UCTAT Newsletter n.45 – maggio 2022
di Fabrizio Schiaffonati
Il problema della qualità dello spazio pubblico è al centro del dibattito sulla città contemporanea. Un tema che si intreccia con l’evoluzione della fruizione dei luoghi in un contesto di radicale modifica dei costumi e della cultura, della politica e delle forme di socializzazione. L’accentuata privatizzazione di beni e servizi della società di massa con l’affermazione delle libertà individuali, modifica il nostro rapporto coi beni comuni che nella città si rappresentano nello spazio di relazione di strade, piazze, parchi, e in tante altre declinazioni funzionali del rapporto pubblico-privato che nella struttura urbana continuamente si interfacciano. E in cui le persone non si riconoscono univocamente: per generazione, multiculturalismo, gruppo d’appartenenza di una stratificazione sociale complessa e anche conflittuale. Un conflitto che in una qualche misura è della democrazia, fisiologico ma anche critico oltre certe soglie, come quelle della insicurezza, del degrado e della mancanza di cura dei beni comuni.
Per questo è difficile avere ricette. Di certo c’è l’esigenza di perseguire un equilibrio nell’ottica di una città sociale, sempre che non si voglia assecondare la deriva dalla anonimia della megalopoli.
Se osserviamo le recenti politiche urbanistiche e amministrative di Milano constatiamo una crescente assenza di iniziative per lo spazio pubblico, non solo e non tanto per il suo degrado e insufficiente manutenzione, ma soprattutto in termini di nuove qualificate progettualità. Un tema riportato sbrigativamente semmai in termini quantitativi di standard. Ma quali nuove piazze, viali alberati, pedonalizzazioni, arredi urbani, edifici pubblici esemplari, possiamo citare come significativi degli ultimi vent’anni?
I riferimenti si riconducono a grandi iniziative private immobiliari che con grande autonomia sono state delegate a proporre dovute opere di urbanizzazione nell’ottica, legittima, dei loro interessi. Un ribaltamento, cioè, del processo decisionale in assenza di una pianificazione attuativa con la regia della pubblica amministrazione. Che, fino a prova contraria, è in capo alla legge urbanistica del 1942, vigente, mai abrogata, né riformata dopo decenni di ripetuti annunci: anzi, oggi non se ne parla più con una “urbanistica reale” affidata ai privati.
Ecco allora emergere episodi come piazzale Loreto. Un grande crocevia che verrà privatizzato con la realizzazione di un ennesimo spazio commerciale. Carenza di risorse pubbliche? Poco convincente nella capitale economica del Paese. Assenza invece della politica e dell’urbanistica.
Quindi, un approccio riduttivo senza una concezione dello spazio pubblico anche come “bene intangibile“, luogo dell’identità, della memoria, di rappresentazione civile, di partecipazione attiva della popolazione, di stimoli culturali e sociali.
Una situazione preoccupante, soprattutto dopo le reiterate dichiarazioni sulla urgenza della riqualificazione delle periferie, dal Patto per Milano del 2016 del Governo Renzi e del Sindaco Sala, ai fondi del PNRR indirizzati alla manutenzione e il risparmio energetico degli edifici. Senza un segnale di un organico Piano di opere di un qualche significato esemplare per lo spazio e i servizi pubblici, fondamentali per il rilancio identitario di ogni quartiere e la partecipazione attiva della popolazione.
Un itinerario politico di cui si è persa traccia, che comporterebbe soprattutto un approccio culturale, fondamentale per la crescita anche individuale dei cittadini.
