UCTAT Newsletter n.63 – GENNAIO 2024
di Angelo Rabuffetti
Che cosa significa “zero sfruttamento di suolo”?
La risposta è molto semplice: non si costruisce su aree vergini e, se proprio c’è necessità di costruire, occorre rigenerare costruzioni esistenti, ristrutturare oppure demolire l’esistente e ricostruire del nuovo.
Bisogna puntualizzare perché ce n’è veramente bisogno!
Il PGT (Piano di Gestione del Territorio) è stato approvato dal Comune di Milano nel 2020 e prevede, tra gli altri encomiabili aspetti, la tendenza allo zero sfruttamento del suolo e il rispetto di questo è significativo di un mondo più sostenibile e aderente all’ambiente e alla natura, evitare inquinamento e, al contrario, favorire superfici permeabili, bio diversità e un vivere più sereno a contatto con la natura.
Io mi trovo assolutamente in accordo con questo concetto. Oltretutto si faciliterebbe e promuoverebbe la possibilità di rigenerare, riformulare, ricostruire, riusare ambiti di intera città attualmente in stato di abbandono e degrado e una immagine squallida di una città inerte, pigra, senza idee e completamente scollegata da quello che è la percezione assolutamente giustificabile dei suoi abitanti.
Ora la domanda che sorge spontanea è: perché si continua, anche ai nostri giorni, anche in queste ore, a costruire e a proporre nuove costruzioni su terreni vergini? A questa domanda nessun politico della attuale consigliatura ha dato risposta. Sembra che non vogliano ascoltare e che le loro decisioni siano al di sopra dei desiderata degli abitanti e dei regolamenti che loro stessi hanno proposto e approvato!
Il Comune di Milano è ricco di esempi di fabbricati in stato di abbandono e degrado. Ne abbiamo parlato fino a sfiorare la noia. Perfino negli articoli della nostra newsletter. E il risultato quale è?
Ci sono proposte in fase avanzata di approvazione di Piani di Zona che, in barba al PGT, prevedono costruzioni ex-novo su terreni vergini.
Sono interventi di social housing! E’ vero! E di questo ce n’è molto bisogno! Ma è in direzione opposta alle prescrizioni del PGT! Il mio pensiero sembra essere come quello di una qualunque Cassandra inascoltata.
Ci sono più di 25.000 alloggi di proprietà Comune di Milano (MM) e Regione Lombardia (ALER) che risultano sfitti perché considerati “non a norma” o perché le liste dei potenziali assegnatari non sono aggiornate e allora, per risolvere questo annoso problema, costruiamo nuovi alloggi in aree periferiche vergini. Oltretutto questi 25.000 alloggi sono a rischio occupazioni abusive che richiedono tempi lunghissimi e risorse economiche pubbliche fresche per rientrare nel lecito e dovuto possesso.
Inoltre le aree con fabbricati abbandonati sono anche, e per la maggior parte, fabbricati di proprietà privata e l’Amministrazione Pubblica non può intervenire!
NON E’ VERO!
Il PGT prevede la stesura di un elenco, sempre tenuto aggiornato e aggiornabile, di edifici abbandonati e, a fianco, i relativi proprietari responsabili di questo stato di cose. E sempre il PGT prevede che il proprietario ha un tempo preciso e determinato per la presentazione all’Assessorato alla Rigenerazione Urbana, di un progetto per la riqualificazione, rigenerazione o ricostruzione anche con relativo cambio di destinazione e con l’obbligo di destinare una percentuale considerevole a favore del social housing.
Conclusi i tempi previsti senza presentazione di un progetto, il proprietario soffrirà di una penalizzazione di non poter usufruire del 10 percento di volumetria extra il consentito, e quindi una netta penalizzazione della rendita fondiaria della sua proprietà.
Altro aspetto encomiabile: il PGT prevede la piantumazione in dieci anni, dal 2020 al 2030 di tre milioni di nuovi alberi. Non dimentichiamo che Milano è la città europea che risulta agli ultimi posti della classifica delle città dotate di parchi verde pubblico.
Quindi immagino che siano state previste le aree per mettere a dimora tre milioni di nuovi alberi. Ma di questo non ho traccia. Ho solo recepito una densificazione di alberi in aree e parchi già esistenti e ho notato che le aree verdi attorno e nel mezzo degli svincoli delle tangenziali sono state utilizzate come vivaio per nuove alberature.
Nel 2022 sono stati messi a dimora circa 120.000 nuovi alberi ma è pur vero che, sempre nel 2022, sono morti più di 100.000 alberi.
“C’è stata la siccità!”.
E’ vero, c’è stata la siccità e non c’è stato alcun bando comunale che prevedesse l’irrigazione periodica nel periodo estivo. Tante altre città lo hanno fatto e hanno evitato l’inevitabile!.
Dove è finito il progetto ForestaMi? Così descrive la pagina web: Obiettivo di ForestaMi è che tutti i progetti di forestazione siano integrati con il sistema verde esistente, sono garantiti nella fase di realizzazione e con una manutenzione nei 5 anni successivi alla piantagione, perché intende realizzare un vero ecosistema ricco di connessioni ecologiche e biodiversità in armonia con la città, mettendo a sistema gli alberi piantati in un’unica grande infrastruttura verde urbana e periurbana.
ForestaMi è un progetto promosso da Città metropolitana di Milano, Comune di Milano, Regione Lombardia, Parco Nord Milano, Parco Agricolo Sud Milano, ERSAF e Fondazione di Comunità Milano, per far crescere il capitale naturale, pulire l’aria, migliorare la vita della grande Milano e contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Nato da una ricerca del Politecnico di Milano e al sostegno di Fondazione Falck e FS Sistemi Urbani. (https://forestami.org)
Ci vorrebbe un forte impulso e una volontà politica ambiziosa per risollevare le aspettative di ForestaMi e concretizzare ciò che è stato previsto nel PGT.
Riporto un estratto dall’articolo di Paolo Debiaggi pubblicato nella Newsletter di novembre 2023: Parlo di contrasto al formarsi di isole di calore estivo, attraverso interventi consistenti di forestazione urbana che Milano avrebbe avuto già l’occasione di realizzare, data l’immensa superficie urbana sottoposta a trasformazione, anziché qualificarsi recentemente come unica città metropolitana in Italia ad aver perso i finanziamenti specifici del PNRR causa impossibilità di individuare le aree libere necessarie.
Inoltre Elena Mussinelli puntualizza in maniera impeccabile che: Ricordiamoci poi che Milano è l’unica delle 14 città metropolitana in Italia ad aver perso i finanziamenti del PNRR per la riforestazione (per Milano 12 milioni di euro per più di 270mila nuovi alberi), ma ci volevano almeno 10 aree libere da 30.000 mq… e proprio non è stato possibile trovarle…
Scalo di Porta Romana: superficie territoriale circa 216.000 mq
Scalo Farini-Lugano: superficie territoriale circa 620.000 mq
Scalo Lambrate: superficie territoriale circa 70.200 mq
Scalo Rogoredo: superficie territoriale circa 21.150 mq
Scalo Porta Genova: superficie territoriale circa 89.000 mq
Scalo Greco-Breda: superficie territoriale circa 73.000 mq
Scalo San Cristoforo: superficie territoriale circa 159.000 mq
Cascina Merlata: superficie territoriale circa 550.00 mq
Porto di Marea (area per la GFU): superficie territoriale 178.000 mq.
L’Amministrazione Comunale di Milano ha preferito fare cassa con gli oneri di urbanizzazione relativi a nuove costruzioni e riempire tutti gli spazi disponibili, piuttosto che avere una visione “green” ed essere al passo con le altre città europee! Questo lascia l’amaro in bocca!
Ma torniamo allo zero sfruttamento suolo!. E’ recente la polemica riguardante l’eliminazione del glicine in Piazzale Baiamonti. Al di là della bellissima e partecipata iniziativa della petizione con la raccolta di circa 50.000 firme al fine di evitare il taglio del famoso glicine, dove il Sindaco ha fatto di tutto per negare l’importanza di una semplice pianta ornamentale, io dico: occorre potenziare l’attuale giardino comunitario Lea Garofalo (parco memoriale con giardino e panchine) e non costruire (ex-novo) e istituire un museo dedicato alla Resistenza! Museo progettato da Herzog & de Meuron che sono gli stessi architetti che hanno progettato il vicino e contiguo Palazzo Feltrinelli di Via Pasubio.
Proprio non si riesce a trovare un’area abbandonata, degradata e dismessa, magari in periferia, quale valida alternativa per la premiabile idea del Museo Nazionale della Resistenza? E l’area di Piazzale Baiamonti diventerebbe, quindi, area attrezzata, più fruibile e più grande, come un piccolo parco cittadino piantumato e utilizzato dai residenti.
Il giardino Lea Garofalo è un quadro d’altri tempi. Stando al suo interno si respira aria in una atmosfera ovattata, di silenzio, pace e tranquillità. Appena fuori ci sono rumori di traffico e sferragliamento di tram. E’ una tela ad olio ottocentesca in un museo di arte contemporanea. Ci sono querce quasi secolari, tigli, cespugli recenti, viottoli, tavolini, sedie e panchine oltre a frammenti (maltenuti) di bastioni spagnoli e gli ex dazi di Porta Volta. Ovviamente c’è il glicine portato alla ribalta recentemente ma è sofferente e ingabbiato. Probabilmente sà di avere vita breve!
Ora tutto è recintato con cesate da cantiere ma il cantiere operoso ancora non c’è, anzi è fermo da mesi.
Poco prima ho detto: magari in periferia così ricordiamo al Sindaco che esiste la periferia che deve essere animata, ricucita, vissuta e partecipata come fosse una parte integrante della città. E il Museo Nazionale della Resistenza potrebbe essere l’occasione giusta!
Consideriamo che attorno a Piazzale Baiamonti la densificazione di “costruito” è notevole. Il verde più vicino è il parco Sempione e, più in là, la Biblioteca degli alberi a Porta Nuova. Un piccolo parco aperto al pubblico sarebbe di gran lunga auspicabile.
“La via diventava un grande cortile.
C’è ancora un albero di tiglio.
Appena fiorisce il suo profumo mi riporta alle sere di maggio,
Quando il giorno non sembrava finire mai.
Non c’erano auto e la via diventava un grande cortile
Per giocare a mondo, nascondino oppure a rialzo,
Su e giù dal marciapiede finché la luce del giorno sfumava,
E le mamme ci richiamavano in casa affacciandosi dalle finestre”.
Rosalina Galbiati, 1996


