UCTAT Newsletter n.46 – giugno 2022
di Eugenio Arbizzani
Se in tema di rigenerazione il progetto è soprattutto un “progetto di integrazione” (Karrer, 2022), il committente si trova in una posizione difficile: da una parte deve acquisire il progetto migliore per le proprie esigenze, ma dall’altra deve selezionare il progettista più idoneo a realizzare gli obiettivi dell’intervento. In una moltitudine di processi attuativi diversificati, a seconda delle differenti modalità con cui si arriva alla scelta del progettista, e in dipendenza dei criteri posti alla base della scelta del progetto da realizzare, la qualità finale del progetto stesso ne sarà fortemente influenzata.
Mentre il progetto che deve essere realizzato è un progetto integrato, il processo progettuale è fortemente parcellizzato in una serie di fasi successive, non necessariamente consequenziali nel tempo, ciascuna con propri prodotti progettuali intermedi. In presenza di tale scenario di attuazione e di una moltitudine di operatori coinvolti, ciascuno con propri obiettivi legittimamente confliggenti fra loro, occorre evidenziare i rischi insiti in ciascuna forma attuativa dell’opera, per individuare la soluzione che più si attaglia allo specifico intervento, alle esigenze non solo del soggetto attuatore e degli operatori coinvolti, ma soprattutto alle richieste dell’utilizzatore finale e della comunità urbana.
E’ allora necessario individuare e modellizzare tali rischi, sia di processo che di prodotto finale. I “rischi di processo” possono essere individuati nei rischi per ciascun operatore, rischi per il successo complessivo dell’investimento, rischi sui tempi previsti e sul ritorno dell’investimento. Ma in tema di processo di rigenerazione urbana, ancora più ampi sono i rischi di legalità e trasparenza e i rischi di impossibilità indotta.
Ad esempio, nel caso di rischi per il ritorno dell’investimento, nel passato ci sono state alcune leggi che hanno teso a privilegiare il ritorno economico del privato coinvolto nell’investimento, mentre altri dispositivi normativi hanno posto al centro l’obiettivo di un ritorno per la collettività, selezionando – i soggetti e i progetti – che più offrivano evidenze in tale direzione. Evidenze ipotetiche, da verificare alla conclusione dell’opera e da mettere in relazione con i rischi posti in capo alle terze parti interessate all’opera stessa.
Sul versante dei “rischi di prodotto” finale i rischi più evidenti sono sulla qualità dell’opera e sulla rispondenza alle previsioni economiche poste alla base del programma rigenerativo; rischi importanti sono sui danni a terzi: i lavoratori innanzitutto, ma più in generale relativi a danni provocati ai soggetti a diverso titolo temporaneamente coinvolti: i cittadini dell’intorno, o in permanenza: i soggetti economici coinvolti nell’investimento o quelli che ne subiscono gli effetti indotti.
Ma sempre più si pongono alla attenzione i rischi sul corretto uso delle risorse, nel caso di rigenerazione: riciclo, riuso e uso di materie prime seconde; i rischi sul rispetto dell’ambiente circostante, nel caso: smaltimento, bonifica, inquinamento indotto. Rischi ormai diffusi, in una economia che tende al circolare, sull’intero ciclo di vita utile dell’intervento.
Proprio sul ciclo di vita utile sarà allora necessario porre maggiore attenzione, sia nella scelta del progettista, sia nel controllo dello sviluppo successivo del progetto. Ancora oggi a livello comunitario non sono disponibili metodologie sperimentate di valutazione dei costi nel ciclo di vita utile, rendendo praticamente impossibile porre alla base delle scelte questo criterio, che sarebbe potenzialmente dirimente sulla oggettiva qualità dell’opera in termini globali.
Si pone la necessità di rendere trasparenti verso gli stakeholder e la collettività, i metodi e le strumentazioni per supportare la gestione dei conflitti: fra qualità e costi, fra libertà creativa e costruibilità delle opere, fra le risorse dedicate all’intervento e i vincoli imposti caso per caso, fra i costi programmati e i tempi che possono inficiare notevolmente il quadro economico-finanziario del progetto, fra la necessità di trasparenza verso il pubblico e di efficienza per gli operatori, in sostanza fra la qualità per i più e la profittabilità per i singoli.
E’ possibile definire un modello di classificazione dei differenti processi attuativi, analizzandone, da una parte la responsabilizzazione del soggetto nel processo attuativo: dal pubblico verso il privato, dall’altra la responsabilizzazione del soggetto nella gestione del processo progettuale: dal committente verso l’esecutore.
Avremo allora modelli, quali: incarichi pubblici di progettazione e direzione lavori, incarichi pubblici per l’appalto integrato, concorsi di idee e di progettazione, dove la responsabilizzazione del soggetto nella gestione del processo attuativo e progettuale è spostata fortemente a carico del soggetto pubblico committente. Modelli quali la partecipazione da parte di soggetti privati ed esecutori ad appalti integrati su progetto definitivo o esecutivo sposta l’asse della responsabilizzazione verso una assunzione condivisa. Mentre avremo modelli, quali: le concessioni di costruzione e gestione, gli appalti di leasing in costruendo e gli interventi in project financing, dove il soggetto privato – sia esso promotore o mero esecutore – assume progressivamente in proprio ogni rischio connesso all’attuazione del processo, lasciando comunque in capo agli utilizzatori finali e alla collettività il rischio di soddisfacente fruizione del bene realizzato.
Si pone sempre più all’attenzione la opportunità, o la necessità, da parte di un committente di dotarsi di un supporto specialistico che possa svolgere funzioni di project e di construction management – in norma definito come “supporto al responsabile del procedimento” – che, senza averne in capo la responsabilizzazione formale, costituisca invece il soggetto che affianca in committente facendosi promotore di tutte quelle azioni previsionali e valutative, di interlocuzione fra gli operatori, di gestione operativa e di controllo, in grado di attenuare, o meglio di ripartire in maniera condivisa, i diversi fattori di rischio sopra descritti.
In tema di rigenerazione e quindi di progetto complesso, in specifico nella norma italiana per “opere di particolare rilevanza”, si prevede che il processo attuativo principale si realizza attraverso il “concorso di idee o di progettazione”. In questi anni sono molte le iniziative di interventi che si attuano attraverso queste modalità, in alternativa alla procedura ancora più diffusamente impiegata, relativa all’incarico pubblico per la acquisizione di servizi di progettazione e di ingegneria dato attraverso il meccanismo di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Che il momento della scelta del progettista – e/o del progetto – sia un momento cruciale per il buon esito degli interventi è chiaramente rilevabile finanche nella direttiva sugli appalti pubblici (2014/24/UE, artt. 78, 81), che tautologicamente afferma: “…. quanto ai concorsi di progettazione è ammessa la partecipazione ad un numero limitato di partecipanti, le amministrazioni aggiudicatrici stabiliscono criteri di selezione chiari e non discriminatori …”.
Nel recepimento della direttiva in norma nazionale il Codice dei Contrati (D.lgs 50/2016, art. 23) stabilisce poi che “… per la progettazione di lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, …. nonché tecnologico, le stazioni appaltanti ricorrono alle professionalità interne, …. o utilizzano il concorso di idee o di progettazione.”.
Sul tema delle opzioni di scelta – del progettista o del progetto – da parte del committente pubblico, alcuni casi di studio possono evidenziare alcuni tratti essenziali per la garanzia di successo dell’opera.
Il primo caso si riferisce alla rigenerazione del complesso Ex-Zecca di Stato, in via Principe Umberto al quartiere Esquilino di Roma, verso la realizzazione di un complesso museale delle Arti e dei Mestieri. Per questo intervento, promosso con l’obiettivo anche di divenire polo in grado di riqualificare tutto il quartiere, l’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato ha adottato una procedura di Concorso di progettazione in due gradi. Con il primo grado ha selezionato venti gruppi di progettazione a livello internazionale che dessero le maggiori garanzie di qualità del progetto da realizzare e, nel grado successivo, ha invitato i gruppi selezionati e scelto il migliore progetto di fattibilità tecnico ed economica, pervenuto attraverso procedura anonima.
Il secondo caso è quello relativo alla realizzazione del nuovo Ospedale Tiburtino per 340 posti letto, nel quale la ASL Roma 5 ha proceduto adottando una gara pubblica di servizi di progettazione e direzione lavori. In questo caso, sulla base di un documento preliminare di progetto, l’Azienda ha bandito la gara con aggiudicazione mediante l’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’ultimo in intervento riguarda la città di Milano dove la Agenzia Regionale per l’Innovazione degli Appalti (ARIA), ha posto in atto un concorso di progettazione, pure in due gradi, per realizzare un intervento di demolizione di un isolato urbano di proprietà della Regione Lombardia, posto sulla Via Pola nel quartiere Isola, e di realizzazione di un nuovo complesso immobiliare per destinarvi tutte le società e gli enti controllati dalla Regione. Pure in questo caso l’intervento ipotizzato, per dimensioni e localizzazione, potrebbe divenire un momento fondante di un processo di forte rinnovamento e rigenerazione dell’intero quartiere, essenzialmente residenziale. A differenza del primo caso qui il committente ha optato per un primo grado nel quale intende selezionare cinque proposte progettuali sulla base di progetti che pervengano in forma anonima, ed un secondo grado nel quale gli autori delle le cinque idee progettuali selezionate siano invitati a presentate proposte più compiute, nella forma del progetto di fattibilità tenico economica, e fra queste l’ente possa scegliere il progetto – e quindi anche il gruppo di progettazione – che avrà meglio interpretato le esigenze del committente, espresse pubblicamente sotto la forma dei criteri qualitativi di valutazione delle offerte.
Nel caso della procedura di gara di servizi il committente, in una unica tornata, ha ritenuto di selezionare principalmente il gruppo di progettazione: attraverso la valutazione dei curricula, delle esperienze pregresse sul tema, delle ipotesi di metodologia progettuale e dell’offerta economica. Se ne può dedurre che il committente sia stato principalmente interessato a selezionare il progettista e ad assicurarsi un congruo sconto sulla parcella; affidando a questa scelta la garanzia di qualità del prodotto progettuale finale. La definizione delle esigenze attraverso uno scarno progetto di fattiblità e attraverso una ripartizione dei punteggi su qualità (80/100) e prezzo (20/100), avendo la possibilità di valutare quasi esclusivamente profili curriculari e metodologici proposti in relazione di offerta, pare possa integrare un rischio maggiore sulla complessiva riuscita dell’opera.
Più interessanti sono i due casi di concorsi di progettazione; nel primo caso il binomio progettista-progetto è stato risolto affrontando in prima battuta la selezione del soggetto e poi la scelta del progetto; nel secondo caso al contrario la proposta progettuale, ancorchè a livello concettuale e ideativo, è stata privilegiata, fidando (anche e soprattutto attraverso vincoli contrattuali), che al migliore progetto selezionato possa corrispondere anche il migliore progettista. In questa fattispecie sono individuabili minori garanzie sulla qualità del soggetto progettista. In entrambi di casi la definizione analitica ed esplicita degli obiettivi di progetto e dei criteri di selezione dei progetti e dei soggetti può fare la differenza, per una procedura attuativa che tenga insieme e gestisca tutti i molteplici rischi delle operazioni complesse di rigenerazione urbana a cui, con sempre maggiore frequenza, saremo chiamati.
