UCTAT Newsletter n.55 – aprile 2023
di Angelo Rabuffetti
Che fare quando un fabbricato versa in stato di abbandono, risulta essere in classe energetica G, si trova ubicato in una zona decentrata rispetto al business per cui è stato costruito e non trova più un affittuario interessato?
D’altro canto: che fare se però questo fabbricato è un simbolo riconosciuto di architettura, progettato e voluto da un architetto che ha contribuito a fare la storia dell’architettura moderna di Milano e d’Italia?
È difficile rispondere!
Il fabbricato in oggetto è il Terzo Palazzo Uffici detto anche Palazzo Rosso o Cremlino situato nel Comune di San Donato Milanese nella parte est di Milano dove ENI ha il suo quartiere generale.
I progettisti sono Franco Albini; Franca Helg; Antonio Piva e Marco Albini. L’inaugurazione è avvenuta nel 1974 e da allora è sempre stato occupato da una società del Gruppo Eni.
I caratteri costruttivi sono: la struttura è composta da travi e pilastri in carpenteria metallica con elementi a doppio T, le solette sono in lamiera e calcestruzzo armato.
Le facciate sono composte da elementi prefabbricati in resina di poliestere rinforzato con fibra di vetro di colore rosso carminio (fasce marcapiano orizzontali e testate con fasce verticali).
Le vetrate sono continue mono vetro di spessore 12 mm e i serramenti sono in alluminio anodizzato non apribili.
La copertura è piana e non praticabile. Le tubazioni per gli impianti di riscaldamento e raffrescamento sono nascosti dietro ai pannelli in resina rossa.
È composto di cinque piani fuori terra più uno seminterrato per un totale di circa 40000 mq utili. La pianta è a croce con slarghi e rientranze che movimentano dinamicamente la superficie calpestabile. Al centro, nel suo interno e nel punto di incontro delle quattro ali, si trova una monumentale scala a chiocciola in acciaio con i gradini in pietra naturale che dona un aspetto fiero ma nello stesso tempo ispira leggerezza e distribuisce i percorsi verso gli altri piani e le ali. Gli uffici sono “open space”, solo alcune pareti mobili delimitano i singoli uffici che necessitano di riservatezza. È facile raggiungere qualsiasi punto dell’edificio senza la necessità di aprire porte o incontrare ostacoli.
Di contro, nelle giornate invernali soleggiate, da un lato si ha la necessità di raffrescare gli ambienti, mentre sul lato opposto si gela e il riscaldamento deve andare “a manetta”.
Io personalmente ho “vissuto” il palazzo dal 1978 per quarant’anni con molte assenze per trasferte all’estero ed è stata la sede della mia carriera professionale. Per questo ho anche un legame affettivo molto forte e sentito.
Ho vissuto stagioni dove il Terzo Palazzo Uffici è stato il palcoscenico per la mia Società che ha avuto forte espansione finanziaria e ha conseguito alti livelli di prestigio tecnico del settore e d’immagine a livello mondiale. Al contrario è stato il palcoscenico dove la mia Società ha vissuto momenti tragici per scandali finanziari legati a tangentopoli (per questo il palazzo è stato soprannominato il Cremlino) e non solo, che hanno lasciato il segno in maniera indelebile.
L’anno scorso la Società che lo occupava non ha rinnovato il contratto di affitto e si è trasferita allo SPARK 1 di Rogoredo.
Il proprietario è la DEA Capital, una Società immobiliare multinazionale la quale ha ricevuto molti solleciti a non lasciare il palazzo in stato di abbandono. Anche il Sindaco si è fatto promotore di diverse proposte di rigenerazione quali: un ospedale (ma nelle immediate vicinanze c’è già un prestigioso ospedale recentemente ampliato), studentato (ma avremo tra pochi anni lo studentato previsto allo Scalo Romana) oppure mini appartamenti per soggiorni brevi, o ancora: residenza per anziani (RSA), clinica privata, istituto di riabilitazione. Tutte proposte la cui efficacia è da dimostrare sia per il punto di vista della proprietà sia per il punto di vista del vantaggio della comunità che vive a San Donato.
Uno dei fondamenti della strategia regionale lombarda descritto nella legge sulla rigenerazione urbana (L.R. n°18 del 26/11/2019) è quello della riduzione del consumo del suolo. L’obiettivo punta a promuovere gli interventi di messa in sicurezza, recupero ed efficientamento degli edifici, con particolare attenzione a quelli abbandonati, per riqualificare le aree dismesse e riconnetterle con il territorio circostante.
Sarò pessimista ma si contano sulla punta delle dita di una mano gli interventi andati a buon fine. C’è stata la pandemia, c’è la guerra, c’è l’inflazione galoppante: tutte motivazioni (forse) valide e giustificanti, ma non vedo “entusiasmo” da parte degli operatori ad applicare l’articolo della Legge Regionale, anzi, vedo aree vergini destinate sempre più a nuove costruzioni.
Il tema della Rigenerazione è molto dibattuto. Sono anni che l’argomento anima Amministrazioni Pubbliche, operatori immobiliari e urbanisti. Non c’è una risposta univoca che va bene per tutto, non c’è una ricetta di sicuro successo. Ogni edificio abbandonato è un tema da affrontare singolarmente con soluzioni calzanti “su misura”.
Io non ho paura e avanzo proposte ambiziose e visionarie e punto in alto: la città giudiziaria e il trasferimento del Palazzo di Giustizia al Terzo Palazzo Uffici che risulta essere fattibile e congruo perché già esistono gli spazi adeguati e le relative facilities: aule per processi, uffici per Magistrati, Procuratori, Avvocati, Cancellieri e Impiegati. Posto Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza. Nel piano interrato c’è spazio per l’archivio cartaceo e l’arrivo in sicurezza di imputati e il loro soggiorno temporaneo controllato. Inoltre un grande ristorante aziendale, centinaia di posti auto vigilati e la vicinanza della Metropolitana. Infine l’attuale edificio di Corso di Porta Vittoria non ha assolutamente le caratteristiche di un edificio moderno ed energicamente accettabile: ha soffitti enormemente alti e corridoi gigantescamente ampi e inutili. Ma il Ministero di Grazia e Giustizia non ha mai approfondito la proposta anche quando era relativa a Porto di Mare.
Ma, sogni a parte, quali sono le soluzioni possibili per il Terzo Palazzo Uffici?
Dal punto di vista della proprietà fondiaria le alternative sono sostanzialmente tre: rimetterlo sul mercato per riscuotere l’affitto o per alienarlo (ma bisogna trovare qualcuno interessato!), oppure lasciarlo in stato di abbandono in attesa di tempi migliori (è la soluzione più presa in considerazione dagli operatori immobiliari) oppure, infine, demolirlo e ricostruire qualcos’altro anche con diversa destinazione d’uso.
Dal punto di vista della Comunità che vive nello stesso Comune avere a disposizione spazi prestigiosi, vivi, sentiti, vitali e vissuti con costanza sarebbe auspicabile. Per Comunità intendo le Istituzioni, le Associazioni, gli abitanti e tutti gli Stakeholders coinvolti. Soluzioni potrebbero essere nuove residenze in classe energetica A, luoghi di ritrovo per sviluppare assieme attività anche innovative, parchi, impianti sportivi eccetera. Passeggiando in zona ho avuto modo di intervistare alcuni residenti per capire il loro punto di vista. La risposta comune di tutti è stata: va bene qualsiasi cosa purché non sia lo stato di abbandono che sta a significare pericolo, degrado, recessione, pochezza di idee, piattume, tristezza e grigiore!
Dal punto di vista di un architetto ritengo che la risposta sia difficile. Un edificio architettonicamente valido non è come un quadro o una scultura che posso “parcheggiare” in cantina in attesa di future collocazioni appropriate, come già fanno i migliori musei d’Italia che non hanno spazi a sufficienza per esporre al pubblico tutte le opere che hanno a disposizione.
L’architettura non è solo estetica nel senso più superficiale e approssimativo. Punteggiamo meglio la sua definizione: architettura è armonia, è colore, è vita, è sensazione stupore ed emozione, è movimento, è arte, è comfort, è forma e bellezza, è spettacolo, è gioco delle funzioni, è creazione, è intelligenza, è pluralità, è creatività, è ricerca, è avanguardia, è un prodotto della mente e, infine, soddisfa i bisogni dell’uomo. Con tutti questi attributi come si fa a gettare nella spazzatura un così magnifico esempio!
Ecco quindi il senso del titolo dell’articolo: il coraggio di demolire?
Aggiungo un altro pensiero che mi affligge.
Tra qualche mese sarà inaugurato il Sesto Palazzo Uffici sempre a San Donato Milanese progettato da Thom Mayne e studio Morphosis Architects Nemesi & Partners che sarà la nuova prestigiosa sede centrale di ENI SpA. Che ne sarà dell’attuale sede di ENI rappresentata dal prestigioso Quinto Palazzo Uffici progettato da Gabetti & Isola nel 1982 e ora di proprietà di York Capital, Stoneweg e JB Asset Management? Io stesso, in prima persona, ho partecipato alla sua realizzazione all’interno della Direzione Lavori e dove sono state sperimentate alcune innovazioni costruttive tra le quali la doppia parete ventilata con interposta una serra in ambiente artificiale e il lago centrale al posto del solito cortile. E che ne sarà del Primo Palazzo Uffici progettato da Nizzoli e Olivieri del 1958 e del Secondo Palazzo Uffici progettato da Bacigalupo e Ratti del 1962?
Non solo: tra qualche anno anche SNAM SpA lascerà i due palazzi che occupa a San Donato Milanese per “abitare” nel nuovo grattacielo ora in costruzione al quartiere Symbiosis di Milano e progettato dallo Studio Piuarch di Milano.
Saranno altri ennesimi edifici in stato di abbandono? Mi auguro con tutto me stesso che non sia così!! E allora? Demoliamo? Sinceramente un così valido esempio di “prodotto della mente”, io non ne ho il coraggio! Altrimenti rimarrà solo una foto ricordo a testimonianza dei bei tempi (e della bella architettura) che furono!
