Il progetto della qualitá urbana che ci compete

UCTAT Newsletter n.44 – aprile 2022

di Alessandro Ubertazzi

Molte località italiane si sono gradualmente specializzate negli anni ad ospitare importanti “fiere” merceologiche e tematiche di vario argomento.

A Bologna, ad esempio, si svolgono fiere come il “SAIE” (dedicato ai materiali per l’edilizia) piuttosto che il “COSMOPROF” (dedicato alla cura della persona); a Verona si tiene “Marmo macchine” (che sostituisce a pieno titolo l’analoga mostra di Carrara nella promozione delle pietre naturali e delle macchine per lavorarle), ecc.

Anche a Milano, si tengono manifestazioni sempre più significative dedicate, ad esempio, alla moda e, quel che più conta, ai mobili e ai complementi d’arredo.

Oggettivamente, non so dire se, grazie a questi eventi, il design trova oggi in questa cittá la sua sede mondiale o se il “Salone del Mobile” si tiene a Milano perché questo luogo è da tempo la culla del design più apprezzato nel mondo.

Sta di fatto che, negli anni, l’evento dedicato all’arredamento è divenuto certamente l’appuntamento internazionale più importante per tutti i progettisti e i designers e costituisce uno degli eventi più significativi per la città anche dal punto di vista economico: nessuna altra fiera, per quanto rinomata come le stesse sfilate di moda, coinvolge attivamente e utilmente tutta la metropoli, grazie anche al leggendario e frequentatissimo “Fuorisalone”.

Io viaggio in bicicletta o, se no, con auto pubbliche; confesso che mi compiaccio di ascoltare le confidenze dei taxisti. In realtà, questi operatori sembrano preordinati a raccontare e diffondere le opinioni del cosiddetto “popolino”. Essi svolgono il ruolo che avevano le donne al lavatoio ove si scambiavano e divulgavano le notizie e le opinioni all’interno del corpo sociale prima che questo compito fosse stato sostituito, in parte, dai media. In tal senso, i taxisti sostengono che, al di là dell’enorme business attivato dalla moda, è proprio il “Salone del Mobile” che diffonde una sensazione di benessere collettivo e resta comunque per loro l’occasione piú redditizia dell’anno.

Detto ciò, guardiamoci nelle palle degli occhi e parliamoci fuori dei denti di questa nostra Milano, capitale mondiale del design.

Siamo sicuri che, alla luce delle logiche del design e della moda, la qualità urbana della nostra operosa cittá sia all’altezza del suo compito e della sua fama?

Io penso proprio di no.

Ad esempio, è mai possibile che le pavimentazioni in massello di pietra e, soprattutto, la loro manutenzione (un tempo diffuse su gran parte degli spazi urbani e sistematicamente rifinite da maestranze dedicate) siano lasciate all’incompetenza dell’uffici preposti? Dietro il comodo paravento dei costi altrimenti eccessivi, i dirigenti dei diversi settori cui compete la gestione delle pavimentazioni stradali non sono capaci di concepire soluzioni tecnicamente appropriate ai binari dei tram in presenza di un traffico moderno né di comprendere che i masselli di pietra possono o, meglio, devono essere riposizionati nelle zone pedonali con la giusta qualità estetico-paesistica.

Mescolando (come oggi qualcuno si vanta di fare) in forma casuale pietre di varia provenienza e colori, simili fra loro solo per dimensione, si rischia di tradire la qualità architettonica della città; in realtá, tali “improvvisazioni progettuali” restituiscono l’immagine sgradevole di una città “vernacolare” degna di miglior causa.

In altri termini, se i masselli di pietra non possono essere posati come erano stati concepiti, chi puó farlo decida di sostituirli con pavimentazioni performanti almeno quanto occorre per un traffico veicolare moderno.

Parliamo poi di equipaggiamento prestazionale della città: parliamo del cosiddetto “arredo urbano”. E’ mai possibile che la città del design non sia in grado di far progettare un articolato sistema di componenti funzionali che la connotino e la caratterizzino come hanno fatto le altre più importanti città moderne di tutto il pianeta?

Possibile che, con scuse ingenue e infantili (ad esempio, per il costo della burocrazia occorrente per toglierli), sia difficile eliminare i pali della segnaletica ormai inutili ovvero ridurre il loro enorme numero? La città di Milano sta infatti diventando una foresta di migliaia di pali distanti fra loro qualche decimentro… perché nessuno è capace di stabilire norme adatte a regolare l’inserimento di apparecchiature e oggetti esteticamente compatibili con l’armonia del paesaggio edificato.

Oggettivamente, la burocrazia pone un’attenzione maniacale alla scrupolosa osservanza di regole igienico-sanitarie spesso vessatorie ma non combatte adeguatamente ogni demenziale forma di devastazione dei muri e dei vetri dei mezzi pubblici oltreché delle apparecchiature per il trasporto urbano. È possibile che nessuno (dal Sindaco ai funzionari delle varie iIstituzioni) comprenda che una città sistematicamente abbandonata al criminoide e impunito imbrattamento contribuisce gradualmente a generare disaffezione sociale, disgregazione politica, scadimento umano, ecc?

In realtá, la cultura del disimpegno si autoalimenta e così, ad esempio, si registra un quantitativo sempre più piccolo di votanti alle diverse scadenze elettorali.

Si potrebbe proseguire tristemente nell’elencazione di aspetti che sono palesemente in contraddizione con il legittimo orgoglio di una città moderna.

I nostri molti designers progettano mobili per tutto il mondo: ma perché non vengono chiamati a progettare in modo competente la qualità urbana che la nostra amata cittá merita?

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