riaprire i Navigli risponde ai bisogni della città? considerando la notevole rilevanza dell’impegno finanziario comportato, è davvero questa la priorità per i cittadini? perché non accertarsene con un referendum puntualmente riferito al progetto di riapertura delle cinque tratte?
– quali sono le effettive coerenze del progetto rispetto alla redigenda variante al PGT, al Piano del traffico e dei parcheggi e al Piano della mobilità, anche in rapporto al tema della navigabilità?
– perché vengono così sottovalutati gli impatti ambientali generati dall’intervento sulla mobilità e sulla fruibilità dello spazio pubblico, sia durante il cantiere che in esercizio? e vengono sottovalutati anche i problemi legati alla manutenzione, alla gestione, alla sicurezza, ai rischi?
– quale sarà l’effettivo bilancio tempi-costi-benefici?
– perché tanta fretta? cosa impedisce una programmazione più dilatata, che consenta di dare maggior spazio all’approfondimento del progetto e della sua fattibilità, prevedendo tempi congrui per la partecipazione, anche in un più chiaro e diretto rapporto con le consultazioni previste nella fase di VIA?
Quale risposta avranno queste domande?