UCTAT Newsletter n.53 – febbraio 2023
di Angelo Rabuffetti
La discussione è aperta tra i residenti e non residenti di Milano riguardo l’importanza e la necessità di avere una rete di piste ciclabili.
La diffusione di mezzi alternativi alle automobili è un dato di fatto e in continua crescita. La moltiplicazione di offerta di monopattini, scooters elettrici e bike in forma di compravendita o sharing è esplosa. Dobbiamo prenderne atto, rallegrarci e augurarci che continui forte come adesso. La transizione ecologica resa ufficiale dal nostro governo mediante l’istituzione di un Ministero “ad hoc” ci rende orgogliosi e fiduciosi che il mondo attorno a noi sarà più pulito, vivibile, fruibile e meno oppressivo.
Senza drammatizzare o criminalizzare l’uso dell’automobile, di cui ne avremo sempre la necessità, dobbiamo, però, considerare che un’automobile non può essere lasciata parcheggiata in un’area pubblica. Quell’area è di pubblica utilità e non deve diventare privata e ad uso esclusivo dei proprietari di autovettura. Molto spesso quegli stessi autoveicoli occupano spazi pubblici che impediscono ai pedoni (e non solo ai pedoni!) di poter transitare in maniera sicura e tranquilla. Regolamentare il traffico promiscuo tra pedoni, ciclisti, parcheggiatori e autoveicoli diventa, quindi, una questione fondamentale e distribuire equamente gli spazi pubblici a disposizioni diventa una questione di democrazia e tranquilla convivenza.
Senza prolungarmi oltre riguardo alle ragioni per cui l’uso della bicicletta e di altri veicoli alternativi sia importante, vorrei, però, soffermarmi sulla sicurezza di transito e sosta di tutti gli stakeholders coinvolti.
Nessuno deve pretendere che gli spazi pubblici possono essere occupati indiscriminatamente con un diritto inventato del tipo: “c’ero prima io” oppure “la strada è di tutti”. La regolamentazione è indispensabile!
Nelle aree denominate “zona 30”, ossia massima velocità consentita è 30 km/h, la promiscuità ciclo/auto/pedoni è ammessa fatto salvo il rispetto degli automobilisti di non superare i 30 km/h e fatto salvo il rispetto da parte dei ciclisti di osservare il codice della strada. Il pedone, invece, non ha regole specifiche.
Al di fuori delle “zone 30”, invece, la regolamentazione del traffico deve essere applicata e attuata affinché la promiscuità di traffico e interferenze sia assicurata dal punto di vista della circolarità e della sicurezza.
La legislazione italiana, al riguardo, è molto ricca. Oltre alle numerose leggi precedenti, mi soffermo sulla legge 11 gennaio 2018 n° 2: Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.
In particolare l’attenzione è sull’art. 6:
Biciplan: I comuni non facenti parte di città metropolitane e le città metropolitane predispongono e adottano, nel rispetto del quadro finanziario definito ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera e), e dei suoi eventuali aggiornamenti, i piani urbani della mobilità ciclistica, denominati “biciplan”, quali piani di settore dei piani urbani della mobilità sostenibile (PUMS), finalizzati a definire gli obiettivi, le strategie e le azioni necessari a promuovere e intensificare l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative e a migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni.
Il ”BICIPLAN”, quindi, è la Linea guida per la redazione e l’attuazione della Legge 2/2018, articolo 6. Qui di seguito riporto esattamente quanto si afferma nell’incipit del “BICIPLAN”:
Essendo definiti quali piani di settore dei PUMS (Piani Urbani della Mobilità Sostenibile), la redazione dei Biciplan è da intendersi obbligatoria per tutti gli enti individuati dall’art.3 del DM 397 e s.m.i. e, quindi, anche per i comuni e le associazioni di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti non ricompresi nelle città metropolitane. Le presenti linee guida hanno, inoltre, l’obiettivo di fornire utili indicazioni e orientamenti per la redazione dei Biciplan anche alle amministrazioni locali di qualsiasi dimensione che intendano dotarsi di tale strumento a partire dai Comuni e Città metropolitane interessati prioritariamente dalla norma e dallo strumento di pianificazione del PUMS, ma anche ai comuni non soggetti alla redazione del PUMS, per i quali il Biciplan si configura come programma integrante della pianificazione strategica urbana.
I Biciplan sono finalizzati a definire gli obiettivi, le strategie e le azioni necessarie a promuovere lo sviluppo di tutti gli aspetti legati alla ciclabilità, dunque ad intensificare l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane, sia per le attività turistiche e ricreative e a migliorare la sicurezza dei ciclisti e dei pedoni. Gli obiettivi generali indicati dalla legge 11 gennaio 2018, n. 2 sono:
· migliorare l’efficienza, la sicurezza e la sostenibilità della mobilità urbana;
· tutelare il patrimonio naturale e ambientale;
· ridurre gli effetti negativi della mobilità in relazione alla salute e al consumo di suolo;
· valorizzare il territorio e i beni culturali, accrescere e sviluppare l’attività turistica, in coerenza con il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia, con il piano straordinario della mobilità turistica e secondo quanto previsto dalla legge in materia di ferrovie turistiche.
Non possiamo che essere totalmente d’accordo con quanto affermato nell’incipit. Chi ha a cuore l’ambiente, chi auspica meno frenesia e chi pensa alla salute sia propria che in senso generale non può non essere d’accordo con l’affermazione di cui sopra.
Inoltre, sempre dal “BICIPLAN”:
devono essere considerati anche i seguenti macro-obiettivi:
· Promozione della mobilità ciclistica per gli spostamenti sistematici;
· Promozione della mobilità ciclistica per gli spostamenti non sistematici;
· Sviluppo delle ciclovie turistiche;
· Puntare all’attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull’origine e la destinazione dell’utenza ciclistica.
Entriamo più nel dettaglio di come mettere in pratica e costruire le piste ciclabili. Sempre tratto dal “BICIPLAN”:
La caratterizzazione delle ciclovie può essere fatta anche in base alla tipologia di itinerario, ovvero in base alla sede stradale ad esso adibita:
· 1. Pista ciclabile in sede propria;
· 2. Pista ciclabile su corsia riservata in carreggiata;
· 3. Pista ciclabile su corsia riservata su marciapiede;
· 4. Percorso promiscuo ciclo-veicolare su strade senza o a basso traffico;
· 5. Percorso promiscuo ciclo-pedonale (sentiero ciclabile o percorso natura, vie verdi, aree pedonali, etc.);
· 6. Corsie ciclabili: Si può dettagliare ulteriormente tale classificazione indicando la tipologia di pavimentazione o altre caratteristiche costruttive.
Mi soffermo sul punto 4 qui sopra riportato: nelle zone 30 km/h le strade carrabili sono anche piste ciclabili. Questa affermazione è importante perché permette di aumentare a dismisura la lunghezza e ampiezza di bacino delle piste ciclabili esistenti. Così recita il “BICIPLAN”:
Area ricadente in particolari contesti urbani all’interno della quale, in funzione dell’ Art. 2 del regolamento dell’Associazione Italiana Greenways, approvato il 17.12.1999 dall’Assemblea Nazionale dei soci dell’AIG in Milano Linee guida per la redazione e l’attuazione del “Biciplan”, limitazione alla circolazione di veicoli con massa a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate (eccetto autorizzati) e con velocità consentita non superiore a 30 km/h, non risulta necessario realizzare o individuare piste o percorsi ciclabili attraverso la specifica segnaletica orizzontale, e la circolazione dei velocipedi, dei pedoni e dei veicoli a motore avviene in promiscuo, nel rispetto della segnaletica e delle regole di comportamento, e i velocipedi hanno precedenza sui veicoli a motore.
Ma quale è la sistemazione ideale delle piste ciclabili nel tessuto urbano esistente? Senza dubbio la numero 1: pista ciclabile in sede propria! Con l’aggiunta di quanto espresso qui sopra in grassetto: percorsi più brevi diretti e (soprattutto) sicuri.
Non sempre, però, si può realizzare! Ovviamente la causa è il poco spazio a disposizione e allora il conflitto tra ciclisti e automobilisti si accentua e non sempre è fattibile la separazione netta delle due categorie. Aggiungerei anche la categoria dei “parcheggiatori” (coloro che necessitano di lasciare l’auto in sosta) che sono, senz’altro, i più agguerriti nel reclamare un posto (a tutti i costi e il più vicino possibile!) per la loro automobile! E forse anche da parte dei pedoni che ancora non hanno capito che la pista ciclabile è pista ciclabile e non è una appendice del marciapiede!
Ma è dal “BICIPLAN” stesso che ci arriva la soluzione:
Sarebbe opportuno individuare un vero e proprio gruppo di lavoro all’interno dell’Ente che si propone di redigere il Biciplan e che abbia caratteristiche di trasversalità e di multidisciplinarietà. Tale gruppo di lavoro, quindi, non dovrà essere composto solo dai tecnici che si occupano di mobilità, ma dovrà comprendere competenze nella gestione del territorio, dell’ambiente, della vita sociale ed economica del territorio. Devono essere chiaramente individuati i soggetti e gli atti sottoposti al processo di partecipazione e le tecniche che si utilizzeranno. Sarebbe opportuno coinvolgere anche rappresentanti delle realtà che saranno, in concreto, interessate dagli esiti del biciplan.
La realizzazione del Biciplan deve essere poi caratterizzata da una costante attività di partecipazione da parte di tutti i portatori di interesse che andranno coinvolti nei processi decisionali sin dalle prime fasi di predisposizione del piano e poi informati dei risultati conseguiti. La partecipazione si connota, quindi, come un processo continuo e permanente che prevede la collaborazione dei cittadini, con un coinvolgimento il più qualificato ed ampio possibile e deve essere alimentato e sostenuto da una adeguata azione di comunicazione in tutte le fasi del piano. La partecipazione deve essere quindi inserita sia nelle azioni a monte del Biciplan (strategia politica, proposta generale, preparazione), sia in quelle a valle (decisioni, realizzazioni, verifiche).
Molto chiaro l’intendimento che ci viene proposto!
Un altro spunto da prendere in considerazione nello sviluppo di questo tema è “Cambio”, il biciplan di 750 km per collegare la città metropolitana di Milano. Un progetto ambizioso di ciclabili per collegare i 133 comuni della città metropolitana approvato dal Consiglio metropolitano.
Saranno dotate di fibra ottica e illuminazione a basso impatto (di notte si illuminano al passaggio dei ciclisti e di giorno si ricaricano) e display posti lungo i percorsi per informazioni in tempo reale. Sempre lungo i percorsi, sono previsti inoltre parcheggi e stazioni dedicate alle bici.
Entro il 2022 erano previste le prime due realizzazioni dell’opera. La prima riguarda Segrate e l’Idroscalo, lungo la via Rivoltana. La seconda, invece, riguarda la realizzazione di una delle reti secondarie di supporto all’interno della Zona Omogenea Adda Martesana.

Come devono essere costruite le ciclabili
La sequenza più appropriata dovrebbe essere: marciapiede – pista ciclabile – corsia di sosta – carreggiata per i veicoli
Molto bene!
Alcune considerazioni:
1 – E’ forte e pressante l’intenzione del Comune di Milano e della Città Metropolitana di Milano di attuare un progetto di mobilità sostenibile che riguarda, in particolare, gli spostamenti in bicicletta.
2 – Alcuni risultati di questa attuazione già si vedono ma ancora NON sono stati “metabolizzati” da parte degli automobilisti, specialmente nelle zone centrali della città. L’Amministrazione ha provveduto a riservare parti della carreggiata alle ciclabili ma non tenendo conto dei canoni di progettazione sopra descritti.
3 – La discussione (accesa e non sempre civile) è in atto con forti tensioni e atti rimarchevoli.

L’Amministrazione Comunale sta attuando quanto predisposto nel “Biciplan”. Ha cominciato con la creazione di parti della strada da riservare alle piste ciclabili cercando, con questa mossa, di far entrare nella consuetudine dei milanesi la presenza delle biciclette.
Voglio sperare che a breve segua la fase di messa in sicurezza dei percorsi con adeguata segnaletica sia orizzontale che verticale e dissuasori/ostacoli che definiscano in maniera definitiva la differenziazione tra carreggiata automobilistica, eventuale corsia di sosta, pista ciclabile e marciapiede pedonale.