Verde pubblico a Milano, a che punto siamo?

UCTAT Newsletter n.79 – GIUGNO 2025

di Martina Mulinacci

Milano è una delle città più grigie d’Europa per la quantità e la cura del verde. Le condizioni del verde pubblico vengono spesso descritte dai cittadini come degradate o comunque trascurate: aree dove la manutenzione tarda ad arrivare, aiuole secche e frammentate, giochi rotti nei parchi, rifiuti tra le siepi. Una situazione che, per molti, riflette anni di gestione insufficiente e frammentata.

Nel giugno 2024 in particolare si parlò molto di come il gestore del verde preferisse pagare le multe al Comune per la sostituzione degli alberi che morivano a causa del caldo piuttosto che bagnarli, situazione denunciata dal consigliere Municipio 7 Andrea Giorcelli[1], aggiungendo che Milano spendeva meno di 1€/mq per la gestione del verde alle imprese. A cambiare le carte in tavola, però, potrebbe essere l’affidamento della gestione alla società partecipata MM S.p.A. (società che gestisce a Milano le fognature e le case popolari), a partire dal 1° ottobre 2024 per i successivi 25 anni. Dopo aver assunto la manutenzione dei giardini scolastici comunali, da aprile 2025 MM gestisce anche il verde urbano del Municipio 8, il più verde di Milano. L’obiettivo è che entro la fine dell’anno la società abbia in carico tutto il patrimonio verde cittadino. L’intento è ambizioso: riunire sotto un’unica regia tutte le attività (manutenzione degli elementi vegetati, degli elementi di arredo e del sistema di irrigazione), superando la storica frammentazione degli appalti e rendendo più coordinata l’azione su aree verdi, attrezzature e risorse idriche. “Questo approccio consentirà di migliorare le sinergie e di pianificare le attività in modo coordinato”, ha dichiarato l’assessora Elena Grandi, “L’affidamento a lungo termine garantirà inoltre una maggiore continuità del servizio.”[2]

Attualmente le condizioni non sono molto diverse dall’anno precedente, se non per quanto riguarda la sperimentazione dello sfalcio ridotto: sono salite a 111 le aree verdi pubbliche a sfalcio ridotto, pari a una superficie di 1,7 milioni di m² (su 19 milioni di m² di verde urbano gestiti direttamente dal Comune). L’iniziativa è supportata da uno studio dell’Università Milano-Bicocca in collaborazione con la nature tech company 3Bee, che ha riscontrato un aumento della biodiversità fino al 30%. Gli insetti osservati (impollinatori, predatori, decompositori, erbivori) comprendono: api mellifere e selvatiche, sirfidi, farfalle, coleotteri, cavallette e cimici. I risultati migliori si registrano nelle zone ricche di fiori spontanei (come carote selvatiche, radichelle, trifogli e centaurea) dove la presenza di insetti può aumentare fino al 60%. Anche i piccoli boschetti urbani favoriscono la biodiversità, con un incremento stimato intorno al 40%. Non mancano, però, le criticità. Le graminoidi (ad esempio il forasacco dei tetti), se troppo diffuse, riducono la diversità vegetale e causano un calo della fauna utile: fino al -40% nella varietà di insetti[3]. Non solo, l’erba alta contribuirebbe anche ad una minore erosione del suolo e ad un miglioramento delle condizioni microclimatiche.

Le maggiori preoccupazioni dei cittadini in merito all’erba alta riguardano l’aspetto visivo del verde trascurato e i rischi per bambini e animali domestici, in particolare per la presenza di forasacchi e zecche. Secondo il Comune, nelle aree giochi e cani l’erba viene regolarmente tagliata, salvo eccezioni legate al maltempo, ma purtroppo varie testimonianze affermano il contrario, riscontrando erba alta anche in zone dove lo sfalcio ridotto non è previsto. Secondo il Garante del Verde di Milano, una maggiore tempestività nel tagliare l’erba in aree non a sfalcio ridotto faciliterebbe da parte dei cittadini l’accoglienza verso questa iniziativa che rimane, di fatto, utile alla biodiversità. Anche a giugno di quest’anno la colpa della mancata tempestività del taglio è stata data alle piogge del mese di maggio[4], ma il problema è che in alcune aree documentate dai cittadini (come, ad esempio, nel Municipio 2 nel Parco Adriano, o le condizioni di piazza Diaz in pieno centro, dove da un anno aspettano il completamento degli interventi straordinari), la situazione è grave da molto tempo.

Un altro grande problema riguarda la raccolta dell’erba: i residui restano a terra, soffocando l’erba sottostante (creando così un prato a chiazze con vegetazione morta), favorendo umidità e creando habitat indesiderati per insetti meno utili, come vespe e calabroni. Lì rimangono poi i forasacchi tagliati, rendendo difficile evitare il pericolo anche nelle aree attrezzate. La raccolta dell’erba tagliata è a carico della società che gestisce il verde e non di AMSA; quindi, non è chiaro perché molto spesso questa raccolta non venga effettuata.

Dall’altro lato si è registrato un aumento della consapevolezza dei cittadini sui temi della biodiversità e del loro coinvolgimento nella cura del verde. Ad aprile di quest’anno è stato pubblicato sul portale del Comune di Milano un aggiornamento sul progetto ‘Cura e adotta il verde’, in vigore dal 2012, che ha raggiunto ben 268mila metri quadrati ‘adottati’ da cittadine e cittadini, enti, associazioni, società, condomini, comitati, che si prendono cura del verde della città. Per quanto coinvolgere i cittadini nella cura dello spazio pubblico sia fondamentale, rimane prioritario promuovere azioni per il miglioramento da parte degli enti gestori e soprattutto della manutenzione ordinaria e straordinaria.

Se da un lato il passaggio a MM promette una gestione più efficace e unitaria, dall’altro sarà necessario molto tempo per recuperare anni di criticità. La mancanza cronica di interventi strutturali ha generato un “debito verde” che non può essere colmato in pochi mesi. In parallelo, va segnalata anche una certa contraddizione urbanistica: molti progetti di riqualificazione degli spazi pubblici tendono a ridurre il verde a semplici aiuole fiorite o a poche alberature sparse, piuttosto che aumentarne realmente l’estensione e la qualità. Il rischio è che ancora una volta non venga preso in considerazione il verde come risorsa necessaria al controllo microclimatico urbano e venga trattato come semplice elemento di arredo, lasciando unicamente i grandi parchi urbani a fare da tampone. Gli interventi di rigenerazione urbana legati al verde pubblico e gli interventi di depavimentazione andrebbero accompagnati da simulazioni predittive e ricerche, come è stato già fatto per lo sfalcio ridotto, parte delle quali già presenti sulla stessa città di Milano.

Un esempio virtuoso di progettazione e gestione del verde urbano è Amburgo, che ha saputo coniugare crescita e sostenibilità: oltre il 40% del territorio è dedicato al verde pubblico e a infrastrutture ecologiche. Qui, la manutenzione non è lasciata all’improvvisazione ma affidata a sistemi di monitoraggio digitale e irrigazione automatizzata, coordinati da più dipartimenti (ambiente, urbanistica, trasporti) in una visione unitaria. Anche se la pressione della cementificazione non manca, il modello nel complesso regge. Copenaghen, dal canto suo, ha scommesso su un piano ambizioso: “Città verde”. In dieci anni, ha aumentato del 15% le superfici verdi, puntando su biodiversità e coinvolgimento attivo dei cittadini. A Copenaghen il verde non è solo arredo urbano, ma vera infrastruttura sociale. Milano prova a muoversi in quella direzione, ma il cammino è ancora incerto. Una recente nota positiva però è il lancio del Gemello Digitale che consentirà di avere per ogni albero un suo gemello virtuale per monitorare le condizioni di salute e sarà direttamente inserito sulla piattaforma gestionale GreenSpaces, così da poter programmare con efficienza gli interventi e avere una gestione immediata ed efficiente dell’inestimabile e irrinunciabile patrimonio arboreo. Inoltre, anche il Parco della Vettabbia può essere considerato un altro caso positivo di progettazione del verde, così come i programmi per la cintura verde previsti dal PGT 2030 ma mentre i rendering dei nuovi quartieri crescono in fretta, il verde resta spesso sulla carta. E mancano solo cinque anni al traguardo del 2030. Senza parlare di “ForestaMi”, un progetto ambizioso, ma troppo spesso usato come copertura simbolica, quando invece la città avrebbe bisogno di radici vere, profonde, visibili.

Forse dovremmo smettere di pensare che lo spazio pubblico sia “fuori casa”. Il verde, le piazze, i viali alberati sono il nostro salotto allargato, la nostra stanza condivisa con la città.

Nel frattempo, Milano continua a vivere un rapporto ambivalente con il proprio verde: da un lato cresce la consapevolezza ambientale e crescono gli sforzi da parte dell’amministrazione, dall’altro si fatica ancora a garantire standard degni di una metropoli europea.

Via Valla, angolo con piazza Agrippa.

[1] https://www.milanotoday.it/attualita/manutenzione-verde-parchi.html

[2] https://blog.urbanfile.org/2024/10/02/milano-verde-pubblico-il-comune-affida-ad-mm-s-p-a-la-gestione-del-verde-della-citta/

[3] https://www.comune.milano.it/-/verde.-nelle-aree-a-sfalcio-ridotto-la-biodiversita-aumenta-fino-al-60-?utm_

[4] https://milano.repubblica.it/cronaca/2025/06/16/news/milano_erba_alta_proteste_cittadini_comune_difficolta_troppa_pioggia-424671127/

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